Siete ancora tra quei cinefili che si attardano in fumosi cineforum d’essai, dove i presenti si guardano negli occhi consapevoli di essere come microbi sui vetrini del microscopio della Storia? Ancora fate interminabili file ai festival per scoprire l’ultimo imperdibile capolavoro cambogiano e poi pentirvene in segreto? Sondate l’intero web alla ricerca del torrent di quell’horror giapponese ancora inedito, o magari sperate addirittura che il cinema italiano, con pellicole come Lo Chiamavano Jeeg Robot, Veloce Come il Vento o Perfetti Sconosciuti, possa trovare un ottimo compromesso tra un cinema decoroso e un grande successo al botteghino? Beh, siete comunque parte di una piccola o grande minoranza, e lo sapete.
Ma se siete tra i tanti cui, quando René Ferretti proclamava che “La qualità c’ha rotto il cazzo”, non solo sfuggiva l’ironia della cosa ma addirittura si illuminavano gli occhi, allora è il momento di fare le valigie e passare Un Natale Al Sud. Il debutto registico di Federico Marsicano, al suo primo lungometraggio, è il vero capolavoro cinematografico dell’anno. Perché con il budget con cui David Yates è a malapena riuscito a pagarsi i titoli di testa del nuovo film su maghi e babbani, Un Natale Al Sud riesce a offrire una risposta tutta italiana a quell’Animali Fantastici e Dove Trovarli che sfida al botteghino, offrendo un bestiario ben più improbabile e per giunta senza ricorrere alla CGI.
Un Natale Al Sud è infatti una wunderkammer in cui, come in una riserva indiana, sopravvivono tutta una serie di archetipi del trash cinematografico; uno spazio sicuro in cui un comico bollito può rispondere al ciak dando sfogo a tutti i suoi gas intestinali e in cui una vecchia gloria dei film demenziali può rispolverare tormentoni freschi come un Puzzone di Moena con la nonchalance di chi a far ridere nemmeno ci prova più. Così abbiamo un Massimo Boldi che, galvanizzato dai rumour infondati che lo vedevano nei panni di Berlusconi nel prossimo film di Sorrentino, si tiene in allenamento interpretando un attempato donnaiolo che ripete refrain ormai senza alcun appeal (ad esempio l’imperdibile “ta-ta-ta-ta-ta!”), Anna Tatangelo che recita più con le scollature che con la mimica facciale, Er Cipolla che ci delizia con virtuosismi petomani e Biagio Izzo che resta sul sicuro col minimo sindacale. E poi ci sono gli Youtuber. Quella categoria umana cui nella maggior parte dei casi si guarda con la compassione dovuta a un cagnolino scemo che si dimena in modo scomposto per elemosinare un po’ d’attenzione, e che qui è rappresentata da due assoluti dilettanti cinematografici e viene eletta a baluardo di una generazione.
Fortunatamente il 2016 è stata un’ottima annata per la settima arte italiana, che come dicevamo sopra ha visto il fiorire di un nuovo approccio al cinema di genere tricolore ma ha anche riservato numerose piccole grandi sorprese e qualche gradita conferma. Dodici mesi ricchi nella qualità e nella quantità come non se ne vedevano da tempo. Se però credevate di poter salutare l’anno senza un retrogusto amaro in bocca, un recidivo e copioso fiorire di cinepanettoni è pronto a smentire le vostre ottimistiche aspettative. In ogni caso non commettete l’errore di sottovalutare Un Natale Al Sud, perché il biglietto per questa inarrivabile vetta della commedia italiana è il miglior regalo di Natale che possiate fare al vostro peggior nemico.
PS: E pensare che il soggetto – incentrato sullo scambio di persona, intrecci amorosi, equivoci e ‘incantesimi’ – poteva essere molto teatrale e addirittura Shakespeariano…