Per Italo Calvino “un classico è un libro che non ha mai finito quello che ha da dire”. è certo il caso del Canto di Natale di Charles Dickens. Dalla sua pubblicazione nel lontano 1843, A Christmas Carol resta saldo nell’immaginario collettivo, prestandosi a una quantità inesauribile di variazioni.
La storia è nota. Scrooge è un vecchio avaro ed egoista, che non sa più cosa significhi amare gli altri. Almeno, finché non gli appare lo spirito di un defunto socio d’affari. Già che non presta alcuna attenzione ai suoi avvertimenti, arriveranno 3 fantasmi, che lo costringeranno a fare un passo indietro e rivedere la sua vita dall’esterno. Nel viaggio, avrà modo anche di vedere la triste sorte che lo attende, a meno che non decida di cambiare davvero.
Su questa struttura infallibile, altri autori hanno innestato le più strane variazioni. Abbiamo rivisto la stessa storia interpretata da Topolino e Paperon De Paperoni, dai Muppets e perfino da Barbie. Potremmo poi citare S.O.S. Fantasmi (Scrooged, 1988) con Bill Murray o la più recente trasposizione in performance capture di Robert Zemeckis (A Christmas Carol, 2009), ma A Christmas Carol: A Goblin Story of Some Bells that Rang an Old Year Out and a New Year In ha ispirato idealmente molti altri film. L’idea alla base del re dei film di Natale, Una poltrona per due di John Landis (1983), non è forse mostrare un miliardario egoista e capriccioso, che rivede il suo mondo dall’esterno e sceglie un modo radicalmente diverso di vivere?
Per questo Natale, comunque, abbiamo a disposizione un nuovo Scrooge grazie a Una vita da gatto di Barry Sonnenfeld. Come protagonista il regista ha voluto a tutti i costi Kevin Spacey: una premessa che già ci piace. Il popolarissimo attore è ormai indissolubilmente legato al perfido Presidente degli Stati Uniti Frank Underwood, e che con una certa ironia in questo film il protagonista di House of Cards si riverbera nel personaggio di Tom Brand, imprenditore multimilionario nel ramo edilizio, impegnato in una folle corsa per costruire il più alto grattacielo del Nord America. Se Spacey o Sonnenfeld sospettassero che Trump avrebbe davvero vinto le elezioni, non è dato sapere. Quanto sappiamo per certo, è che Una vita da gatto è un film delizioso, adatto a un pubblico di ogni età.
Tom Brand è un manager rapace, che ha sempre trascurato famiglia e affetti. Ha un’ex moglie che lo odia e una moglie bella e paziente, interpretata da Jennifer Garner. Ha anche due figli. Il più grande lavora al suo fianco, nonostante lo tratti sistematicamente come un debole. Con la nuova moglie, Brand ha invece una bambina, e per quanto la deluda in continuazione, la piccola stravede per lui. Per il suo compleanno Rebecca ha chiesto più volte di avere un gattino, ma Tom Brand odia i gatti, perciò il problema non si pone. Solo quando diserta l’ennesima festa di sua figlia, non può fare altro che cedere.
La fretta è cattiva consigliera. Infatti, nessuno comprerebbe un gatto da uno come Christopher Walken. Nell’improbabile negozio di animali Perkind, Walken è Felix, un tipo strambo, che conversa felicemente coi felini. In tutta fretta, Tom Brand viene scelto da un gattone spelacchiato, per niente affabile, che risponde al nome di Mister Fuzzypants. Poco dopo, a seguito di un incidente, si troverà a vedere la sua casa, sua moglie, Rebecca e la sua vita intera dal punto di vista del gatto.
La filmografia di Barry Sonnenfeld è una garanzia. Come regista, ha firmato i due capitoli de La famiglia Addams (1991-1993) e la saga di Men in Black (1997-2012). Sonnenfeld è stato anche il direttore della fotografia dei primi film dei fratelli Cohen; di Harry ti presento Sally (1989) e Misery non deve morire (1990).
Per questo Una vita da gatto non è solo una favola sui buoni sentimenti, ma anche un film visivamente interessante. Il regista voleva usare il meno possibile effetti speciali, e si sono quindi resi necessari ben 6 gatti, molte prove e un complesso lavoro di addestramento. Alla fine, Sonnenfeld è riuscito nel suo scopo: la maggior parte dei disastri combinati da Mister Fuzzypants in casa Brand non sono frutto di computer grafica, ma delle autentiche scorribande dei persiani ingaggiati per il film. D’altra parte, non sono i gattini le vere star di You Tube? Senza dubbio, Sonnenfeld in Una Vita da Gatto ha voluto ricordare almeno in parte l’estetica amatoriale di quei video, che ogni giorno fanno impazzire milioni di utenti.
Il risultato è un irresistibile Kevin Spacey/Fuzzypants: un gattaccio dagli occhioni realistici, pronto a conquistare grandi e piccini. Ma non aspettavi il solito micio sornione: il tratto più interessante del film è che i gatti vengono rappresentati senza grande retorica. Sono creature misteriose, fredde, imprevedibili eppure fedeli, com’è in fondo il personaggio di Kevin Spacey, quel Tom Brand che, da egoista e forastico felino, scoprirà che vale la pena farsi addomesticare. Soprattutto, che la vita è molto più felice, quando ci si ferma a fare un po’ di fusa.
Una Vita da Gatto: la recensione in anteprima (no spoiler)
Kevin Spacey in versione gattino ci offre una deliziosa variazione del Canto di Natale di Charles Dickens