Un regista visionario. Una meravigliosa ossessione per il cinema espressionista tedesco del primo ventennio del ‘900, la fantasia di chi ha iniziato la propria carriera come cartoonist alla Disney, un linguaggio visivo riconoscibilissimo fatto di linee deformate e fantasie a righe, un pervasivo senso del macabro, una scintilla di poesia che respira in ogni personaggio e un’innata propensione per storie di emarginazione e riscatto capaci di colpire dritto al cuore. Tutto ciò è Tim Burton, per come lo abbiamo amato tra gli anni ’80 e ’90, grazie a pellicole che lo hanno reso un’icona generazionale nonché uno dei più immaginifici registi del secondo novecento. Se però sperate di trovare anche solo un briciolo di questo Burton nel suo ultimo film, vi avvisiamo: preparatevi alla più amara delle delusioni.
Miss Peregrine e la casa dei ragazzi speciali, nei cinema dal 15 dicembre, è la trasposizione dell’omonimo romanzo di Ransom Riggs nonché una sorta di canto del cigno di Burton, che se aveva messo a dura prova la pazienza dei propri sostenitori più appassionati con il mediocre Alice in Wonderland (ancora abbiamo gli incubi ripensando alla deliranza), con questa storiella insipida e noiosetta assesta un definitivo colpo al cuore a chi da sempre lo ha seguito e ammirato.
Dopo la misteriosa morte del nonno (Terence Stamp), il giovane Jake (Asa Butterfield) decide di seguire una serie di indizi che lo catapulteranno magicamente nel passato, nella residenza in cui Miss Peregrine (Eva Green), un Dr. Xavier in gonnella, si prende cura di un gruppo di strani ragazzi dotati di poteri speciali. Non ci sarà però tempo di stupirsi troppo, perché quando Samuel L. Jackson – che sembra a tutti gli effetti la versione super-sayan del suo villain di Unbreakable – sarà sulle loro tracce, nascondersi in loop temporali in stile Il Giorno della Marmotta non basterà più.
Se non fosse per quel nome in locandina, “Tim Burton”, il giudizio verso la pellicola probabilmente sarebbe molto più morbido. Una buona pellicola d’avventura per ragazzi che non brilla di alcuna originalità e ha uno script a dir poco confuso, ma anche con qualche buon ammiccamento visivo e dei cattivi ben riusciti (se non sembrassero la brutta copia di Ryuk di Death Note). Una di quelle che sarebbero potute tranquillamente appartenere all’ondata dei film ad alto budget per ragazzi che invasero i nostri cinema ai tempi di Le Cronache di Narnia, se non fosse per la meritevole intenzione di reintrodurre un po’ di senso dell’orrore nella ricetta. Quella paura che tanto rese memorabili le storie per ragazzi negli anni ’80.
E invece a firmare il film è proprio Tim Burton, e quindi non possiamo non chiederci se durante la realizzazione di Miss Peregrine abbia voluto sabotarsi da solo, o si sia lontanamente ricordato di quali vette abbia toccato nel primo ventennio della sua carriera.
A sua discolpa, il demerito per la scarsa originalità del film va soprattutto alla sceneggiatrice Jake Goldman che, nonostante abbia fatto un buon lavoro con Kick Ass e X-Men: giorni di un futuro passato, qui riprende pedissequamente gli ingredienti del cinecomic sui mutanti, li priva di ogni forza narrativa e li tinge appena di nero.
In conclusione Miss Peregrine è una pellicola con un grandissimo cast (non sfruttato) e che può comunque fornire un paio d’ore di intrattenimento, ma verso la quale è cauto avvicinarsi senza alcuna aspettativa. Pena un’amara delusione.