State leggendo un magazine online nel cui nome c’è la parola ‘cinefili’, la qual cosa dovrebbe farvi facilmente dedurre la nostra posizione nei confronti della piaga dei cinepanettoni. Eppure, proprio perché prendiamo il cinema sul serio, quel che vi potete aspettare in queste pagine è anche un’assoluta libertà e obiettività di giudizio, quand’anche questo significasse dover contraddire le bassissime aspettative che abbiamo nell’entrare in sala per vedere il nuovo film di Natale con Christian De Sica e dirvi che, inaspettatamente, ci siamo piuttosto divertiti.
Ad andare oltre il marketing fracassone e a guardare i nomi coinvolti, in effetti, non c’è però poi da stupirsi, perché Poveri ma Ricchi di fatto, pur non avendo la benché minima ambizione artistica, è molto più che un cinepanettone.
IL REMAKE DI “LES TOUCHE”
La regia del film è di quel Fausto Brizzi che, se da una parte ha il ‘peccato originale’ di aver firmato lo script di molti filmacci di Neri Parenti, dall’altra ha all’attivo la direzione di alcune commedie sentimentali di straordinario successo (Notte Prima degli Esami, Maschi Contro Femmine, Ex). La storia poi, pesantemente rimaneggiata da Brizzi con Marco Martani, viene da un soggetto francese: la commedia campione d’incassi Les Tuche. E se c’è qualcosa che ai Francesi riesce divinamente, sono proprio le commedie.
Se a questo aggiungiamo che il cast vanta comici di straordinario talento – anche se il più delle volte prestati a film nel migliore dei casi dimenticabilissimi –, allora non è difficile capire che parliamo di un prodotto ben diverso dall’indecoroso catalogo di peti portato in questi giorni in sala da un Boldi improponibile.
La trama di Poveri ma ricchi si regge sul confronto tra povertà e ricchezza, riproponendo una tematica che, ben prima della suddetta pellicola francese, ha costituito l’ossatura di pressoché tutta la grande commedia all’italiana e che è nel DNA del nostro miglior cinema (qui ben lontano).
Danilo e Loredana Tucci (De Sica e Lucia Ocone) sono un’affiatata coppia che vive in condizioni economiche precarie in una modesta casa in un immaginario paesino vicino a Roma, insieme alla nonna (Anna Mazzamauro), al cognato (Enrico Brignano) e ai due figli Tamara e Kevi (senza n). La capigliatura sfoggiata da De Sica dovrebbe bastare a far intuire l’estrazione dei protagonisti, pertanto ci limitiamo ad aggiungere che la trama prende le mosse dalla vincita alla lotteria da parte dei Tucci dell’incredibile cifra di cento milioni di euro. Cosa se ne fanno di una tale cifra dei sempliciotti della più sperduta provincia? In che modo la cosa impatterà sulle loro vite?
NON SOLO VOLGARITÀ
Già il fatto che non siamo di fronte alla solita struttura modulare o al film a episodi che ci viene normalmente propinato sotto le feste, è una buona notizia. Inoltre non manca un’analisi originale e divertente dei nuovi ricchi radical chic e della loro distanza dai cliché sulla ricchezza che animano le fantasie dei parvenu – pur con una propensione al compromesso in fase di sceneggiatura che più di una volta cerca comunque la risata con la volgarità esplicita. Per intenderci, non manca il “mavaffanculooo!” d’ordinanza di De Sica con abile gesto di mano ad accompagnarlo.
Nonostante un vago retrogusto di panettone cinematografico che compromette quella che, con una lettura diversa, avrebbe potuto essere ‘una signora commedia’, rimangono comunque spunti interessanti che riescono a strappare diverse risate anche al cinefilo un po’ snob che dei film di Natale non ne vorrebbe nemmeno sentir parlare (ad esempio chi vi scrive).
IL MISTERO DE SICA
Christian De Sica è uno dei grandi misteri del cinema italiano: un attore che nonostante si sia sempre sforzato di prodursi in molte delle peggiori pellicole che questo Paese abbia conosciuto, non è mai riuscito a nascondere del tutto il proprio vivo talento. Anzi, De Sica ha cucito su se stesso una maschera teatrale fatta di movenze suadenti, chiose comiche aggiunte a mezza bocca in chiusura di battuta e liberatorie volgarità alternate a un’innata eleganza. Una maschera che, a dispetto di tutto, ha segnato il percorso della commedia italiana contemporanea. Il personaggio dall’estrazione popolare, un po’ pretenzioso e un po’ donnaiolo, che ambisce al riscatto sociale, nell’ultimo trentennio non ha avuto infatti miglior interprete del Signore dei Cinepanettoni, e proprio a causa del contesto in cui tale caratterizzazione si è sempre mossa, quello di De Sica è stato un talento sottovalutato che, probabilmente, riceverà un riconoscimento pubblico solo tra qualche anno.
D’altro canto Poveri ma ricchi non si regge solo sulle spalle di De Sica, e anzi al suo fianco troviamo un Enrico Brignano che, pur lontano dalla statura del suo maestro Gigi Proietti, ne porta in scena tutta la tradizione di teatralità e tempi comici perfetti, e Anna Mazzamauro, straordinaria mattatrice capace di rubare la scena ogni qual volta compaia sullo schermo. Lucia Ocone, altro talento mai sfruttato appieno, regge poi magnificamente le proprie scene, e infine non va dimenticato il divertente e lungo cameo di Giobbe Coatta, che, in ottima forma, riesce ad arricchire non di poco il prodotto finale. Sono da menzionare anche il gradito ritorno di Ubaldo Pantani, particolarmente presente nella scena comica televisiva degli anni ’90 e dei primi anni 2000, il debutto di Lodovica Comello, nota al grande pubblico per Violetta e per la conduzione del talent Italia’s Got Talent, e la presenza in ruoli secondari dei volti noti di Tognazzi e Storti.
In conclusione Poveri Ma Ricchi rimane vincolato a qualche reiterazione di troppo dell’umorismo da cinepanettone – per colpa probabilmente di quello stesso DeSica che dà anche tanto al film –, ma lo fa su un impianto narrativo decisamente solido e trovando un decoroso equilibro tra ammiccamento al peggior cinema e rispetto delle regole di quello migliore. Nessuno può avere la follia di aspettarsi troppo da quello che, pur senza raccontare il Natale, è a tutti gli effetti un film di Natale. Ma è apprezzabile che, dopo aver sempre raccontato la classe media, Brizzi si rimetta in gioco e si cimenti con il divario sociale che attanaglia questo paese, anche se solo per ricavarne qualche risata. Se la release in 400 sale darà i risultati sperati dai produttori, possiamo scommettere sul fatto che tra un anno vedremo il remake del sequel di Les Touche, già realizzato oltralpe.