Sembra ormai impossibile parlare di film d’animazione (e non solo) senza buttare sul tavolo la carta del femminismo: Ribelle- The Brave (firmato Pixar) ha aperto la strada a una nuova figura di principessa, fino ad arrivare al famosissimo Frozen- Il Regno di Ghiaccio, dove addirittura le principesse erano due, le quali vivevano una storia animata unicamente da motivazioni che nulla avevano a che fare con un rapporto amoroso, mettendo definitivamente da parte le vecchie principesse Disney e ponendosi come nuovi riferimenti generazionali. Ecco, parlare di Oceania sotto questa luce significherebbe limitarne la potenzialità fino a ridurre l’intero film e la figura di Vaiana (Moana per il resto del mondo, così modificato in Italia per ovvi motivi) a un’ombra delle nuove principesse Disney.
Vaiana è appunto la figlia adolescente del capo Tui dell’isola di Motu Nui, profondamente legata all’Oceano, nonostante la legge del suo popolo, garantita dal padre stesso, vieti di superare il reef che separa la terra dal mare aperto. Ma la guida della sua gente viene messa in pericolo dalla rovina dei raccolti e dalla mancanza di pesce. Nonna Tala la spingerà allora in una mitologica avventura: scelta dall’Oceano stesso già dai suoi primi anni di vita, dovrà cercare lo scapestrato e divertente semidio Maui, reo di aver rubato il cuore alla dea della vita Te Fiti causando così la rovina delle isole del Pacifico. Solo restituendo questo prezioso tesoro la Terra sarà salva e Vaiana potrà finalmente capire il suo ruolo nel mondo.
È vero: nel film manca completamente non solo una storia d’amore, come accadeva ad esempio nel già citato The Brave, ma a differenza di questo, dove il matrimonio era presente ma rifiutato, manca anche una qualsiasi tensione emotiva e sessuale con il genere maschile. E se anche il motore dell’azione parte da Nonna Tala, quindi un’altra donna, manca totalmente il tema dell’emancipazione nei confronti di uno schema patriarcale. La libertà del genere femminile è già data per scontata nel mondo di Oceania, dove Vaiana sarà comunque futuro capo del suo popolo. Allora non c’è bisogno di toccare problematiche di genere, soprattutto alla luce del fatto che il motore dell’azione, del viaggio della protagonista, non è dettato da una necessità di scarto dalla figura paterna e dalle sue regole, ma dal bisogno di trovare un’identità passando per il recupero, e non la rottura, delle proprie radici e delle proprie tradizioni. A differenza delle precedenti eroine firmate Disney, che viaggiavano lungo il filo della violazione delle precedenti regole, passando così da un padre a uno sposo (Mulan, La Sirenetta, Pocahontas), Vaiana è un passo avanti. La controparte da lei cercata e intimamente anelata, non è una controparte maschile, ma è la Terra stessa, il suo ruolo sociale e soprattutto politico all’interno di questo contesto.
Mentre Leonardo DiCaprio tenta, inutilemente, di far ragionare il neoeletto presidente degli Stati Uniti Donald Trump sulla reale drammaticità degli effetti climatici sulla terra, i registi Ron Clements e John Musker, eroi della Walt Disney Animation Studios (sono loro i creatori di capolavori come Basil- L’Investigatopo, La Sirenetta, Aladdin, Hercules), cercano di porre anche i bambini davanti ad un tema così tanto delicato. Il messaggio ecologista, già fortemente legato alla cultura polinesiana studiata tantissimo negli ultimi cinque anni da tutto il team che ha lavorato al film, è sicuramente il punto critico dell’intera pellicola e il vero pensiero a cui, uno spettatore più attento, deve arrivare. Non è un caso che qui non ci sia un vero cattivo, un villain dalla crudeltà innata, immotivata, senza confini. Maui, semidio del vento e del mare, colui che con il suo amo gigante ha catturato il sole per donarlo agli uomini, non è la nemesi di Vaiana: se aver rubato il cuore di Te Fiti ha gettato oscurità sul Pacifico, il suo è stato un gesto totalmente sconsiderato, dettato dal suo desiderio ossessivo di ricevere approvazione dal genere umano, non da quello di accumulare potere.
Il punto forte del film è il fatto di riuscire a coniugare questi messaggi attualissimi con una spettacolarità che pone le basi per un nuovo fantastico immaginario della Disney, in competizione con le meraviglie a cui la Pixar ci ha abituati. Un trust composto da antropologi, educatori, linguisti, tatuatori, navigatori, consulenti culturali, ha collaborato con il team creativo Disney, influenzando profondamente l’aspetto e l’atmosfera del film. L’animazione inoltre è del tutto innovativa: basti pensare che è stato necessario creare nuovi software per permettere al team di design e al team di rigging ( cioè quello che fornisce agli animatori gli strumenti necessari per animare i personaggi) di portare sullo schermo delle immagini dettagliate, curate nei minimi dettagli, rendendo i movimenti dei personaggi perfettamente collegati con i loro gesti: la mimica facciale di Vaiana è sorprendente, adatta a un’adolescente determinata e grintosa, ma anche compassionevole; i movimenti di Maui, dinamico, danzante, atletico, sono perfettamente collegati ad ogni muscolo del suo corpo, e se consideriamo che è a petto nudo per tutto il film, il lavoro dei designer non deve essere stato per niente facile. Per non parlare poi della creazione dei capelli: il mito da abbattere è senza dubbio l’enorme chioma rossa e riccia di Merida in Ribelle, ma qui a complicare le cose c’è di mezzo il fatto che i capelli di Vaiana sono quasi sempre bagnati. Tonic è il nome del nuovissimo software che ha permesso di ricreare così realisticamente i capelli della protagonista, senza mai farci provare la nostalgia della tecnologia Pixar.
Infine, i due registi si sono sicuramente divertiti a giocare con gli spettatori più vecchi, i cinefili che sono cresciuti anche con i loro film. Impossibile allora non pensare a La Sirenetta quando ci troviamo di fronte al mega granchio Tamatoa, che canta l’unico brano Rock del film (Shiny- Lo Splendente Tamatoa), in un concerto in fondo al mare che coniuga magicamente le doti canore di Sebastian (in Italia è Raphael Gualazzi a prestargli la voce) alla perfidia di Ursula; Oceano, vera e propria personificazione del mare, richiama immediatamente alla memoria il tappeto magico di Aladdin; Hercules invece, e più precisamente le tre muse canterine, torna prepotentemente nella raffigurazione dei tatuaggi di Maui, in particolare quello animato di Mini Maui, un piccolo esserino che gira tra i pettorali del semidio, assumendo il ruolo di suo “grillo parlante”. Inoltre in questo modo, i due registi che fino al loro ultimo film, La Principessa e il Ranocchio del 2009, non avevano ceduto alla CGI, sono riusciti ad inserire comunque la loro amata animazione tradizionale.
Il 56esimo film d’animazione della Disney riesce così a coniugare perfettamente il grande passato di casa Disney e nuovi temi sociali sempre più impellenti, senza rinunciare all’innovazione della computer grafica e alla spettacolarizzazione del cinema che tocca vertici sempre più alti.
Oceania: la recensione in anteprima (no spoiler)
Di Elena Pisa
Una realizzazione impeccabile per un film che supera le idee di love story, femminismo e villain per privilegiare un messaggio ecologista senza cliché.