L’american dream è indubbiamente uno dei pilastri su cui si poggiano gli Stati Uniti d’America: la convinzione dogmatica che la prosperità economica si raggiunga attraverso il duro lavoro, il coraggio e la determinazione è il fondamento della mentalità statunitense, nonché il motivo principale per cui gli USA sono ancora oggi il paese più potente al mondo. Ma per arrivare alla tanto agognata prosperità è necessario porsi dei limiti oppure vale tutto, compreso distruggere tutto ciò che potrebbe potenzialmente ostacolare l’ascesa (persone incluse)? Questo è uno dei tanti interrogativi che pone The Founder, il nuovo film diretto da John Lee Hancock (The Blind Side, Saving Mr. Banks), che uscirà nelle sale italiane il 12 gennaio e racconta la vita di colui che ha reso la catena di fast food McDonald’s un fenomeno mondiale.
The Founder narra i vari step che hanno permesso a Ray Kroc di creare un impero.
Siamo nel 1954 e Kroc (Michael Keaton) è un cinquantenne dell’Illinois che lavora come commesso viaggiatore presso un’azienda il cui prodotto di punta è un frullatore. Ray però ha un desiderio feroce di sfondare e, incuriosito da un importante ordine proveniente dalla California, si dirige a San Bernardino, dove incontra i fratelli Dick (Nick Offerman) e Mac (John Carroll Lynch) McDonald, proprietari di un fast food che ha sviluppato un sistema (molto simile alla catena di montaggio di stampo fordiano) all’avanguardia nel settore della ristorazione. Il venditore fiuta all’istante il grande potenziale di profitto e firma un accordo di franchising con i due fratelli; ben presto però l’ambizione sfrenata di Kroc verrà messa a dura prova dalle limitazioni imposte dai McDonald…
La pellicola ci regala un ritratto interessante di un personaggio molto complesso.
Di solito siamo abituati a considerare coloro che hanno creato un impero economico dal nulla delle personalità geniali, fuori dall’ordinario, quasi come se fossero delle divinità (come Steve Jobs, Bill Gates e Mark Zuckerberg, per dire qualche nome); la particolarità di una figura come quella di Ray Kroc è di essere stato un uomo ordinario, prossimo alla pensione, senza nessuna particolare qualità che, solo grazie alla sua tenacia ed alla sua perseveranza, ha costruito con l’intuizione giusta una delle più famose corporation al mondo. In teoria sarebbe il perfetto esempio da seguire se non fosse per il suo inquietante lato oscuro: come tutti gli uomini di potere che si rispettino, dietro la maschera di persona brillante e affabile (magnificamente portato in scena da Keaton) si nasconde in realtà uno squalo spietato e senza cuore, disposto anche a rovinare la vita di chi gli sta accanto (compresa la prima moglie, interpretata da una grande Laura Dern).
The Founder è in realtà un racconto sul capitalismo americano.
La sceneggiatura scritta da Robert D. Siegel (che ha curato lo script per The Wrestler di Aronofsky) mette infatti a confronto due modi di intendere l’impresa in antitesi tra loro: da una parte abbiamo il capitalismo umano e sostenibile dei fratelli McDonald, legato ad una visione dell’economia tipica degli anni Cinquanta, dove era la merce di qualità il fulcro centrale di un’attività, mentre “il fondatore” è stato negli anni il portavoce di quello che possiamo definire il moderno “turbocapitalismo”, in cui a comandare sono i grandi numeri ed è il marchio il vero prodotto in vendita. La regia sobria e pulita di Hancock, soprattutto nella seconda parte del film, non guarda in modo distaccato la vicenda ma sottolinea le nefandezze compiute da Kroc, presentandolo al pubblico come un character vile e disgustoso (specchio di un sistema che non guarda in faccia nessuno).
Prodotto, tra gli altri, anche da Jeremy Renner (l’Occhio di Falco di The Avengers), The Founder tiene incollato lo spettatore allo schermo per tutti i 115 minuti di durata del lungometraggio e ridà linfa ad un genere ormai abusato come quello dei biopic.