Non è un mistero che l’Academy abbia un debole per i biopic, basta dare un’occhiata alle pellicole candidate nella categoria Miglior Film negli ultimi anni. Ma perché gli americani continuano ad amare alla follia questo genere? Il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges sosteneva che i giovanissimi Stati Uniti, non avendo – per ovvie ragioni – una propria epica, suppliscono a questa mancanza con una sorta di epica contemporanea, promossa principalmente da quella macchina dei sogni che risponde al nome di Hollywood Anche per questo motivo non sorprendono le 3 nomination agli Oscar di quest’anno e il grande successo ottenuto in patria da Il Diritto di Contare, il film diretto da Theodore Melfi (tratto dall’omonimo romanzo di Margot Lee Shetterly) che uscirà nelle sale italiane l’8 marzo.
Il Diritto di Contare (titolo originale Hidden Figures) racconta la storia vera della donna che collaborò con la NASA per il Programma Mercury e la missione Apollo 11.
Nella Virginia degli anni Sessanta (stato che in quegli anni era ancora apertamente segregazionista), la matematica afro-americana Katherine Johnson (Taraji P. Henson), assieme alle amiche e colleghe Dorothy Vaughan (Octavia Spencer) e Mary Jackson (Janelle Monáe), ha un sogno: quello di contribuire a mandare nello spazio il primo americano; un progetto che gli statunitensi vogliono al più presto realizzare per rispondere ai progressi fatti dall’Unione Sovietica in questo campo. Tuttavia farsi largo nella NASA di quel periodo per una donna (per giunta di colore) è un’impresa quasi impossibile ma il direttore della Space Task Group Al Harrison (Kevin Costner) intuisce le potenzialità della Johnson, che darà un contributo fondamentale alla missione che ha permesso all’astronauta John Glenn (Glen Powell) di diventare il pioniere americano delle spedizioni nello spazio.
Il film mette subito in chiaro quello che vuole essere, ovvero il classico biopic con il lieto fine.
Al suo secondo lungometraggio da regista, Theodore Melfi mette in scena la tipica storia americana di un personaggio che, contro tutto e tutti, riesce a raggiungere l’obiettivo prefissato, diventando in questo caso anche un eroe civile da prendere come esempio. Ci troviamo quindi di fronte al solito prodotto ruffiano senza anima e costruito a tavolino? Sì e no. È indubbio che Il Diritto di Contare sia una pellicola concepita per essere apprezzata da un grande pubblico mainstream (strizzando l’occhio anche ai membri dell’Academy, soprattutto dopo le feroci polemiche dello scorso anno sintetizzate dall’hashtag #OscarSoWhite) e prevedibile nella sua struttura narrativa ma, rispetto a biopic anonimi e scialbi come The Imitation Game e La Teoria del Tutto, è un film con una propria dignità e personalità perché innanzitutto Melfi (che del film è anche sceneggiatore) gestisce molto bene il ritmo lungo tutti i 127 minuti di durata senza mai annoiare lo spettatore, neanche quello più esigente. Bisogna sicuramente mettere in conto una certa dose di retorica (inevitabilmente presente in questo particolare genere cinematografico) però il regista non calca mai troppo la mano trovando un buon mix tra commedia (c’è molto humour nel film) e dramma, con alcune scene ben costruite che generano una genuina indignazione per il trattamento riservato alla minoranza afroamericana in quel particolare periodo storico di transizione, nonostante questo sia a tutti gli effetti un feel-good movie per famiglie uscito nei cinema d’oltreoceano il giorno di Natale (non troverete certo qui violenza o sequenze controverse). Dal punto di vista strettamente tecnico Il Diritto di Contare è un prodotto confezionato molto bene, girato con mano sicura dal regista e con un cast che fa egregiamente il proprio lavoro (oltre agli attori già citati, da sottolineare anche le prove di Kirsten Dunst, Jim Parsons e Mahershala Ali); con questi ingredienti a disposizione è difficile fallire la prova del botteghino ma il successo che ha avuto negli States è stato addirittura clamoroso, visto che ha incassato la bellezza di oltre 130 milioni di dollari (a fronte di un budget di 25).
Ora, da qui a considerarlo un grande film ce ne passa (un capolavoro come The Lobster avrebbe meritato la nomination come Miglior Film) però Il Diritto di Contare è una storia di emancipazione che, considerando il momento storico che sta vivendo oggi l’America con la presidenza Trump, ha una funzione educativa molto importante per le nuove generazioni di un grande paese come gli USA (e non solo). Per non ripetere più i gravi errori commessi nel passato.
Il Diritto di Contare arriverà nei cinema italiano l’8 marzo.