A distanza di tre anni dall’apprezzato esordio de Il sud è niente, Fabio Mollo ritorna sul grande schermo con un film decisamente di più ampio respiro, che offre una visione personale di tematiche troppo spesso abusate dalle commedie nostrane.
Già nel suo primo lungometraggio, l’autore calabrese aveva focalizzato la propria attenzione su una serie di personaggi atipici, dalle personalità sfuggenti; in perenne lotta col mondo e con se stesse. Emblematica la figura di Grazia, ragazzina selvaggia dalle fattezze androgine – protagonista del primo film – che si ritrova costretta in una Calabria silente e soffocante durante il delicato periodo di ingresso nell’età adulta.
È da queste importanti premesse che si sviluppa l’opera seconda dell’autore, Il Padre d’Italia, quasi fosse un seguito spirituale della prima. Un road movie atipico articolato su due individui assolutamente agli antipodi che condividono però uno stesso problema generazionale: quel periodo di transizione tra l’essere figli e il diventare genitori.
Paolo, interpretato da un ottimo Luca Marinelli, è un trentenne omosessuale, timido e riservato, conscio di aver accettato una realtà che non gli appartiene e un presente che non gli dà soddisfazioni. Durante una serata in un locale gay fa però la conoscenza di Mia (un’istrionica Isabella Ragonese), ragazza al sesto mese di gravidanza, completamente folle e disinibita che da lì a breve gli sconvolgerà la vita e lo trascinerà in un mondo che non conosce, un mondo libero ma non privo di preoccupazioni. Sarà infatti un viaggio inatteso verso la terra natia di lei a provocare nei due protagonisti quella spinta verso la vita e il futuro che andavano inconsapevolmente cercando: un viaggio attraverso l’Italia che diventa così un tragitto necessario per poter riscoprire e accettare loro stessi e soprattutto il ruolo che spetta loro nel mondo.
Ancora una volta nel cinema di Fabio Mollo l’ambiente che circonda i personaggi assume un’importanza fondamentale: si avviluppa a loro definendone i tratti caratteriali e quasi li opprime senza via d’uscita. Non stupisce quindi la decisione immediata di Paolo di lasciarsi alle spalle la sua Torino per dirigersi dapprima a Roma e infine a Reggio Calabria in una sorta di avventura picaresca al ritmo di vecchie hit anni ’80. E non stupisce nemmeno la decisione sofferta che Mia prenderà una volta concluso il viaggio, a rimarcare la presa di coscienza che entrambi hanno maturato nel frattempo. Perché Il padre d’Italia vuole essere primariamente una commedia dinamica, con la quale poter riflettere su tematiche centralissime nella nostra penisola; soprattutto in vista dei numerosi cambiamenti socioculturali che stanno avvenendo in tema di sessualità e genitorialità.
Purtroppo questa sorta di melò benintenzionato non arriva però ad affrontare più approfonditamente i temi di cui sopra come auspicavano le premesse e il tutto si esaurisce in una sceneggiatura che spesso incespica in facili cliché, reiterando alcuni degli archetipi della commedia italiana ultimo periodo: dalla madre folle e sregolata de La pazza gioia di Virzì, al compagno d’avventura che ne è l’esatto opposto (qualcuno sta pensando alla strana coppia di Lo chiamavano Jeeg Robot?). Senz’altro ciò che rimane è il tentativo lodevole da parte del regista di voler mostrare gli aspetti più delicati della genitorialità, intesa nel suo significato più tenero e sincero.
Il Padre d’Italia – la recensione in anteprima del nuovo film con Luca Marinelli
Luca Marinelli e Isabella Ragonese sono i protagonisti della nuova pellicola di Fabio Mollo, un road movie incentrato su un duo atipico.