Sembra lapalissiano, ma è bene ricordarlo: chi va in sala per vedere The Ring 3 non ha problemi con i sequel ed è consapevole che con tutta probabilità la storia, che aveva funzionato così bene la prima volta, ora non risulterà altrettanto originale.
Fatta questa premessa piuttosto scontata, non possiamo che notare che dall’esordio del franchise di acqua sotto i ponti ne è passata veramente tanta; quando The Ring di Verbinski (remake dell’horror giapponese del 1998) arrivava in sala, era il 2002. Per capirci, Facebook e YouTube sarebbero nati rispettivamente due e tre anni dopo.
Detto questo, è evidente che la riproposizione di un racconto incentrato su una maledizione che ‘passa attraverso’ lo schermo, quindici anni dopo, dovrà seguire un percorso completamente diverso per essere credibile. Di ciò il regista F. Javier Gutiérrez, qui al secondo lungometraggio dopo l’interessante Tres Dìas, ne è ovviamente consapevole, e così con un’affollata witers’ room (Loucka, Estes e Goldsman) prova a spingere il franchise in una nuova direzione, arenandosi in realtà su un binario parallelo.
Eviteremo di parlare della trama, considerato che il rischio spoiler sarebbe altissimo, ma quel che possiamo dirvi senza rovinarvi l’esperienza in sala è che in una prima parte della pellicola la sensazione di déjà vu è assolutamente predominante. Al posto delle TV a tubo catodico ci sono gli lcd e i portatili, al posto delle videocassette (comunque incredibilmente presenti) dei file multimediali, ma le manifestazioni di Samara rimangono inalterate, così come il video che la ‘evoca’ (e che nel frattempo piuttosto che far paura sembra il classico video rock indie degli anni ’90).
Improvvisamente c’è però un sussulto di originalità e, nella consapevolezza che sarebbe inaccettabile una riproposizione pedissequa del già visto, compare un ‘nuovo’ video e una nuova linea narrativa, tanto confusa che c’è il rischio concreto usciate dalla sala senza averla capita. Ovviamente il percorso dello script seguirà una direzione in parte prevedibile, come quasi in ogni pellicola horror, e qualche imprevista rivelazione contribuirà a compensare il ritmo non proprio serratissimo (e siamo molto generosi con l’eufemismo). Il punto è che nei cinema italiani lo scorso anno abbiamo visto The Neon Demon, The Witch, It Follows, Man In The Dark e poi Split, e quando ci si abitua a produzioni di così alto livello difficilmente si può essere troppo indulgenti con lavori che sembrano usciti direttamente dai primi anni 2000.
Eppure, a ben vedere, ci sarebbero state mille possibilità per ripensare profondamente e riavviare il franchise di The Ring : in un’epoca in dominano i video virali e le piattaforme di social sharing, ci sarebbe stato addirittura spazio per una pellicola capace di proporre una lettura non ovvia della contemporaneità. E invece il meccanismo rimane sempre quello della VHS e del televisore, con la differenza che stavolta abbiamo una pennetta USB (chi le usa più?) e un computer. Internet è il grandissimo assente per la quasi totalità del film, e probabilmente in fase di scrittura non si poteva fare una scelta più demenziale.
Di positivo menzioniamo il ruolo da protagonista della brava e bella Matilda Anna Ingrid Lutz (volto noto al pubblico italiano, vista recentemente in L’Estate Addosso), che regge molto bene un prodotto spesso sull’orlo del crollo, e salutiamo con grande entusiasmo la presenza (non dirimente, vista la debolezza dello script) di un grande interprete come Vincent D’Onofrio. Gli amanti della serialità televisiva, oltre al Wilson Fisk di Daredevil, troveranno anche il Leonard di The Big Bang Theory.
In conclusione The Ring 3 è un film che commette l’errore di parlare quasi esclusivamente ai fan del franchise senza probabilmente riuscire a soddisfarli del tutto; un’opportunità persa, se si pensa alla straordinarie potenzialità che avrebbe offerto un reboot più deciso.
The Ring 3 – la recensione in anteprima (no spoiler)
A 19 anni dal primo film giapponese, torna la saga di Samara con un capitolo che ripropone schemi già visti ma scopre anche strade parallele.