A distanza di pochi mesi dall’uscita del tutt’altro che esaltante I Babysitter, la Colorado Film di Maurizio Totti e Alessandro Usai, in collaborazione con Medusa Film, ritorna alla carica con Classe Z, la nuova commedia diretta da Guido Chiesa che farà il suo debutto nelle sale cinematografiche a partire dal 30 marzo.
I protagonisti di questa pellicola sono gli studenti problematici della famigerata sezione H.
Il preside Frigotto (Alessandro Preziosi), stanco del comportamento di alcuni elementi, decide di creare appositamente per loro una specie di classe “ghetto” per dimostrare ai docenti che senza questi piantagrane il rendimento delle altre classi non può far altro che migliorare. All’inizio i ragazzi della Quinta H, capitanati dall’estroverso Ricky (Enrico Oetiker), dalla frivola Stella (Greta Menchi) e dalla nichilista Viola (Alice Pagani), si trovano a proprio agio nel nuovo contesto (i professori hanno ormai perso ogni speranza) ma Marco Andreoli (Andrea Pisani), il supplente di italiano ossessionato dalla figura del professor Keating de L’Attimo Fuggente, crede nelle loro potenzialità. Il giovane docente prova in tutti i modi a far appassionare i suoi studenti allo studio ma, essendo vittima di ogni tipo di scherzo da parte della classe, decide di abbandonare l’incarico a metà anno. C’è però un problema: la maturità è alle porte e solo un miracolo potrebbe salvare queste pesti dalla bocciatura…
Classe Z è stato concepito per un target prettamente adolescenziale.
Se guardiamo agli ottimi incassi ottenuti negli ultimi dieci anni da commedie come Immaturi e Notte Prima Degli Esami, è evidente come questo tipo di pellicole, che trattano il tema degli esami di maturità, abbiano un grande appeal presso il pubblico mainstream italiano. Ma qual è stato il vero segreto del successo di quei film? Oltre a raccontare un periodo molto particolare (ed indimenticabile) della vita dei ragazzi, le opere di Paolo Genovese e Fausto Brizzi riuscivano a rivolgersi senza problemi sia ad un pubblico giovane che a quello più adulto. Classe Z invece vuole parlare quasi esclusivamente ad un target ben preciso, quello dei giovanissimi: non è casuale infatti la presenza, all’interno del cast, di due star del web come Greta Menchi e Il Pancio, così come non sorprende il ruolo importante che ha avuto in questo progetto ScuolaZoo, la più importante community di studenti in Italia. Se questa scelta da parte dei produttori non è da considerarsi necessariamente un errore (in tutto il mondo proliferano film che si rivolgono solo ai teenager), Classe Z ha un grosso problema: non fa quasi mai ridere. Guido Chiesa, che aveva già lavorato con la Colorado Film in Belli di Papà, non è certamente l’ultimo arrivato (oltre ad aver lavorato con Michael Cimino e Jim Jarmusch, ha anche diretto nella sua carriera da cineasta alcuni pregevoli documentari) e questo fa crescere il rammarico per un film che, sulla carta, avrebbe potuto essere un buon prodotto pop. Nonostante sappia girare, Chiesa non riesce a dare alla pellicola il giusto ritmo e le gag che si succedono non sono mai realmente divertenti. In Classe Z, inoltre, la caratterizzazione dei personaggi è inesistente: sembra quasi di vedere una sfilata di stereotipi ambulanti assolutamente inverosimili (se questi quattro mocciosi sono dei ragazzi terribili, in confronto gli alunni del corso di musica di Sister Act 2 sono dei veri e propri delinquenti). In questa rappresentazione completamente distorta del nostro sistema scolastico, non serve a nulla il velato sottotesto critico che prende di mira le politiche “aziendaliste” adoperate negli ultimi anni dai presidi italiani (anzi, è inutilmente retorico e ridondante). Lo script inevitabilmente influisce anche sul lavoro del cast, che non riesce mai ad essere del tutto convincente: i ragazzi sono sicuramente quelli più penalizzati (alcuni di loro non riescono proprio a gestire i tempi comici) ma anche gli attori più esperti come Pisano, Preziosi e Catania non riescono, nonostante la loro bravura, ad emergere come dovrebbero.
Se all’estero riescono a produrre buoni film comici ambientati nelle scuole (senza citare i soliti americani, basta prendere come esempio il tedesco Fuck You, Prof), noi italiani, da questo punto di vista, siamo molto indietro. Ma alla fine Classe Z è solo la punta dell’iceberg perché, ancora una volta, è il nostro cinema commerciale ad uscirne con le ossa rotte, come sta succedendo troppo spesso negli ultimi anni (Smetto Quando Voglio, Veloce come il Vento, Perfetti Sconosciuti e Lo Chiamavano Jeeg Robot sono solo le eccezioni che confermano la regola).