Che il cinema moderno viva di un rapporto di mutua influenza con il mondo della letteratura a fumetti è innegabile: basti pensare ai cinecomic in sala ogni anno, al cambio di estetica e logica subita da molti blockbuster e, ovviamente, dal numero sempre crescente di graphic novel adattate per il grande schermo. Ultimamente, ad essere finite sotto il mirino di Hollywood sono le pietre miliari dell’animazione orientale, prima evoluzione dalla carta alla celluloide di quelli che sono ormai simboli della cultura pop moderna. Pellicole come Akira, Nausicaä della Valle del vento e tante altre opere d’animazione hanno segnato profondamente il modo di concepire l’estetica, la narrazione e, più in generale, il fare cinema, e fra queste, risalta sicuramente l’ormai leggendario Ghost in The Shell.
Diventato negli anni ’90 un’icona di quel movimento cyberpunk che era nato circa un decennio prima, Ghost in The Shell è da sempre considerato un capolavoro del genere fantascientifico e una fonte d’ispirazione per molti registi e sceneggiatori moderni, fra cui le sorelle Wachowski, che hanno più volte dichiarato (o, considerando le loro ultime pellicole, minacciato) di realizzarne una versione in live-action. Rimasto per lungo tempo in development hell e con un sempre mutevole cast di attori, registi e sceneggiatori impegnati nel progetto, il film ha rischiato di non vedere mai la luce delle sale Hollywoodiane, questo fino all’annuncio, nel 2015, dell’inizio delle riprese con Scarlett Johansson nel ruolo del “Maggiore” e Rupert Sanders alla regia.
Come nel film originale di Mamoru Oshii, la pellicola è ambientata in un futuro relativamente prossimo dove è possibile interconnettere la propria coscienza alla rete e potenziare il proprio corpo con parti robotiche. In questo mondo in cui il limite fra umano e robot è sempre più labile, il supersoldato dal cervello umano in una scocca artificiale conosciuto come Maggiore, lavora per l’organizzazione di difesa pubblica denominata “Sezione 9”. Ad un anno dall’entrata in servizio del cyborg, cominciano a verificarsi attacchi terroristici ai danni della Hanka Robotics – azienda leader nella costruzione di protesi robotiche sostitutive – da parte di un misterioso cyber-terrorista in grado di manipolare le menti connesse alla rete neurale, siano esse artificiali o di esseri umani.
Accantonando i confronti con l’originale, è più facile notare come nei primi minuti Ghost in The Shell si riveli una pellicola sorprendentemente solida ed in grado di immergerci in una narrazione visiva scandita dall’uso di VFX fantastici, che integrano perfettamente CGI di alto livello ed effetti pratici di ottima fattura.
Se inizialmente il film lascia che siano le riprese a parlare tramite l’alternarsi di scene dalla grande potenza immaginifica e fantasticamente eseguite, purtroppo, proprio quando questa narrazione si fa da parte, inizia a trasparire il primo problema del film: i dialoghi.
Le immagini del mondo futuristico e delle forme di vita artificiali che lo abitano sono ambiziose e piene di vita ma, ironicamente, i dialoghi e di conseguenza gli attori a cui sono affidati, ne sono privi; cosa che li porta ad assumere un aspetto robotico e ci priva di una qualunque interpretazione memorabile. Scarlett Johansson non si dimostra propriamente a suo agio nei panni del Maggiore (e il fatto di essere un cyborg non la giustifica, basti pensare alla sua bravura in Her), Pilou Asbæk funziona come Batou, ma il rischio di esasperare il suo ruolo fino alla macchietta è sempre dietro l’angolo, mentre nessuno dei personaggi secondari riesce a lasciare la sua impronta nel cuore del pubblico, fatta forse eccezione per Takeshi Kitano nel ruolo di Daisuke Aramak.
L’universo narrativo è assolutamente affascinante, ma non ritroviamo completamente né le atmosfere intense del materiale originale né i dilemmi etici che caratterizzarono quel Blade Runner da cui la pellicola non può prescindere. La discontinuità che caratterizza la sceneggiatura si riflette in qualche modo anche sulla regia dell’azione e sulla costruzione del climax narrativo, che se in alcune scene emozionano profondamente, in altre scorrono sterili.
Sebbene ondivago negli esiti, il film riesce comunque a divertire e a ispirare fino al lungo finale, che inizialmente risulta appassionante ma poi collassa in una conclusione dal sapore terribilmente familiare. Ghost in the Shell rimane un prodotto di ottima fattura e stupisce, tuttavia a non convincere il pubblico più esigente potrebbe essere proprio il confronto con l’opera originale del ’95. Va detto in compenso che, a dispetto dalle attese che davano questa pellicola come niente più di una mera copia del suo predecessore animato, il film prende la coraggiosa scelta di non seguire pedissequamente il source material, sia nell’aspetto narrativo che in quello visivo, creando qualcosa di familiare ma di comunque diverso.
Se la creazione di un’estetica meno distopica a favore di un aspetto ancor più futuristico (preso in prestito a piene mani dalle atmosfere di Blade Runner e dal già citato Akira, con la sua Neo-Tokyo) può comunque mantenere la sua funzionalità e mostrare l’ambizione nascosta del film, è l’essenza stessa della storia narrata a rivelare le libertà prese in fase di adattamento: il Maggiore e gli altri protagonisti assumono infatti un’identità più fedele a quella dell’eroe occidentale, con un arco narrativo che porta immediatamente alla mente il classico viaggio dell’eroe in chiave cinecomic. La profondità dei dubbi filosofici su cosa distingua la vita artificiale da quella biologica (che ci auguriamo animerà il prossimo lavoro di Denis Villeneuve) cede infatti troppo facilmente il passo a una retorica sullo strapotere delle multinazionali, adatta a molte storie ma non a Ghost In The Shell.
In definitiva, la pellicola non manca di pregi e di un alto tasso di godibilità: con il suo già citato potere visivo, la sua regia a tratti mozzafiato e le sue scene d’azione profondamente valide si dimostra un’esperienza meritevole di una visione. Tuttavia, se quello che state cercando è un adattamento fedele del film di Mamoru Oshii, sappiate che non è quel che troverete.
Ghost In The Shell: la recensione in anteprima (no spoiler)
Scarlett Johansson è la protagonista dell'adattamento della celebre opera cyberpunk di Mamoru Oshii. Spettacolare, affascinante, ma diverso dall'originale.