Ogni anno in Italia vengono prodotte decine e decine di commedie più o meno considerevoli. Il più delle volte sono il risultato di sceneggiature inconsistenti o di accorgimenti narrativi ormai diventati stucchevoli e poco originali. Quando poi si ha a che fare con film di puro intrattenimento le cose si complicano ulteriormente e non è difficile assistere a soggetti poveri di idee che reiterano i soliti cliché e stereotipi di un certo cinema di stampo provinciale. Eppure, grazie forse ad alcuni produttori più attenti e lungimiranti, tra le innumerevoli proposte nostrane a volte si può scorgere qualche piccola rarità. È senz’altro il caso di Lasciati Andare, la nuova raffinata commedia di Francesco Amato che diverte e intrattiene nella sua apparente semplicità.
Nato da un’idea di Francesco Bruni (qui sceneggiatore insieme al regista e Davide Lantieri), il film racconta della stravagante amicizia tra due soggetti agli antipodi, distanti anni luce per quanto riguarda carattere e rispettive professioni. Elia, interpretato da un irriconoscibile Toni Servillo, è uno psicanalista ieratico e severo con uno spiccato senso dell’umorismo, che dopo anni di attività da consulente sembra aver ormai perso l’entusiasmo di un tempo. Indifferente e annoiato di fronte alle problematiche dei suoi pazienti si sfoga così mangiando dolci in gran quantità, nascondendoli spesso nel suo stesso studio per allietarsi durante le sedute. A tutto ciò si aggiungono poi le difficoltà quotidiane di una relazione coniugale in stallo e di una vita avara d’emozioni che non sembra mai cambiare. Una sera però, di ritorno da teatro con la moglie Giovanna (i due sono separati ma continuano a frequentarsi), si sente poco bene e nei giorni seguenti è costretto a mettersi a dieta e a iscriversi nella palestra che tanto detesta. È in quel momento che irrompe nella sua vita l’eccentrica Claudia (Veronica Echegui), una personal trainer affascinante ed energica che lo coinvolgerà nei suoi casini.
Come nelle migliori commedie del nostro Paese, Lasciati Andare si ascrive a quel filone di urban comedy all’italiana che trova nei vizi e nelle virtù dei personaggi il fulcro narrativo di un racconto quasi favolistico; un modo di fare cinema tipicamente nostrano e provocatorio che mette in evidenza le contraddizioni e le problematiche di una società contemporanea dinamica e inquieta. Per questo motivo il film è ambientato nella concreta realtà romana e in particolare nel quartiere ebraico, dove le dicotomie socioculturali sono integrate in una commistione inedita, tra sacro e profano, ricchezza e povertà e dove si possono cogliere gli esempi più significativi di un mondo sempre più nevrotico e disarmonico.
È all’interno di un contesto così verace e sostanziale che si muove tutta una schiera di personaggi squisitamente ridicolizzati nei loro precisi stereotipi. E dal meno importante ai più rilevanti, ognuno è ben scritto e delineato con tratti e atteggiamenti peculiari che subito ne identificano il carattere: abbiamo l’ipocondriaco insicuro e ansioso, il calciatore cafone e irriverente che però nasconde un sentimento segreto, la signora del condominio con le sue problematiche sugli ascensori o gli amici borghesi e altezzosi con il loro ribrezzo per il volgo. Insomma nei loro piccoli ruoli tutti contribuiscono ad arricchire un impianto narrativo di notevole complessità corale.
Poi ci sono i protagonisti, i muri portanti di questo fragile microcosmo di personalità sfuggenti; uno psicanalista fuori forma e una sportiva molto cordiale e alla mano che in un modo o nell’altro avranno a che fare con gli stessi di cui sopra (dopotutto uno ristruttura la mente e l’altra il corpo no?). Elio e Claudia, nel loro essere individui socialmente antitetici e inconsciamente indispensabili l’uno all’altra, sono in questo senso chiamati a impersonificare le due istanze intrapsichiche della teoria freudiana (un discorso appena sfiorato che si sposa benissimo con il soggetto del film). Lui, intellettuale posato e inflessibile nel relazionarsi col prossimo, ha un super-io in massima concentrazione. Lei, ragazza istintiva e ‘solare’, descrive l’irrazionalità dell’es, la camera del nostro inconscio predisposta agli impulsi vitali e alle passioni.
Insieme sembrano trovare quell’equilibrio inconsueto, nuovo e oramai imprescindibile, favorevole alla creazione di un reale beneficio per entrambi; il loro è il legame (Io) che media tra le due topiche. E se Claudia necessita di un freno per quella sua esuberante voglia di fare, Elio ha il bisogno di interpretare la vita più da “dilettante” e deve molto semplicemente… lasciarsi andare.
Proprio in questo gioco di contrasti e complesse implicazioni psicosociali nascono gli spunti più comici del film (e fidatevi sono davvero tanti), dalle battute più sofisticate di un’umorismo tipicamente alleniano alla successiva deriva intelligente verso una slapstick comedy ben dosata. E a fare grande una commedia così brillante sono senz’altro le prove attoriali di un cast strepitoso; una compagine di talenti vecchi e nuovi che rappresentano senza dubbio alcuno la punta di diamante del nostro cinema. Toni Servillo nelle vesti inedite e meno seriose di un novello Freud è di una bravura camaleontica e Carla Signoris non sfigura di certo nel ruolo di una donna saggia e premurosa come Giovanna. Non bisogna poi dimenticare l’apporto esplosivo di una simpaticissima Veronica Echegui e specialmente di Luca Marinelli (autentico valore aggiunto), nel ruolo tutto da scoprire di un galeotto balbuziente.
Tra gag ricercate e situazioni esilaranti, Lasciati Andare risulta una commedia a tutto tondo come non se ne vedevano da tempo. Un divertissement senza pretese, prima di tutto, che funziona dall’inizio alla fine grazie ad una sceneggiatura solidissima, sferzante nei dialoghi e curata in ogni aspetto. Probabilmente debitore di tutta una cultura cinematografica anglosassone (Graucho Marx in particolare) e del cosiddetto umorismo ebraico, il terzo lungometraggio di Francesco Amato sembra suggerire in via definitiva quanto la comicità e la risata siano in realtà lo strumento narrativo principe per potersi misurare con le difficoltà quotidiane e le proprie fragilità.
Perciò lasciatevi andare, accorrete in sala e godetevi una delle migliori commedie del momento.
Lasciati Andare: Toni Servillo e una divertente crisi di mezza età (recensione)
La nuova raffinata commedia di Francesco Amato è un piccolo gioiello capace di regalare risate intelligenti a non finire.