Si chiude il sipario su Broadchurch, la serie televisiva ideata da Chris Chibnal e giunta alla terza ed ultima stagione. Otto episodi hanno permesso di far luce sullo stupro commesso ai danni di Trish Winterman (Julie Hesmondhalgh), brutalmente violentata durante la festa di compleanno dell’amica e collega Cath. Una vicenda terribile e straziante per la vittima, sicuramente, ma anche per i detective Alec Hardy (David Tennant) e Ellie Miller (Olivia Colman), invischiati in un fitto intreccio di colpe e misteri, impotenti di fronte al rischio che quello che sembra essere a tutti gli effetti uno stupratore seriale possa tornare a colpire. La scelta – coraggiosa – di Chibnal è innovativa e fa riflettere: un poliziesco che basa un’intera stagione su un reato considerato (ingiustamente) come “minore” dà prova di lungimiranza ed innovazione, e fa luce su tutte le contraddizioni che ruotano attorno a simili vicende. In questi otto episodi, sparsi e abilmente nascosti, si trovano tutti quei luoghi comuni che l’opinione pubblica snocciola in casi analoghi: la vittima aveva bevuto? Il suo atteggiamento era un po’ troppo disponibile, viste le relazioni poco stabili che intraprendeva con gli uomini, senza per altro curarsi del fatto che fossero sposati? E cosa succede alla vittima di uno stupro, quando denuncia quel che è successo? Davvero la gogna mediatica si posa solo sulle spalle dell’aggressore, o anche chi subisce viene marchiato a fuoco e – come dichiara una giovane ragazza, restia a denunciare una violenza – “sarà per sempre la ragazza che è stata violentata”?
In un quadro che sembra via via più intricato col passare delle puntate, si fa tuttavia strada il bandolo della matassa, che i detective Hardy e Miller stringono saldamente in pugno in questo ultimo episodio, che conclude non solo la stagione ma l’intera serie televisiva. Il sesso, grande protagonista, torna in più momenti, e quasi sempre con una connotazione negativa: è immaturo e proibito il sesso dei filmati hard trovati nel telefono del figlio della detective Miller, è infedele e sbagliato quello che Trish consuma con un uomo sposato, è terribile e spietato quello che il carnefice fa con il corpo incosciente e non consenziente della donna violentata, è un’offesa sessuale quella nascosta nelle fotografie di Daisy Hardy, figlia del detective Alec e incastrata in una strana e appena accennata vicenda di sue immagini a luci rosse scambiate tra compagni di scuola. Non vi diremo chi è il colpevole, perché la serie vale la visione e affascina con il suo lento intrecciare di trame, di sospetti e di sotterfugi. Quello che però si evince dalle parole dell’ultima confessione è la totale incapacità da parte dell’uomo di capire la gravità dei propri gesti, non tanto per effettiva mancanza di possibilità di intendere e volere, quanto per una questione di machismo e virilità negata, tragicamente riconfermata in gesti meschini e spietati. Viene spontaneo arricciare il naso insieme alla detective Miller, dipingersi sul volto il suo stesso sguardo stupito e nauseato, ogni volta che l’aggressore tenta di giustificar le proprie azioni. “È solo sesso, l’hanno già fatto prima”, “rivedermi nei filmati mi rendeva orgoglioso”, “è meraviglioso sentirsi al comando”, “non ho mai chiesto il nome alle donne che violento: è scortese, secondo lei?”, sono solo alcune delle agghiaccianti frasi pronunciate dall’uomo, con un’interpretazione che rende a meraviglia la fredda spietatezza di uno stupratore seriale e l’inconsapevole crudeltà di un narcisista patologico intento a mietere vittime, coinvolgendo anche un complice colpevole di sembrar troppo solo e triste. Un quadro straziante, dunque, che si scioglie nel pianto della detective Miller, a partita conclusa: “non è un uomo, è un’aberrazione”, tenterà di spiegare il detective Hardy. “Lo spero”, risponde asciutta la donna.
Sullo sfondo, la vita di Broadchurch tenta disperatamente di tornare alla normalità, con la famiglia Latimer che tenta di superare la morte del piccolo Dan, protagonista e vittima della prima stagione: gli equilibri delicati di una casa devastata dal lutto si scontrano con i caratteri dei singoli personaggi, con il loro modo di metabolizzare il dolore e con le ingiustizie della seconda stagione, che aveva visto il colpevole farla franca. Una piccola storia nella storia, che si aggiunge a quella di Paul Coates (Arthur Darvill), prete senza più fedeli tra i banchi della chiesa, e di Maggie Radcliffe (Carolyn Pickles), giornalista vecchio stile che si scontra con le esigenze e le contraddizioni di una stampa sempre più tecnologica e con un senso dell’etica davvero discutibile. Il piccolo mondo di Broadchurch chiude le proprie porte, per una volta in pace: i nodi sono venuti al pettine, i dubbi sono stati sciolti e i colpevoli individuati. Se questa sarà solo una quiete apparente, non è dato saperlo. Quel che è certo è che i detective Miller e Hardy resteranno al proprio posto, in quella cittadina dalle scogliere prepotenti e dalla vita complicata, pronti ad assicurare alla giustizia ogni malvivente.
Broadchurch: la recensione della terza e ultima stagione
Con la terza stagione, incentrata su un caso di stupro, si conclude la serie con David Tennant e Olivia Colman.