“La conoscenza è bene, la conoscenza totale è meglio”. Qualche eco di Orwell? No, solo il mantra che Eamon Bailey (Tom Hanks) recita costantemente. E il fulcro di The Circle.
In un futuro non troppo lontano, Mae (un’ottima Emma Watson) è intrappolata in un lavoro che non ama, in una realtà in cui è costretta ad assistere impotente al peggioramento delle condizioni di salute del padre, affetto da sclerosi multipla. La sua vita cambia quando Annie (Karen Gillan, la Nebula di Guardiani della Galassia Vol. 2), una sua amica, le procura un colloquio a The Circle, l’azienda dei suoi sogni, che poi l’assume. Fin da subito Mae dimostra di essere perfettamente in grado di adempiere alle sue mansioni, ma è “misteriosa” agli occhi dei suoi colleghi: non ha attivato l’account social dell’azienda e il suo ranking di popolarità non cresce, essendo legato alla partecipazione dei dipendenti alla vita sociale interna a The Circle, da cui Mae inizialmente si tiene lontana. Quando però apre il proprio profilo, si preoccupa sempre di più della vita online, partecipa agli eventi, e il suo punteggio aumenta (qualcosa che ci ricorda molto da vicino il meraviglioso Caduta Libera, primo episodio della terza stagione di Black Mirror). Vita sociale e lavorativa si fondono, i contatti con la famiglia e i vecchi amici diminuiscono, e Mae viene sempre più avviluppata nelle maglie dell’azienda. Quando The Circle include nel suo programma assicurativo il padre, e le sue tecnologie le salvano la vita in un incidente, Mae abbraccia completamente i principi e i valori dei suoi datori di lavoro: totale trasparenza, perenne condivisione: la privacy diventa un crimine. Su questo sfondo di valori contrapposti, il film indaga sui vantaggi e i problemi della trasparenza e della privatezza. Il finale presenterà alcune reticenze e resterà ambiguo, pur esprimendo implicitamente una critica verso l’eccessiva condivisione della sfera privata; condivisione che se disciplinata può essere estremamente utile, ma se lasciata senza regole si trasforma solo in un mezzo di soddisfazione voyeuristica dello spettatore.
Il film ci rappresenta il precipitare di Mae in una spirale di pressione psicologica che produce una totale conversione a un’ideale, senza però mostrarci delle solide basi di partenza, né chiarendo lo sviluppo del cambio di opinione. Mae infatti non è un’analfabeta digitale, ma di sicuro non ci viene presentata come una patita della condivisione e della tecnologia, che tende invece, nella parte iniziale del film, a escludere dalla propria vita: esemplificativi i molti casi in cui preferisce contatti reali a quelli digitali con le persone. I fatti che possono aver prodotto tale religiosa adesione all’online perpetuo ci sono, ma non vengono sviscerati. Completato l’avvicinamento verso l’azienda, Emma Watson diventerà un’evangelizzatrice carismatica che ricorderà molto lo Steve Jobs dei keynote Apple, offrendo una performance solida almeno quanto quella della Gillan, espressiva e spontanea. Nel cast anche John Boyega, il Finn di Star Wars.
The Circle ci mostra una schiavitù sociale e tecnologica, desiderata e supportata dagli stessi schiavi.
Una soffocante condizione di continua condivisione, senza la libertà che si esprime nella privacy. “Siamo migliori se gli altri ci osservano”: essere costantemente sotto possibile osservazione non ci cambia, ci frena soltanto di più. La tecnologia, in The Circle, è asettica: né buona né cattiva, semplicemente uno strumento in grado di condannare a morte e salvare contemporaneamente la vita, lasciando lo spettatore a riflettere e decidere quale versante preferire e come arrivarvi, spostando il dibattito dalla tecnologia in quanto tale all’utilizzo che della tecnologia fa l’uomo.
Il film di James Ponsoldt, che è basato sul bestseller internazionale di Dave Eggers Il cerchio ed è prodotto da Gary Goetzman e Anthony Bregman, sarà nelle sale italiane dal 27 aprile.