Giuseppe Alessio Nuzzo sceglie per la sua opera prima un genere poco indagato in Italia: il thriller psicologico. Come suggerisce il titolo, Le verità, la realtà non è univoca, ma determinata dalle sue interpretazioni, così ogni personaggio percepisce i fatti diversamente.
Gabriele Manetti (Francesco Montanari) è appena tornato da un viaggio d’affari in India, che lo ha cambiato. Il suo sguardo è diverso, vede quello che gli altri non possono: il futuro. La sua vita viene stravolta, insieme a quella delle persone che gli sono a fianco. La fidanzata Michela (Nicoletta Romanoff) e il miglior amico Alfredo (Fabrizio Nevola) non riescono a stargli dietro, è sfuggente, enigmatico e quello che racconta sembra una folle fantasia. In tutta questa confusione emerge il bisogno di ritrovare se stesso, la propria identità per poter andare avanti. Riaffiora la sua passione per la pittura e la promessa fatta alla madre Anna (Maria Grazia Cucinotta) di portarla avanti. La madre che lo capiva e che ora non c’è più, un ricordo felice in una vita dove l’agiatezza non conduce alla felicità. Tutto sembra perfetto: dopo gli studi ha iniziato a lavorare nell’azienda del padre Giovanni (Luigi Diberti), dove ha incotrato la bella e responsabile Michela. Al suo fianco c’è Alfredo, divertente e disponibile. Tutto troppo bello: cosa si nasconde dietro? Gabriele inizia a vedere la crudeltà del padre nei confronti degli operai e si sente meschino a restare in silenzio, ad approfittare della sua posizione. Poi la fidanzata che non lo capisce, forse potrebbe cercare altrove attenzioni e l’amico potrebbe essere più egoista di quanto sembri.
Uno sguardo soggettivo, una storia raccontata a metà, la prima metà del film. Solo dopo, conosciamo gli altri punti di vista, le altre possibilità della storia. Quello di Gabriele è stato un sogno? Ha davvero dei poteri speciali? Oppure la mente a volte gioca brutti scherzi? Il regista ci lascia con queste domande, allora pensiamo come a volte sapere la verità è complicato, perché non possiamo trovarne una inequivocabile.
Dietro la storia di Gabriele c’è un mondo che è il nostro mondo, girato tra Vico e Napoli, potrebbe essere qualsiasi altra città italiana. L’azienda di famiglia permette di raccontare la situazione lavorativa in crisi, il pericolo dei licenziamenti, la disparità tra imprenditore e operaio e le numerose ingiustizie che avvengono, a discapito della salute e della sicurezza. Racconta anche i sogni e le aspettative dei giovani: chi studia, chi ha appena iniziato a lavorare e si trova a scegliere da che parte stare e chi progetta di avere una famiglia. Un mondo con poche certezze, dove le verità sono sfuggenti e spesso è la paura, più che i sogni a guidarci. La paura che non ci fa investire nei nostri sogni, per cui tradiamo, che ci porta a scappare altrove per non affrontare il presente. “Non fa piangere, non fa ridere, ma fa riflettere” un’ottima sintesi del regista per chi si chiede cosa cercare da questo film. Un’opera a tratti acerba e con alcune interpretazioni non troppo convincenti; ma anche il coraggioso tentativo di fare un cinema diverso rispetto a quello solitamente offerto dal panorama italiano.
Le Verità: Francesco Montanari e un ‘dono’ inaspettato (recensione)
Giuseppe Alessio Nuzzo, con un'opera prima acerba ma interessante, cerca di esplorare percorsi narrativi ancora inediti in Italia.