“E adesso andate a dire a tutti gli abitanti del mondo che la Russia è viva e che possono venire a trovarci senza paura. Ma chi verrà con la spada in pugno, di spada perirà. Questa è la legge che regola la sacra terra di Russia”. Con queste parole Stalin “avvisò” Hitler attraverso un film che mescola allo stesso tempo la propaganda anti-nazista e il “valore” del culto della personalità così caro e funzionale all’ex dittatore russo così come a tutte le dittature. Il film è Aleksandr Nevskij e narra le gesta del principe russo omonimo che nella battaglia finale del 1242 guidò il suo popolo alla vittoria contro i cavalieri teutonici che minacciavano quelle terre. La pellicola diretta da Sergej Ejzenstejn è datata 1938, tredici anni dopo il celeberrimo La Corazzata Potemkin.
Ma a questo punto è necessario aprire una parentesi. Se siete tra quelli che senza vedere il film la pensate come il ragionier Fantozzi (mito assoluto), ovvero che “La Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca”, vi consigliamo di liberarvi dai pregiudizi, di riavvolgere il nastro e ripartire dai fondamentali. Quello che vi stiamo chiedendo non è di leggere tomi pesantissimi sulla storia del cinema ma semplicemente di divertirvi con la visione di un piccolo grande film (un gioiellino si direbbe) del 2015: Eisenstein in Messico di Peter Greenaway. Il regista sovietico andò nel Paese dei mariachi per girare Que Viva Mexico! (poi rimasto incompiuto) con cui intendeva celebrare la rivoluzione messicana del 1911. Sarà un modo “leggero” per scoprire il personaggio Ejzenstejn che, libero dai condizionamenti e dal ruolo che ricopriva in patria, tirerà fuori il suo carattere, i suoi vizi, le sue debolezze e le sue virtù. Ricollocandolo così in una dimensione tutt’altro che ingessata, probabilmente sortirà l’effetto di incuriosire lo spettatore portandolo forse a guardare con occhi diversi anche la sua filmografia. Chiusa parentesi.
Tra l’altro gli anni messicani del regista (1931) coincisero con le forti pressioni che riceveva dalla nomenklatura russa per una suo rientro in patria dove si reclamava la sua opera al servizio della propaganda di regime. Cosa che in seguito in effetti avvenne proprio con il suo Aleksandr Nevskij. Dal punto di vista strettamente narrativo la pellicola porta sul grande schermo le imprese militari del principe russo Aleksandr Nevskij che si mise al comando del suo popolo e tenne a bada i mongoli da una parte e contemporaneamente sconfisse i Cavalieri teutonici, che in quel momento rappresentavano la minaccia più immediata, affrontandoli e sconfiggendoli in battaglia. Le sue abilità strategiche e militari, combinate alle sue doti persuasive che permisero il coinvolgimento dei contadini, senza i quali la guerra non si sarebbe sicuramente vinta, dovevano servire (e servirono) a Stalin a tenere alto l’orgoglio patriottico che tanto era necessario per la minaccia nazista che si stava profilando e nello stesso tempo consolidare, attraverso la figura leggendaria del principe Aleksandr Nevskij, il culto della personalità e la devozione del popolo, in quel caso riferite allo stesso Stalin.
Ma è dal punto di vista cinematografico che l’opera si svela nella sua grandezza. Si “svela” è esattamente la parola giusta perché Aleksandr Nevskij subisce nel corso dei minuti trasformazioni tecniche, scenografiche e di ripresa che vanno in continuo crescendo e che collocano Eisenstein nella ristretta élite dei geni per padronanza della macchina da presa e per fornire ogni volta soluzioni efficaci (ancorché visibilmente difficili e frutto di un lavoro certosino) per ogni esigenza del film. E tutto ciò è ancora più apprezzabile e geniale se si considera che il regista non rinuncia e non ci risparmia nulla (così come quasi certamente gli era stato commissionato) della retorica patriottica. La prima parte della pellicola è introduttiva alla figura del principe alla situazione geopolitica della Russia del quegli anni. Qui le scene sono più larghe e il set è costruito nei luoghi naturali: il mare, la spiaggia brulla, gli scogli e paesaggi vari, Poi, man mano che la storia prende forma, e con essa il progetto e le gesta di Nevskij, il set diventa un grande palcoscenico teatrale; la scenografia è varia, sfarzosa, credibile ma totalmente ricostruita. Le inquadrature si stringono e a tratti diventano dei veri e propri quadri che rappresentano propositi, perplessità, dubbi, paure e via via infiniti stati d’animo di protagonisti, comprimari e comparse. La mano di Eisenstein con la macchina da presa è millimetrica, perfetta, ogni inquadratura è quella giusta. La ricostruzione degli ambienti e dei costumi è sfarzosa, suggestiva, efficace. La recitazione è teatrale, spiccatamente marcata, tipica di quegli anni e probabilmente funzionale per la solennità del messaggio patriottico. Anche le musiche seguono la retorica della storia e vanno dalla maestosità nei momenti topici in cui si celebra l’unità d’intenti del popolo oppure importanti eventi o decisioni, alla giocosità della colonna sonora durante la ritirata del nemico dove anche le note sembrano prendersene gioco e quasi lo ridicolizzano. Certo, è un linguaggio acerbo ma non dimentichiamo che siamo nel 1938, l’alba della comunicazione mediatica. Oggi i media (e il cinema) hanno fatto passi da gigante, le tecniche si sono evolute, raffinate e strutturate in maniera epocalmente diversa anche seguendo studi e ricerche che nel frattempo hanno permesso di conoscere di più e meglio il conscio, l’inconscio e le dinamiche dei gruppi. Però non crediate che, fondamentalmente, i registri comunicativi e i messaggi propagandistici siano sostanzialmente così diversi da quelli messi in scena dal buon Eisenstein. Ma questi sono altri film. Di certo vi consigliamo di recuperare la nuova edizione blu-ray del film, distribuita da CG Entertainment.
Alexander Nevskij: in blu-ray il capolavoro di Ejzenstejn
CG Entertainment distribuisce una nuova edizione ad alta definizione della pellicola del grande cineasta russo.