In piena era di multisale e grandi produzioni, Michele Rho decide di firmare il suo tributo ad Antonio Sancassani, proprietario di uno degli ultimi monoschermi di Milano. Mexico! Un cinema alla riscossa è un documentario di cui l’Italia, e forse il cinema in genere, ha oggi bisogno.
Sancassani resiste ancora nel centro di Milano, asserragliato tra boutique e locali di tendenza, passeggiando nel suo cinema in stile anni Settanta, sistemando con gesti naturali le locandine dei film proiettati nella sua sala e impartendo ordini precisi e severi ai suoi collaboratori. Alla fine dello spettacolo non si accontenta di salutare i clienti, ma li interroga, si informa, chiede un’opinione riguardo alla proiezione per far capire loro che l’esperienza non è ancora finita, che la sala è solo l’inizio di un viaggio condiviso. Questo personaggio vecchio stile, che sembra stonare così tanto con il cinema moderno, è in realtà uno degli ultimi baluardi di speranza per gli amanti della Settima Arte, perché la sua sala è una delle poche ad essere realmente indipendente rispetto alle case di distribuzione, che ormai decidono la programmazione al posto degli esercenti, attraverso contratti vincolanti. Ma al Mexico chi decide è lo spettatore e Antonio Sancassani è prima di tutto uno spettatore: è lui stesso a decidere quali film passeranno sui rulli della sua sala di proiezione, con il rischio calcolato di poter uscire da quei circuiti di potere che decretano o no il successo anche di una sala cinematografica.
È anche vero che questi circuiti, Antonio Sancassani, li ha sempre evitati, fin da quando trentacinque anni fa si propose per l’affitto del locale e decise di proiettare pellicole musicali: dopo i concerti di Bowie, Led Zeppelin e Sex Pistols, fu finalmente proiettato il The Rocky Horror Picture Show, portando nel bel mezzo di Milano la moda americana per cui al film si accompagnava un gruppo di attori in carne ed ossa intento a dialogare con lo schermo e a coinvolgere il pubblico. Tutt’oggi, ogni venerdì, resiste questa tradizione che ha fatto meritare al Mexico l’epiteto di The Rocky Horror House. Quegli stessi grandi circuiti furono ignorati quando decise di programmare Il Vento Fa il Suo Giro di Giorgio Diritti, film che non aveva avuto alcun interesse da parte della distribuzione ufficiale e alcuna pubblicizzazione dai canali tradizionali, ma che trovò nel Mexico, grazie alle trovate del geniale esercente che ne rilanciavano continuamente la visibilità, la propria casa per ben due anni.
Alle interviste a Sancassani e ai racconti sulla sua vita professionale e privata, Michele Rho alterna immagini di repertorio e interventi di critici cinematografici, registi, attori ed esponenti del mondo della cultura (da Claudio Bisio a Isabella Ragonese, passando per Luca Bigazzi, Paolo Mereghetti, Moni Ovadia e molti altri), che testimonino la dura realtà dei piccoli cinema di Milano, destinati a fallire nonostante i famosi accordi con le case di distribuzione. Sale come l’Odeon (storico luogo dove proliferò il genere del varietà in Italia), l’Ariston, l’Apollo e tante altre hanno ormai chiuso definitivamente, rimpiazzate da qualche show-room o cedute al cinema a luci rosse. La piccola Broadway di Milano non esiste più, e poche monosale resistono alla globalizzazione del cinema, quando invece è in questi luoghi che si trova il senso più profondo dell’esperienza cinematografica.
Il film di Michele Rho non è quindi il racconto di un uomo che stringe i denti, ma una profonda riflessione sull’importanza del cinema come espressione di arte, mezzo di aggregazione culturale e sentimento di condivisione, venuto a mancare con l’arrivo delle multisale, fagocitanti luoghi del superficiale e del business, in cui vengono venduti prodotti sempre più omologati e che hanno il semplice scopo di divertire per un paio d’ore. In questo senso,e anche grazie all’attenzione che riserva ai giovani autori emergenti, il Mexico è una forma di resistenza politica, culturale e sociale contro un sistema di potere le cui gerarchie sono completamente sottosopra: non più una linea diretta che va dall’artista all’esercente e poi al consumatore, ma un labirinto di cavilli e sotterfugi in cui le produzioni e le distribuzioni decidono le sorti di un film.
Lo storico proprietario del Mexico, il cui carisma è in grado di condizionare il pubblico tanto da portarlo a decidere di partecipare a proiezioni che altre sale rifiutano o alle quali è imposto rifiutare, è l’emblema di un ideale che va scomparendo, ma che tiene la testa ben alta, regalando al film anche una commovente testimonianza dello stupore che il cinema è in grado di donare.
Se il Mexico è indipendente è perché Antonio Sancassani è un uomo che è stato in grado di rendersi libero, liberando a sua volta il potere dello spettatore. E noi speriamo davvero che non vada mai in pensione in riviera a contare i gabbiani.
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Mexico! Un Cinema alla Riscossa: che bella l’alternativa ai multiplex (recensione)
Di Elena Pisa
Un lavoro ricco di emozione che ci ricorda la ricchezza rappresentata dalle sale d'essai, raccontando la storia del cinema Mexico di Antonio Sancassani.