Dopo la messa in onda del pilot nel lontano 2013, nessuno poteva immaginare la crescita che negli anni avrebbe avuto Bates Motel: molti all’esordio infatti avevano liquidato lo show come robetta, un esperimento interessante ma nulla di più; bisogna ammettere che da allora la serie non solo ha fatto dei passi in avanti giganteschi ma ha ottenuto (meritatamente) una reputazione e una dignità artistica assolutamente legittima, considerando soprattutto l’ingombrante materiale di partenza.
Il prequel di Psycho è un prodotto che si discosta molto dal capolavoro di Hitchcock.
Per chi ancora non l’avesse mai sentita nominare, la serie di punta del canale americano A&E (network appartenente al conglomerato Disney-ABC), ideata da Carlton Cuse (Lost) e Kerry Ehrin (Friday Night Lights), racconta il rapporto morboso tra Norma Bates (una splendida Vera Farmiga) e suo figlio Norman (un bravissimo Freddie Highmore); i due, dopo la morte del padre di Norman, si trasferiscono a White Pine Bay e per guadagnarsi da vivere decidono di comprare un motel. C’è però un problema di non poco conto: il giovane soffre di disturbi mentali che lo rendono un pericoloso serial killer e questo sconvolgerà la vita dell’interno paesino. Nel corso delle sue cinque stagioni Bates Motel è riuscito ad evolversi da teen drama a thriller psicologico con una costanza ed una naturalezza davvero sorprendente; se i sequel di Psycho (tra gli anni ‘80 e ‘90 ce ne furono addirittura tre) sono sicuramente delle opere marginali e dimenticabili (l’unico che era riuscito a proporre qualcosa di interessante è stato Gus Van Sant con il suo remake omaggio shot-for-shot del 1998), la grande forza della creatura di Ehrin e Cuse è stata quella di discostarsi fin da subito dalla pellicola del 1960 scegliendo un approccio totalmente diverso (in primis scegliendo un’ambientazione contemporanea), che lo rende di fatto uno show a sé stante (è quasi una forzatura considerare Bates Motel un vero e proprio prequel).
L’ultima stagione riesce a chiudere in maniera intelligente tutte le storylines.
Dopo la morte di Norma, Norman è un ragazzo allo sbaraglio: ormai non riesce più a governare la sua doppia personalità, rendendo ancora più pericolosa la sua furia omicida; inoltre dovrà guardarsi anche da Romero (Nestor Carbonell), evaso di prigione e desideroso di vendetta (lui giustamente ritiene Norman responsabile della morte della madre, diventata negli ultimi istanti della sua vita la moglie dell’ex sceriffo). Non basterà l’intervento del fratello del ragazzo, Dylan (Max Thieriot), ad evitare un tragico bagno di sangue a White Pine Bay…
Seppur con qualche incongruenza di troppo, il finale regala una degna conclusione a Bates Motel.
I due showrunner hanno realizzato quello che potremmo definire un doppio miracolo: prendere definitivamente le distanze da Psycho (cosa non così scontata alla vigilia di questa final season) e “riportare in vita” il personaggio di Norma. Tutti ci chiedevamo dopo il pazzesco cliffhanger della scorsa annata se Vera Farmiga sarebbe tornata o no a vestire i panni della signora Bates; la grande sorpresa è che non solo l’attrice non ha ridotto la sua presenza in qualche comparsata sporadica ma addirittura il suo ruolo da protagonista è rimasto assolutamente intatto. Come è stato possibile? Cuse ed Ehrin hanno avuto la furbizia di utilizzare il disturbo mentale di Norman con un intento narrativo ben preciso: il personaggio interpretato da uno straordinario Highmore (sentiremo parlare in futuro di questo giovane attore inglese), dopo la morte della madre, è ancora convinto che la donna sia viva ma lo è solo nella sua mente perché in realtà si tratta della sua personalità omicida con cui è costretto a fare i conti e che condiziona pesantemente la sua vita (il ragazzo cercherà di lottare invano contro il suo lato oscuro). Oltre alla rappresentazione di questo “rapporto” estremamente malato (vero pilastro di questa stagione), gli showrunner, per certificare la distanza siderale tra Bates Motel e Psycho, tirano fuori dal cilindro un altro colpo di genio: creare l’hype attorno a quella che è la scena-madre del capolavoro hitchcockiano (evento che tutti i fan della serie stavano aspettando da tempo) per poi sorprendere gli spettatori con una scelta totalmente inaspettata, segno di un’evidente discontinuità con l’opera originale. Erano mesi che si discuteva sulla scelta dei due autori di ingaggiare la popstar Rihanna nel ruolo di Marion Crane e circolavano speculazioni su come avrebbero reso omaggio alla famosa scena della doccia ma, con un grande coup de théâtre, ecco l’imprevedibile: (spoiler) a morire non sarà infatti Marion Crane (Norman, in un raro momento di lucidità, consiglia alla donna di scappare) ma il suo amante Sam Loomis, vittima della personalità oscura di Bates perché colpevole di essere un impenitente fedifrago (fine spoiler). Questo sconvolgente plot twist è il punto di non ritorno per Bates Motel perché da quel momento in poi la serie prende la sua strada e si dirige con grande sicurezza verso un finale tragico ma allo stesso tempo toccante.
Certo, anche in questa ultima stagione alcuni difetti storici dello show hanno inciso sulla qualità del prodotto finale (la gestione non ottimale di alcuni personaggi secondari, il minutaggio esagerato dedicato alla love story tra Emma e Dylan, alcuni salti logici non del tutto razionali) ma, al netto di ciò, dobbiamo essere grati alla A&E per averci regalato in questi cinque anni un’opera interessante, godibile e ben confezionata come Bates Motel.