Sono passati quasi quarant’anni da quando, nel 1979, Ridley Scott terrorizzò il mondo con Alien, poi divenuto uno dei film di genere più famosi e glorificati di sempre. Nato come un “semplice” sci-fi dalle atmosfere claustrofobiche e caratterizzato da una violenza estrema, questa pellicola è divenuta un vero e proprio cult, che ha dato origine ad un’impressionante progenie di discendenti sotto forma di film, fumetti e videogiochi; influenzando enormemente i generi horror e fantascientifico.
Difficile dire cosa abbia colpito così tanto il pubblico, se l’ambientazione futuristica intrisa di rosso e nero, il design delle creature del visionario H.R. Giger o l’abilità da parte del film di sfruttare perfettamente la paura dell’ignoto, dell’isolamento e di una natura tanto affascinante quanto pericolosa (chiaro il rimando a H.P. Lovecraft ); sta di fatto che da quel momento in poi, le opere centrate sull’esplorazione dello spazio non sono state più le stesse.
Sebbene la saga conti ben 3 sequel, 2 spin-off e svariati adattamenti più o meno canonici in altri media, i fan di tutto il mondo non hanno mai smesso di sperare in un’altra pellicola da parte del suo creatore, e questo sì è avverato con l’uscita, nel 2012, del prequel Prometheus, film che però divise fans e critica.
Prometheus, gridavano molti fan, risentiva di protagonisti esageratamente ingenui e peccava di essere un film di Alien senza Alien, troppo lontano e diverso dall’originale. Nonostante le grandi potenzialità narrative degli Ingegneri, il grande talento sci-fi di Neill Blomkamp si stava già mettendo all’opera per prendere le redini del franchise tornando alle atmosfere delle pellicole originarie, motivo che spinse Ridley Scott a rivendicare la ‘patria potestà’ sulla saga e a dichiarare che il suo prossimo film sarebbe stato un vero e proprio Alien, solo tematicamente legato al suo prequel ma da esso indipendente. Mentre del progetto di Blomkamp non è inevitabilmente rimasto nulla, c’è da dire che il contributo di Scott alla serie difficilmente reggerà le alte aspettative dei fan.
L’anno è il 2104, e l’astronave colonia Covenant è in viaggio per il pianeta Origae-6, da terraformare. Durante il suo cammino, la navetta, gestita dall’androide Walter (Michael Fassbender), viene investita da una scarica di neutrini ad alta energia, i cui danni richiedono che venga risvegliato l’equipaggio al fine di provvedere alla manutenzione. Durante le riparazioni, la Covenant intercetta dei segnali radio inequivocabilmente umani provenienti da un pianeta vicino che sembra poter ospitare la vita, così i suoi membri decidono di atterrarvi sperando di trovare la fonte delle onde radio e, magari, un nuovo luogo in cui fondare una colonia. All’arrivo, l’equipaggio si troverà davanti un pianeta dall’aspetto paradisiaco e molto familiare, ma fra quegli sconfinati campi verdi e sotto a quel cielo plumbeo scopriranno che c’è qualcosa di terrificante e inumano.
Sebbene Alien: Covenant sia effettivamente molto più simile ad un Alien rispetto al suo predecessore, le connessioni con Prometheus sono profonde ed indissolubili: il film infatti non solo ne riprende le tematiche, ma anche i personaggi, la storia e molto altro. Se tale scelta potrebbe far storcere il naso a molti, va detto che è proprio la componente Prometheus a dare forza al film. Nonostante una realizzazione tecnica impeccabile, infatti – la regia di Scott è magistrale, la fotografia dell’altrettanto leggendario Dariusz Wolski perfetta, le ambientazioni fantastiche e la composizione delle scene quasi da manuale – i momenti action ed horror che hanno contraddistinto la saga non sono all’altezza del nome sulla locandina.
Ad un orrore più diretto e minimalista se ne sostituisce uno più pacato, elaborato e filosofico; se infatti in Alien regna un’atavica paura per ciò che è non conosciamo, in Alien: Covenant (come anche in Prometheus) la paura è invece rivolta verso qualcosa di fin troppo familiare: l’uomo e il sonno della sua ragione.
Che a Scott sia cara la decostruzione del concetto di umanità e la vacillante definizione di “umano” non è una novità, da grande amante del Frankestein di Mary Shelley, il regista ha già magnificamente affrontato temi come questo in pellicole dalla levatura di Blade Runner, ed è proprio grazie a questa sensibilità che riesce a creare le scene più riuscite di tutto il film. Dopo un inizio debole e rivisto e prima di una conclusione ben realizzata ma che può deludere le più alte aspettative dei fan della saga, Alien: Covenant ci regala un intermezzo profondo, dalle atmosfere lovecraftiane e ottimamente realizzato, che, grazie soprattutto ad un eccezionale Fassbender, ci accompagna sulle note di Wagner prima e sulle parole di Shelley e del suo Ozymandias dopo.
Per quanto riguarda il cast, se Fassbender nel ruolo degli androidi David e Walter (vero centro morale e catartico del film) fa un lavoro inappuntabile, gli altri attori ci donano delle interpretazioni meccaniche e dimenticabili, figlie probabilmente di una caratterizzazione debole dei personaggi e che paradossalmente preferisce umanizzare delle macchine. Anche Katherine Waterston, eroina del film, stenta a lasciare il segno con una protagonista dal forte lato emotivo ma quasi totalmente priva di carisma.
La bidimensionalità dei personaggi però non è l’unico punto debole dello script, infatti la penna di John Logan sporca il plot con macchie troppo simili a buchi di trama, consegnandoci un film con fin troppi cliché, plot twist prevedibili e dialoghi spesso spenti e poco organici, in primis quelli responsabili dell’atterraggio sul pianeta – cosa che rende l’evoluzione della storia ben più indigesta di quanto dovrebbe.
Ovviamente però, la domanda che preme di più nel cuore degli amanti di Alien è sempre una: e gli xenomorfi? Se dai vari trailer poteva sembrare che il film fosse colpevole di un abbandono della biomeccanica Gigeriana in favore di un aspetto più organico, Scott non solo fa incontrare le diverse sensibilità in modo efficiente ed affascinante, ma riesce a creare un vero e proprio bestiario alieno con tanto di analisi, modelli pratici vecchio stampo e tavole di Giger come illustrazioni; sogno proibito dei più incalliti fan di questo franchise.
In conclusione Alien: Convenant potrebbe non essere il ritorno alle origini o il film che tanti speravano (anche a causa delle dichiarazioni dello stesso Ridley Scott), ma rimane un lavoro affascinante, magnificamente costruito e, nonostante i cliché, unico. Alien: Covenant esce nelle sale italiane l’11 Maggio in 350 copie distribuite dalla 20th Century Fox.
Alien: Covenant non torna alle origini ma funziona (recensione)
Ridley Scott confeziona un film profondamente legato a Prometheus, ispirato e ottimamente girato, nonostante grossi problemi con lo script e il cast.