L’amore adolescenziale incontra una spietata realtà in Sicilian Ghost Story film di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza che apre oggi la 56esima Semaine de la critique, evento concomitante al Festival di Cannes dedicato alla scoperta di nuovi talenti del cinema internazionale. Per la prima volta la Semaine de la critique è aperta da un film italiano che esce in contemporanea nelle nostre sale. Già vincitori nel 2013 del Gran Prix e del Prix Révélation della Semaine de la Critique con il lungometraggio Salvo, i registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza restano in Sicilia e colpiscono il cuore e lo stomaco con la storia di Giuseppe e Luna sullo sfondo di un’isola montuosa e oscura, dominata da una foresta libera e ribelle come i protagonisti.
La storia nasce da una lettera che Luna, una ragazza di tredici anni, scrive al suo compagno di classe Giuseppe, di cui è innamorata. All’uscita da scuola Luna decide di deviare il percorso per rientrare a casa e seguirlo verso un sentiero che si inoltra su per il bosco, dove viene scoperta da Giuseppe che le ruba la lettera invitandola ad accompagnarlo al campo di equitazione dove si allena costantemente per le competizioni equestri.
Tra Luna e Giuseppe scatta la scintilla e in quei pochi minuti il loro legame diventa tanto profondo quanto la notte che si avvicina, mentre il ragazzo scompare nel nulla all’orizzonte. Raggiunta la scuderia Giuseppe non farà più ritorno lasciando Luna con il terribile sospetto che sia stato rapito dalla mafia.
Il ragazzo è il figlio di un pentito, un “infame” come definito dai compaesani e dai conniventi al sistema mafioso, che infesta la Sicilia. Determinata a scoprire la verità Luna si scontrerà contro un muro di gomma, che vede parenti ed amici indifferenti e muti contro un orribile crimine che colpisce un ragazzo di soli tredici anni e che nessuno vuole aiutare.
La scoperta della verità è un percorso che Luna intraprende trascendendo dal suo corpo ed immergendosi in sogni profondissimi, vicini al delirio, che portano la ragazza a confrontarsi con la crudeltà della natura, nella sua accezione più selvaggia. Il legame tra i due adolescenti innesca una sorta di rito magico nel bosco, che richiama a se i protagonisti e li mette in comunicazione tramite gli elementi naturali. L’acqua, la terra, gli alberi e gli animali si fanno portatori di notizie interagendo con i protagonisti, in metafore che rimandano alla mitologia greca e che segnano un percorso che porta lo spettatore ad immergersi in un mondo tanto spietatamente reale quanto meravigliosamente incantato.
I fantasmi in Sicilian Ghost Story sono reali e metaforici, gli spiriti delle tante vittime della mafia aleggiano nei boschi dei Nebrodi, così come gli spettri dell’omertà che si aggirano incessantemente sulle vite dei protagonisti. La Sicilia descritta da Fabio Grassadonia ed Antonio Piazza è reale quanto immaginaria, popolata da folletti che vestono gli abiti neri delle donne e da personaggi grotteschi che ossequiano la religione mafiosa a costo di sacrificare degli innocenti.
La bellezza della natura incontaminata è descritta visivamente dall’ottima fotografia di Luca Bigazzi, che rappresenta una valle incredibilmente realistica e allo stesso tempo incantata nel suo dualismo di fondo: la meraviglia che incontra l’orrore. Orrore che si fa anche forza e che i due registi esorcizzano con gli occhi degli adolescenti, contrapponendolo all’amore.
La sceneggiatura di Sicilian Ghost Story è liberamente tratta dal racconto “Un Cavaliere Bianco” di Marco Mancassola, contenuto nel volume “Non Saremo Confusi per Sempre” (Giulio Einaudi Editore) ed è ispirata ai fatti di cronaca relativi al sequestro ed omicidio di Giuseppe Di Matteo, figlio di un ex mafioso e pentito, ucciso negli anni novanta dal clan Brusca.
Un argomento di cronaca nera che ha indignato l’Italia intera e che nell’immaginario collettivo è rappresentata da una fotografia che ritrae l’adolescente a cavallo, vestito da fantino.
Sicilian Ghost Story non è certamente un film privo di difetti, soprattutto per quanto riguarda l’ambito recitativo affidato ad attori esordienti e non del tutto credibili, ma Fabio Grassadonia ed Antonio Piazza cercano in questo film una commistione di generi che non è caratteristica del cinema italiano raccontando con originalità e interpretando i fatti di cronaca attraverso un punto di vista differente. La narrazione si perde in certi punti e la scrittura non è del tutto coerente, ma è molto interessante il modo in cui i registi raccolgono le emozioni dei protagonisti catapultandoli in uno stato onirico semi permanente, capace di celare in parte la crudezza dell’essere umano. Un’operazione difficile da comprendere e ancor più da metabolizzare, ma sicuramente un’interpretazione della realtà che trascende i luoghi comuni, capace di trasportare lo spettatore in un mondo fantastico quanto tristemente realistico.
Sicilian Ghost Story: tra mafia e metafora, da Cannes ai nostri cinema (recensione)
Film di apertura della Semaine de la critique, la storia di amore ed ombra sui monti Nebrodi esce oggi in contemporanea nei cinema italiani.