Si chiamano I Demolitori ma sono I Peggiori, due vigilantes improvvisati e non così eroici intorno ai quali ruota il brillante debutto registico (in lungometraggio) di Vincenzo Alfieri, anche coprotagonista del film con Lino Guanciale nonché autore del soggetto e firma della sceneggiatura con l’ormai acclamato Alessandro Aronadio (in questi giorni in sala con Orecchie), con Giorgio Caruso (Falchi), Renato Sannio (Che Vuoi Che Sia) e Raffaele Verzillo (regista di Senza Fiato con una solida esperienza nella direzione della fiction televisiva).
Questa squadra di talenti nostrani ha il compito di confezionare una action comedy dagli echi supereroistici che, pur strizzando l’occhio in modo piuttosto spudorato a quel mercato orfano del Jeeg Robot di Mainetti, ricorda molto più l’immaginario grunge di Kick Ass che un qualsiasi eroe Marvel o DC.
I Peggiori potranno esser percepiti come ‘eroi’, ma di certo non lo sono.
La storia è quella di un nucleo familiare sui generis, in difficoltà economiche e con un passato pesante sulle spalle. I fratelli Massimo (Guanciale) e Fabrizio (Alfieri) sono infatti una strana coppia, tanto guascone l’uno per quanto è ligio al dovere l’altro, ma quando si tratta di provvedere alla sorellina tredicenne Chiara (Sara Tancredi) entrambi sono disposti a farsi in quattro, compensando l’assenza del padre – di cui nessuno fa menzione – e quella della madre, famigerata ‘ladra’ ormai sparita da anni. Una serie di casi fortuiti porteranno questi uomini qualsiasi ad essere scambiati per ‘eroi’, e così, profumatamente prezzolati da comuni cittadini (anche perché il motore narrativo è la necessità di una qualche rendita in periodo di crisi), i due giustizieri mercenari inizieranno a bersagliare con una guerriglia fatta di goffe incursioni e pubbliche umiliazioni i furbetti del quartierino, o meglio una galleria di personaggi che hanno in comune l’aver tratto un vantaggio privando altri di quanto spettava loro. I Demolitori, questo il loro nome di battaglia, finiranno così per impersonificare il malcontento popolare diventando un fenomeno virale con tanto di emulatori, ma al contempo susciteranno le attenzioni sgradite sia delle forze dell’ordine che di alcuni loschi figuri.
La pellicola pare muoversi continuamente sul filo del qualunquismo populista, per poi rivelarsi in realtà più profonda di quanto non sembrerebbe all’inizio.
L’idea di qualcuno che, in cambio di un compenso economico, indossi un costume improbabile e vada a umiliare il truffatore di turno facendo leva sulle pulsioni ‘forcaiole’ del popolino non è certo qualcosa di nuovo, e anzi richiama alla mente l’indigeribile infotainment qualunquista che in Italia ha preso per decenni la forma di Striscia la Notizia. Una profonda e totalizzante sfiducia verso le istituzioni – che soprattutto all’inizio sembra essere raccontata con qualche ammiccamento di troppo – riverbera il sentire di buona parte di quel Sud in cui, non a caso, è ambientata la pellicola, e la scelta di far rappresentare un’alternativa a dei vendicatori un po’ vandali e un po’ Robin Hood che agiscono su commissione sembra solo qualche passo oltre al tristissimo Capitan Ventosa di turno. È interessante però proprio capire in quale direzione vengano fatti questi passi.
Se inizialmente sembra che l’intenzione di Alfieri sia quella di cavalcare il populismo, si scopre poi che l’intento reale è quello di fornirne un ritratto ricco di chiaroscuri e scevro da ogni retorica.
Nonostante i metodi spicci e a volte decisamente ottusi dei Demolitori, in un modo o nell’altro si finisce per parteggiare per loro, pur provando una sensazione di straniamento tutt’altro che confortevole quando il loro operato sfocia nel vandalismo o nella resistenza alla legge. Ad animare tutta la pellicola c’è infatti una sete di giustizia sociale che è quella che probabilmente decreterà la fortuna del film, e che, suscitando l’empatia dello spettatore, al contempo lo espone in tutta la sua contraddittorietà.
Se i Demolitori non sono eroi, infatti, è comunque impossibile non percepirli come giustizieri, custodi di un revanscismo dei comuni mortali contro le caste, paladini di una dialettica sociale in cui l’autorità è imbelle e quindi aggirabile. Considerato che questi meccanismi sono anche quelli che nella realtà hanno portato le mafie ad esser percepite da alcuni come Stato nello Stato, la zona grigia in cui ci trascina il film è più spaventosa di quanto non potrebbe sembrare, e dietro questi due simpatici fratelli, sgangherati e ben intenzionati, si nascondono spunti narrativi molto meno rassicuranti e che sarebbe bello vedere in un sequel.
Se la magistratura e la polizia hanno le mani legate e non ci sono eroi né villain tradizionalmente intesi, le spedizioni punitive dei protagonisti diventano un meccanismo di autoregolazione della società, che finisce indirettamente per parlarci del primato dell’opinione pubblica sulla legge.
È un terreno spinoso quello su cui si muove sapientemente lo script, e la sagacia del lavoro fatto nella writers’ room è evidente quando subentra nella storia lo spunto legato alle intercettazioni.
Nonostante i toni della commedia (e non del film comico, il che depone a favore di Alfieri) provvedano a mantenere tutto su un piano vagamente surreale, è impossibile non pensare a quanto l’uso – a volte anche strumentale – delle intercettazioni da parte della stampa italiana abbia condizionato una casta perennemente arroccata in autodifesa, mentre gli atti processuali delle medesime vicende sono spesso stati resi vani da cavilli, prescrizioni o negate autorizzazioni a procedere. Il malcontento delle masse è il vero motore della storia dell’umanità, e gli sviluppi che prenderanno le vicende di Fabrizio e Massimo ce lo raccontano con grande efficacia.
In conclusione I Peggiori è un film assolutamente riuscito, ottimamente girato e forte di un immaginario ben definito ed efficace.
Il mondo narrativo creato ne I Peggiori risente di qualche eccesso grottesco di troppo (ad esempio il direttore del cantiere è reso in modo decisamente troppo carico), ma è anche forte di un’interessante caratterizzazione dei sessi, che vede degli uomini sempre impulsivi e pasticcioni (ad eccezione di un personaggio in particolare) contrapporsi a donne che, nel bene o nel male, sono abili strateghe cui non manca mai il controllo della situazione. Anche l’inusuale mix di romanità e atmosfere partenopee, pur con un fastidioso retrogusto di operazione commerciale, funziona molto bene e contribuisce a delineare in modo forte il carattere della storia, almeno quanto lo fa il commento musicale sospeso tra rock e funk.
Il cast funziona alla perfezione e oltre alle solide performance di Alfieri e Guanciale e alla simpatia burbera della giovane Tancredi, merita di essere citato anche il lavoro fatto da Antonella Attili e quello di Miriam Candurro. Tra gli attori anche nomi particolarmente amati dal grande pubblico, come Biagio Izzo (che conferma di dare il meglio quando tenuto lontano dai cinepanettoni), Francesco Paolantoni ed Ernesto Mahieux.
Il linguaggio registico di Vincenzo Alfieri, fatto di tagli rapidi e di un sapiente mix di camera a mano e crane, dettagli e totali, sembra già maturo; con tutta probabilità sentiremo parlare ancora molto di lui in futuro. Anche lo script si dimostra capace di superare i suoi apparenti limiti iniziali e, unito all’ottimo lavoro del comparto tecnico, garantisce un’esperienza ritmata e divertente, destinata verso il finale e rivelare un complessità inizialmente insospettata.
I Peggiori è distribuito da Warner nelle sale italiane a partire dal 18 maggio.