L’estate è ormai alle porte e a precederla di poco tornano i costumi rossi e le magliette a fior di pelle degli atletici bagnini di Baywatch, serie cult degli anni ’90 che ha portato le atmosfere californiane sui piccoli schermi delle famiglie italiane, e che questa volta arriva in versione cinematografica e con il cambio di location in Florida. A vestire i panni di Mitch Buchanan, il tenente a capo del gruppo di bagnini è Dwayne Johnson (The Rock) che con la sua fisicità e simpatia regge interamente la struttura del film insieme a Zac Efron, una buona spalla seppur con le limitazioni interpretative che il giovane attore fatica a compensare anche in una pellicola dalla modesta sceneggiatura come questa.
Il motto di questo Baywatch è quello di non prendersi mai sul serio e giocare sul ruolo dei bagnini che non sono poliziotti, investigatori e tantomeno medici, in pratica lo scopo del regista Seth Gordon è andare in direzione opposta al serial e ribaltare i ruoli dei vecchi protagonisti (da David Hasselhoff a Pamela Anderson che qui ritroviamo in due camei) che erano seriosi, competenti ed estremamente sensuali trasformandoli in una squadra di imbranati con qualche intuizione buona e la battuta sempre pronta.
Siamo in Florida, il sole bacia la spiaggia protetta dai lifeguards diretti da Mitch Buchanan, una sorta di idolo per gli habituè del luogo, nella squadra due bellissime bagnine: Stephanie Holden (interpretata da Ilfenesh Hadera) e C.J. Parker (Kelly Rohrback), che fa girare la testa al simpatico e impacciato Ronnie (Jon Bass), un assiduo frequentatore della spiaggia con la passione per l’informatica e il sogno di entrare a far parte della squadra.
In occasione delle selezioni annuali per i nuovi aspiranti bagnini lo staff di Mitch, tra un salvataggio ed un altro, organizza un trial per scegliere i tirocinanti.
Alla prova si presentano centinaia di ragazzi tra cui Matt Brody (Zac Efron), un campione olimpico di nuoto, Summer Quinn (Alexandra Daddario), una studentessa di biologia marina e Ronnie, poco atletico ma molto motivato.
I tre completano la squadra di lifeguards di Mitch, ma dietro ai salvataggi di bambini e famiglie si nascondono alcune morti sospette che inducono i bagnini ad indagare su Victoria Leeds (Priyanka Chopra) l’immobiliarista che gestisce gli appartamenti sulla baia.
La sceneggiatura di Damian Shannon e Mark Swift non lascia spazio a grandi operazioni di critica o commenti elaborati, è semplice e concisa, priva di intrecci e focalizzata sul pubblico di fascia medio bassa pronto a godersi sul grande schermo le corse al rallentatore, la forza bruta, il goffo Ronnie di turno, in cui forse ci si immedesima più facilmente che nei pettorali scolpiti di Zac Efron e tutta una serie di situazioni legate al mood della serie Baywatch, basata sulla vita da spiaggia, sogno proibito di tutti coloro che passano la maggior parte della giornata incollati sulla sedia davanti lo schermo di un computer.
La regia di Seth Gordon (Come Ammazzare il Capo… e Vivere Felici) è anch’essa piuttosto semplice ma riesce nello scopo di ricreare una situazione dove i colpi di scena sono, in sostanza, inesistenti e focalizzare l’attenzione sulle figure dei bagnini, sempre al centro dell’obiettivo con i loro corpi perfetti.
Fisicità che, come scritto all’inizio è presa continuamente di mira, soprattutto nelle assidue battute tra Dwayne Johnson e Zac Efron che, seppur con alcune ripetizioni, vanno a segno nell’obiettivo del film che è proprio quello di prendersi in giro, riuscendo a fare squadra sui valori più semplici e sinceri.
Il punto di forza del film è dunque quello di ritrovare una comicità spicciola ma genuina, con battute divertenti e un po’ volgari, privata delle connotazioni sociali o politiche che anche in un comic movie fanno riflettere.
In Baywatch la riflessione non è contemplata, è tutto girato al solo scopo di divertire con l’aggiunta di un tocco di giallo per non guastare.
L’operazione Baywatch tuttavia riesce a metà perché si apprezza la capacità del cast di saper fare della sana autoironia, cosa non facile ad Hollywood dove la vanità regna sovrana, ma alla sceneggiatura manca quel tanto di solidità che avrebbe potuto dare più consistenza al film, che nei primi quaranta minuti esaurisce quasi tutta la carica comica per concentrarsi verso il caso da risolvere, poco interessante perché poco approfondito.
Va bene dunque proporre una pellicola puramente divertente che aggredisca un pubblico giovane e poco avvezzo ai film d’autore, alle porte dell’estate e con una massiccia campagna pubblicitaria, ma Baywatch non convince del tutto per la mancanza di elementi di connessione e per la superficialità della sceneggiatura, che manca di alcuni elementi indispensabili. Tuttavia si apprezza l’anima di fondo del film che inneggia alla cooperazione, allo spirito di gruppo, alla condivisione dei valori e al raggiungimento degli obiettivi, anche quando scomodi.
Baywatch ottiene a stento la sufficienza e con molte riserve, vedremo se il pubblico europeo apprezzerà la bonaria semplicità della pellicola ripagando l’ingente esborso produttivo della Paramount (70 milioni di dollari). In sala da giovedì 1° giugno.
Baywatch: spiagge, autoironia, qualche volgarità e tanta leggerezza (recensione)
Il telefilm degli anni '90 diventa un film che non ha la minima intenzione di prendersi sul serio, finendo per eccedere in superficialità.