Chris e Sylvère sono una coppia di New York: lei è una regista indipendente con un film in procinto di essere presentato al Festival del cinema di Venezia, lui è un docente e filosofo specializzato nell’Olocausto; proprio grazie ai suoi studi e alla sua attività da intellettuale, Sylvère (Griffin Dunne) riceve da Dick Jarret (Kevin Bacon), un famoso artista contemporaneo, l’invito a raggiungerlo a Marfa e partecipare ad un ritiro organizzato per ‘leggere, scrivere e pensare’ insieme ad altri artisti di ogni genere. L’offerta non viene rifiutata, e Chris (Kathryn Hahn) decide di accompagnare il marito per qualche giorno, prima di dedicarsi ai suoi impegni in Italia.
L’arrivo nella cittadina texana purtroppo non è dei più rosei. Chris riceve la notizia che il suo film è stato rifiutato dalla kermesse cinematografica e l’amarezza che ne deriva alimenta la crisi passionale che affligge da tempo la coppia.
Quando la giovane donna è convinta di voler fare ritorno a casa, un incontro attira la sua sopita curiosità: un uomo agghindato da vero cow boy si aggira con fare misterioso per le strade della città in sella al suo cavallo e, durante un incontro tra i due del tutto imbarazzante, quell’uomo risulterà essere Dick Jarret, l’organizzatore della master class a cui parteciperà Sylvère. Nonostante l’artista dimostri subito di non avere particolare interesse o ammirazione per Chris, in lei si accende un desiderio incontrollabile, ossessivo e lo sfogherà scrivendo delle lettere-diario indirizzate proprio a Dick. Il marito scoprirà presto queste lettere le quali, anziché scatenarne gelosia, risveglieranno tra i due una vera e propria passione carnale perduta da tempo, forse mai avuta.
Creata e scritta – insieme all’esordiente Sarah Gubbins – da Jill Soloway, I love Dick è un adattamento in otto episodi del romanzo epistolare semi-autobiografico di Chris Kraus (da cui la protagonista della serie prende il nome), pubblicato nel 1997 e rimasto a lungo nell’anonimato. Mai pubblicato in Italia, il romanzo è tornato alla ribalta negli ultimi anni, e il Guardian lo ha descritto come ‘il libro più importante dell’ultimo secolo sul rapporto tra uomini e donne’ e la protagonista è vista come un modello del femminismo contemporaneo da seguire.
Sembra strano parlare di questi temi mai come oggi così attuali e scottanti in riferimento ad un pilot in cui il più classico dei triangoli amorosi prende forma, ma la realtà è che negli episodi successivi il focus viene quasi del tutto spostato su quegli elementi che all’apparenza erano solo di contorno. La scelta di ambientare gli avvenimenti a Marfa infatti non è casuale, perché la cittadina è considerata come un’oasi nel deserto per l’arte contemporanea americana, ed è proprio l’arte il mezzo che viene utilizzato dalle altre interpreti – più o meno centrali nella storia – per raccontarsi ed esprimere il loro essere donne e soprattutto il loro approccio alla sessualità. Le donne non sono solo muse ispiratrici o soggetti da dipingere, ma sono in grado anche loro di comunicare, di stupire, e Chris risulta essere l’origine da cui nasce questa voglia di mettersi a nudo.
La crisi professionale e sentimentale che colpisce la protagonista le fa prendere consapevolezza della situazione di stallo che sta vivendo e fa esplodere in modo irruento ed irrazionale in lei la voglia di affrancarsi da quei confini all’interno dei quali ha costruito la sua esistenza; non vuole più essere solo la regista di film che nessuno guarderà o la moglie del filosofo, vuole essere una donna libera di essere sé stessa, di scoprirsi, di trasgredire e anche di sbagliarsi, senza preoccuparsi di quello che la gente può pensare di lei. E la figura enigmatica di Dick, che all’inizio sembrava avere un ruolo centrale, si trasforma in un semplice strumento di cui la donna si avvale per raggiungere la piena consapevolezza di sé.
Con questa serie Jill Soloway conferma la sua volontà di raccontare in maniera del tutto genuina e senza mezzi termini quei temi che spesso, vivendo all’ombra di tabù, non vengono trattati ma che in un modo o nell’altro fanno parte della vita di ognuno di noi. Come in Transparent, anche qui la complessità degli argomenti viene alleggerita da un umorismo velato ma efficace, come Sylvère che viene definito “un grande fan dell’Olocausto”.
Kathryn Hahn è molto brava nel trasmettere la frustrazione del suo personaggio, pur correndo il rischio di essere talvolta eccessivamente sopra le righe, mentre Kevin Bacon sulla soglia dei sessant’anni è perfetto nei panni dell’uomo affascinante, sfuggente e indecifrabile, che nasconde le proprie emozioni.
In linea generale la serie sembra funzionare, anche se ha dei punti deboli; raccontare il femminismo attraverso l’arte e la cultura è una scelta azzardata, che forse non tutti potrebbero apprezzare. Ma un pensiero più di altri assilla la mente di chi scrive: il triangolo amoroso del pilot è un semplice incipit per far partire la storia o una vera e propria esca, un escamotage per attirare la curiosità del pubblico che altrimenti non si sarebbe avvicinato ad un prodotto così sperimentale, irriverente e crudo? I love Dick è disponibile sulla piattaforma streaming Amazon Prime Video.
I Love Dick: Kevin Bacon star della nuova serie Amazon (recensione)
La creatrice di Transparent parla di ossessione e femminismo nel nuovo show di Amazon.