Arriva in home video Koch Media senza passare per una release cinematografica italiana il secondo lungometraggio di Zach Braff, conosciuto al grande pubblico grazie al suo J.D. della serie cult Scrubs – Medici ai primi ferri. Wish I was here è la storia di Aidan, interpretato dallo stesso Braff, attore disoccupato, padre di due figli (Pierce Gagnon e Joey King), con un fratello assente (Josh Gad) e un padre malato (il Mandy Patinkin di Homeland). Nonostante l’appoggio incondizionato della moglie (Kate Hudson), l’aggravarsi della salute del padre renderà impossibile pagare la retta della scuola dei figli, e Aidan deciderà per l’istruzione a casa, seguendo un particolare quanto folle metodo d’insegnamento.
Considerando le origini ebraiche dello stesso regista-attore, possiamo immaginare quanto questo film sia il risultato di un personalissimo pensiero di vita espresso tramite un altrettanto personale approccio al mezzo cinematografico, contraddistinto da un focus senza incertezze tanto nella costruzione emotiva quanto in quella estetica. Se la religione ebraica è costantemente presente nel film, è anche vero che Braff cerca in maniera naturale e semplice di arrivare all’unica meta cui un qualsiasi tipo di spiritualità possa anelare: la felicità.
Il percorso verso l’ambizioso obiettivo non viene però addolcito dalla sceneggiatura che, anche se sembra inciampare qualche volta per l’eccesso di spunti, segue egregiamente uno schema che calza a pennello a qualsiasi storia di formazione: trovare il proprio posto nel mondo nel momento in cui si deve affrontare da vicino la possibilità di una perdita. È esattamente questa la situazione che dovrà affrontare il nostro protagonista.
Nel pieno della sua vita ma costretto ad affrontare il cambiamento, Aidan ripercorre la propria infanzia, raccogliendone ogni informazione, insegnamento o sconfitta che sia in grado di aiutarlo nel passaggio sofferto del dover lasciare per sempre alle spalle una fase della propria esistenza e accoglierne un’altra; maturare senza per questo rinunciare al sé più infantile. Forse è proprio questo il pilastro più importante del film: accanto all’importanza della spiritualità e della morale grazie alle quali Aidan può essere un buon padre e un brav’uomo, c’è l’importanza di non dimenticarsi di sé e dei propri sogni. Il messaggio non è banale e certamente non scontato in un periodo storico come questo, in cui la crisi dei trentenni sembra non dover finire mai. È un messaggio di speranza, semplice, diretto, che non trova arresto nel film, neanche nei momenti più deboli. La regia segue questa linea, d’altronde non è a questo tipo di film che si richiede un estetica virtuosistica. Si punta semmai su uno script che sia continuamente sul filo sottile che separa il sorriso dalla commozione, naturale come nella vita, ma mai noioso al cinema.
Considerato che la pellicola è in grado di parlare in modo chiaro e a tratti poetico a un’intera generazione e che l’edizione blu-ray ospita anche un buon assortimento di contenuti speciali (la musica, domande e risposte, consigli da padre, recitare mentre si dirige e al concessionario Aston Martin), non possiamo che consigliarvi di approfittare della release home video.