Il film-capolavoro di David Wark Griffith The Birth Of A Nation (Nascita di una nazione) richiese due anni di lavorazione: dal 1913 al 1915. Quando il film uscì nelle sale statunitensi, la storia e il modo in cui era narrata divise letteralmente il pubblico, diede vita a disordini razziali e rivitalizzò il Ku Klux Klan, l’organizzazione segreta che, nel Sud degli Stati Uniti, proclamava il suprematismo bianco protestante attraverso l’affiliazione di importanti membri della politica e degli affari.
L’ispirazione arriva da due romanzi di Thomas Dixon, The Clansman e The Leopard’s Spot, che narrano di una famiglia travolta dalla Guerra di Secessione.
La Guerra Civile americana è il tema narrativo preferito da Griffith. Nato a LaGrange, Kentucky, nel 1875, egli è il perfetto bianco del Sud rurale: discendenza anglo-gallese, confessione metodista, padre ex ufficiale dell’esercito confederato. Il giovane David cresce tra i racconti epici e romantici delle imprese della Guerra di Secessione e all’interno di una visione del mondo nettamente manichea, molto comune in verità nel Deep South di quei tempi. Queste radici culturali influenzeranno il discorso stilistico di Griffith, e si manifesteranno compiutamente nelle opere più mature.
The Birth of A Nation segue abbastanza fedelmente l’impianto drammatico dell’adattamento teatrale di The Clansman; girato nel 1914, viene proiettato l’8 febbraio dell’anno dopo nelle principali città degli Stati Uniti.
La trama del film è divisa in due parti. La prima mostra l’America prima della Guerra Civile attraverso la storia di due famiglie: gli Stoneman, nordisti, composta dal politico abolizionista Austin Stoneman, i tre figli (due maschi e una femmina, Elsie, interpretata dalla diva del tempo Lillian Gish) e i sudisti Cameron, con i loro cinque figli, due ragazze e tre ragazzi. La seconda parte mostra gli effetti della ricostruzione.
Le vicende delle due famiglie si intrecciano a partire dal 1860, quando, durante una visita della famiglia Stoneman alla tenuta dei Cameron in South Carolina, avviene una sorta di “innamoramento incrociato” tra i ragazzi e le ragazze Stoneman e Cameron.
La Guerra Civile scoppia un anno dopo, e i figli maschi delle due famiglie si arruolano nei rispettivi eserciti, con tutto il prevedibile esito di decessi, ferimenti, tragedie. Austin Stoneman, in disaccordo con il Presidente Lincoln su come trattare i sudisti dopo la sconfitta nel 1865, si ritrova investito di un inaspettato potere dopo l’assassinio di quest’ultimo durante una serata di gala al Ford’s Theater.
La seconda parte del film tratta la questione della liberazione dei neri dalla schiavitù e dell’attribuzione dei diritti civili in modo indiscutibilmente razzista, per la sensibilità di uno spettatore contemporaneo.
Gli afroamericani affrancati dalla servitù sono dipinti come dei semi-selvaggi, ignoranti e loschi. Inoltre, le truppe nordiste formate anche da battaglioni di soldati neri sono rappresentate come dedite a soprusi nei confronti dei bianchi del Sud e sempre pronte ad aggredire.
Esemplari, in questa visione, sono il personaggio del mulatto Silas Lynch, vicegovernatore nominato da Austin Stoneman che osa interessarsi alla bianca Elsie Stoneman e ama il potere a costo di tradire persino il suo mentore, e il vecchio servitore nero di un conoscente del signor Cameron. Il primo rappresenta il prodotto dell’estensione dei diritti civili ai neri; il secondo, l’unico modello di afroamericano possibile: quello sottomesso e fedele oltre ogni ragionevole dubbio al suo padrone bianco.
La rappresentanza politica dell’elettorato afroamericano nel Sud liberato dai nordisti è chiassosa, incivile, implicitamente indegna di sedere sugli scranni parlamentari; inoltre, osa far passare una legge che consente i matrimoni interrazziali. La goccia che fa traboccare il vaso dei sudisti nostalgici del segregazionismo è comunque l’ennesima attenzione galante del “mezzosangue” Lynch verso Elsie Stoneman (in realtà, un’innocente conversazione): Ben Cameron, innamorato della ragazza, decide di rianimare il Ku Klux Klan per punire queste “alzate di testa”. L’idea non ha tuttavia un grande effetto su Elsie, che per tutta risposta rompe il fidanzamento con Ben quando il padre Austin Stoneman la convince che il KKK è una pericolosa organizzazione criminale.
La sorella minore di Ben, Flora, viene inoltre insidiata da un nero, Gus, e muore nel tentativo di sfuggire ad un probabile stupro. La situazione, a questo punto, precipita: Gus, dopo un lungo inseguimento, viene catturato e prevedibilmente linciato dai membri del KKK. Il suo cadavere viene abbandonato davanti alla casa di Lynch, a monito. Nasce così una spirale di faide e vendette che incoraggia alcuni membri della famiglia Cameron a unirsi per difendere il “diritto di nascita ariano”, evidentemente minacciato dalla presa di potere dei neri e dei loro amici nordisti.
L’immagine dei neri degenera sempre più, nel film di Griffith: addirittura, Lynch vuole costringere Elsie Stoneman a sposarlo a forza, e la sequestra per ottenere il suo scopo.
Sarà il Ku Klux Klan (ovviamente) a risolvere la questione, liberando Elsie e il padre.
Gli unici neri buoni, sembra dirci il regista, sono quelli morti: coloro, cioè, che periscono nella strenua difesa dei bianchi dai soprusi degli stessi neri e delle truppe nordiste. Il film si chiude con il trionfo del Klan e dell’amore tra bianchi.
The Birth Of A Nation è un’opera cinematografica in cui i contenuti, come si osservava più sopra, sono trattati in maniera quasi ridicola, per una sensibilità contemporanea. I neri sono infidi, approfittano dei diritti elargiti loro dai bianchi nordisti e, quando un governatore insiste nel perseguimento della sua idea radicale di effettiva e sostanziale liberazione degli ex schiavi, non può che soccombere di fronte alla loro ingratitudine.
Gli stereotipi etnici e culturali sono così ribaditi e rafforzati; il potere resta ai bianchi, le relazioni sentimentali sono sublimi e intrise di romanticismo solo se intrecciati tra gagliardi cadetti e soavi, diafane ragazze. Ai neri è consentita la parte lasciva e predatoria (l’attrazione di Silas Lynch per Elsie Stoneman), addirittura intrisa di becera pedofilia nel caso della piccola Flora insidiata da Gus, l’uomo che finirà linciato dal Klan.
I critici e gli storici sono concordi, inoltre, nel definire il linguaggio cinematografico di Griffith come profondamente reazionario: lo spettatore, davanti alla finzione spettacolarizzata, resta un soggetto passivo, ancor di più visto che il regista indugia quasi sempre in una rappresentazione patetica delle vicende e dei personaggi, senza mai affondare la lama della critica.
La stucchevolezza narrativa è compensata, in Griffith, da originali soluzioni tecniche come, ad esempio, un uso innovativo del primo piano, del “piano americano” (taglio dell’inquadratura del personaggio all’altezza del ginocchio), del montaggio incrociato.
L’importanza di Griffith nella Storia del Cinema è dovuta alla sua pionieristica intuizione che il mezzo tecnico può essere supporto e completamento delle possibilità espressive. L’opera cinematografica è prodotta con accuratezza in tutte le sue componenti, da quelle narrative a quelle, appunto, meramente tecniche.
La maggioranza dei critici e degli storici del Cinema concorda nel definire Griffith l’inventore del cinema d’autore.
Griffith girava in modo consapevole, in un periodo in cui i film si producevano a ritmo continuo, “un tanto al chilo”, senza badare molto alla coerenza stilistica e contenutistica, con l’esclusivo scopo di soddisfare un pubblico popolare e di poche pretese.
The Birth of A Nation è, compiutamente, la summa ideologica del pensiero di Griffith. La nascita della nazione americana, narrata con una struttura narrativa ad incastro tipica dell’autore, è ricostruita ponendo al centro della rappresentazione la dimensione umana. Il valore statunitense per eccellenza, l’individualismo, è chiaramente il fulcro del pensiero di Griffith, che assegna al singolo il ruolo di motore della Storia, in contrasto con una collettività spesso ostacolo alla realizzazione personale. In quest’ottica, Griffith costruisce il film intersecando le vicende corali con quelle personali, accentuando ancora una volta un patetismo che deriva proprio da una visione caratterizzata da accenti moraleggianti e, appunto, individualistici.
L’accento posto sull’azione individuale a scapito dell’analisi storico-sociale e la minuziosa sottolineatura delle differenze umane pesano sul giudizio di razzismo attribuito alla storia. Tuttavia, come si vedrà anche nel successivo lavoro, Intolerance, i meriti di The Birth of A Nation risiedono soprattutto nella grandiosità delle scene di massa, e nell’attenzione alla ricostruzione formale degli ambienti (non dimentichiamo che grande spazio viene concesso al tema che perseguita da sempre Griffith, la Guerra di Secessione).
La tecnica registica adottata nelle scene corali influenzerà grandi registi del Vecchio Mondo di non molti anni dopo, primo tra tutti Ejzenštejn.
La tecnica regista e narrativa di Griffith e la sua rappresentazione del Sud sono stati tradotti anche in modo scherzoso e goliardico da registi come Joel e Ethan Coen, che nel loro film di culto O Brother, Where Art Thou? (Fratello, dove sei?) ricostruiscono un rituale di linciaggio del Klan richiamando la rappresentazione che ne fece, appunto, Griffith.