Fu dalle colonne dei Cahiers du Cinéma che per la prima volta si pose l’accento sull’aspetto autoriale dell’opera di Alfred Hitchcock, opera che negli Stati Uniti era considerata alla stregua del grande cinema di intrattenimento, che è pur sempre un riconoscimento ma non è certo la consacrazione ad “autore” che era stata invece riservata ad altri registi.
Probabilmente uno dei film che più rispecchia la vena autoriale di Hitch è L’uomo che sapeva troppo (1956), remake statunitense di un suo stesso film del 1934 prodotto in Inghilterra, che può vantare un cast stellare capitanato da James Stewart e Doris Day, protagonisti di una pellicola in cui il regista britannico gioca sul suo terreno preferito.
L’intreccio è tipicamente Hitchcockiano: una famiglia in vacanza in Marocco si imbatte in un complotto per uccidere un importante uomo politico, ma i cospiratori faranno di tutto per impedire ai protagonisti di interferire.
La trama ad orologeria che procede senza sosta sostiene i personaggi pensanti e mutevoli che si evolvono durante il film creando costanti e ripetuti cambi di scenario, di atteggiamento, finanche di spaesamento nello spettatore. Paradigmatico di questa evoluzione è il ruolo del Dr. Benjamin McKenna ritagliato come un abito sartoriale sulle spalle di Stewart, che passa dall’essere lo “stranger in a strange land” di Heinleniana memoria, a uomo d’azione che deve per forza di cose superare le sue paure per salvare il figlio. Ma questo è nulla rispetto alla magnificenza del ruolo riservato a Doris Day , nei panni di Jo McKenna, protagonista di alcune sequenze che rientrano a pieno titolo nell’immaginario collettivo legato alla settima arte.
In una delle scene iniziali, che lascia totalmente esterrefatti per la sensibilità con cui è girata, Doris Day canta la canzone Que Sera, Sera insieme al figlio mentre lo prepara per la notte. Spesso questi momenti delle pellicole di Hitchcock sono passati in secondo piano, schiacciati dalla sua totale, unica e incredibile maestria nel sapere creare quelle sequenze di tensione che rapiscono in maniera totalizzante lo spettatore. Ed è qui che la critica ha spesso sbagliato nei confronti dell’inglese, nel considerarlo un regista di genere, nel vederlo come un maestro della suspense, come un esploratore di alcuni campi della natura umana legati alle nostre paure più ataviche. C’è molto di più.
Hitchcock è uno dei più grandi registi di tutti i tempi non soltanto perché tecnicamente ha surclassato qualsiasi altro collega, inventando dal nulla parte del moderno linguaggio cinematografico, ma anche perché esplorando un genere ha raccontato gli altri generi e tutti i sentimenti che attraversano l’uomo e la sua natura.
L’uomo che sapeva troppo è un trattato sull’umanità, su come noi uomini reagiamo di fronte alla paura e al dolore, su come dobbiamo preservare la ragione e il raziocinio di fronte al timore della perdita e della morte. Quell’uomo che sapeva troppo è Hitchcock stesso, perché quel suo sapere immenso continua, e continuerà, ad influenzare il cinema che noi amiamo.
L’Uomo Che Sapeva Troppo: Hitchcock rigirato da Hitchcock (recensione)
James Stewart e Doris Day sono i protagonisti di un classico che dimostra come Hitchcock fosse molto più che solo un "maestro della tensione".