Il nuovo Peter Parker di Tom Holland ha quindici anni, che sono l’esatto numero di anni trascorsi da quando nel 2002 Sam Raimi definì la formula e il tono dei cine-comic contemporanei con il suo straordinario Spider-Man.
In questi tre lustri si sono alternate ben tre diverse incarnazioni del Tessiragnatele (in sei pellicole, senza contare la fugace apparizione in Captain America: Civil War) e sono troppe anche per il più vorace consumatore di cinefumetti.
Il nuovo film di Spider-Man è figlio dell’attacco hacker che la Corea del Nord fece nel 2014 ai danni della Sony Pictures Entertainment.
Dopo la deludente chiusura della trilogia Raimiana e il reboot stanco e privo di idee che aveva per protagonista Andrew Garfield, in pochi erano pronti a scommettere su un nuovo film dedicato al personaggio, almeno finché la Corea del Nord di Kim Jong-un non ordinò un attacco hacker contro la Sony Pictures per vendicarsi del film The Interview, che raccontava con toni comici l’assassinio del dittatore nord-coreano. Rendendo di pubblico dominio – tra le altre – le email private dell’allora presidentessa Amy Pascal, il Sony-Gate fece emergere i primi timidi contatti tra Bob Igers della Disney e la dirigente Sony, con cui i Marvel Studios provavano a proporre un contratto di gestione condivisa della proprietà intellettuale di Spidey. Fonti interne testimoniavano il profondo scetticismo e addirittura l’ostilità della Pascal (sotto la cui gestione la divisione cinema della Sony stava rischiando l’estinzione), ma l’accoglienza insperatamente calorosa dell’idea da parte dei fan – ansiosi di vedere il proprio eroe divenire parte del MCU – sbloccò la situazione fino a rendere possibile questo nuovo Spider-Man: Homecoming.
Ci teniamo a sottolineare che il primo film di Raimi e il suo ottimo sequel restano opere seminali per l’idea moderna di blockbuster e che Tobey Maguire rimane nei nostri cuori di spettatori, ma questo nuovo inizio di trilogia firmato da Jon Watts è al si sopra di ogni più rosea aspettativa.
Spider-Man: Homecoming è probabilmente il miglior Spider-Man di sempre, cioè quello meglio riuscito in termini cinematografici ma anche in termini di aderenza allo spirito del fumetto.
Il giovane Tom Holland e la mano talentuosa di Jon Watts riescono finalmente a restituirci un Uomo Ragno che rispecchia la sua età, inesperto e incerto davanti alla vita ma anche coraggioso e carico di entusiasmo, divertente, spensierato e immerso nella vita liceale come ogni suo coetaneo. Per mettere in opera una tale ridefinizione del personaggio cinematografico è ovviamente necessario anche un slittamento in nuovi territori filmici, e la scelta ricade su una variante della adventure teen comedy degli anni ’80.
Nonostante un evidentissimo ringiovanimento del personaggio e dei toni, constatiamo piacevolmente sorpresi che non si scade mai nelle convenzioni inflazionate e melense del genere young adult, è già questa era un’impresa pressoché impossibile da realizzare. Anzi, pur apportando una straordinaria freschezza al franchise, la sceneggiatura di Spider-Man: Homecoming è disseminata di spunti interessantissimi e molto adulti.
Le parole del cattivo interpretato da Michael Keaton offrono la vera chiave di lettura per il film, creando una distanza concettuale tra i personaggi del film e gli Avengers, un ‘noi’ che accomuna Spider-Man e il suo nemico, contrapponendoli a «loro, i ricchi e i potenti».
In Spider-Man: Homecoming non ci sono battaglie per il futuro del mondo, e anzi è evidente la scelta di una scala ridotta, che si muove tra le strade intime del Queens e una gita scolastica a Washington. Tale dimensione meno spettacolare e dispersiva è il vero punto di forza della pellicola, incentrata su persone normali che, in possesso di poteri straordinari, continuano a custodire gelosamente la propria vita di tutti i giorni. L’eroe e il suo nemico si capiscono e sono perfettamente commisurati tra loro, tanto che il villain arriverà a dire di apprezzare «quell’aria Springsteeniana da eroe della classe operaia» dell’Uomo Ragno.
L’Avvoltoio di Michael Keaton, a parere di chi scrive, è il miglior antagonista mai apparso in un film del Marvel Cinematic Universe.
Non ha il fascino di Loki, il potere di Ultron o l’ambizione di Ronan l’Accusatore, ma proprio per questo l’Avvoltoio di Michael Keaton (la cui performance è semplicemente mozzafiato) sembra un personaggio con una storia da raccontare, e non uno stereotipo sotto steroidi. Un lavoratore dai modi rozzi ma che cerca di darsi un tono, un imprenditore edile prima e un trafficante d’armi poi, il cui unico scopo è garantire un buon tenore di vita alla propria amata famiglia. «Loro, i ricchi e i potenti» sono quelli a cui non interessa se qualche scelta delle Stark Industries lascia senza lavoro degli onesti Newyorkesi, e loro, gli Avengers, non sono dei nemici da annientare ma semplicemente una ‘casta’ di fronte alla quale è legittimo reclamare la propria dignità sociale.
Un tema di grande contemporaneità che, se non completamente sviscerato, conferisce comunque a Spider-Man: Homecoming una dimensione molto più profonda di quanto non potrebbe inizialmente sembrare. Non solo l’Avvoltoio non è la solita fotocopia di un villain, ma addirittura tutte le scene di distruzione del film non sono mai diretta conseguenza delle sue azioni. L’Avvoltoio è un criminale che vuole fare i suoi loschi affari e una figura che instaura un’interazione decisamente interessante con il protagonista; non l’abusatissima entità spietata dispensatrice di morte. Non solo, vedendo il film vi renderete conto che l’Avvoltoio incarna a perfezione il peggior incubo di un quindicenne, e in tal senso lo script riserva un vero colpo da maestro.
Tom Holland è perfetto, Iron Man è presente il giusto e i giovani comprimari sono fantastici.
Il protagonista della pellicola è frutto di una scelta di casting fortunatissima, tanto da rendere credibile ogni riga del copione e da incarnare perfettamente la leggerezza mai stupida che caratterizza Peter Parker. Anche l’Iron Man/Tony Stark di Robert Downey Jr. svolge un ruolo di guida autoritaria ma premurosa di cui il protagonista ha bisogno, occupando una porzione modesta e ben soppesata del metraggio, mentre i giovani amici di Peter Parker ci raccontano finalmente il contesto sociale di un liceale, tra amicizie goffe, prime cotte e capricciose rivalità.
In conclusione Spider-Man: Homecoming è un cine-comic riuscitissimo, che con il suo mix di ironia, spensieratezza e misurata semplicità rende giustizia al personaggio principale preparando al meglio gli sviluppi futuri (aspettatevi di rivedere Donald Glover, Zendaya nonché il Michael Mando di Better Call Saul nei panni di un celebre cattivo). Una boccata d’aria fresca di cui il MCU, ormai troppo spesso incline alla ripetizione, aveva un innegabile bisogno. Ora non dovete fare altro che andare in sala a partire da giovedì 6 luglio.