Una farfalla nera tatuata sulla schiena del vagabondo Jack (Jonathan Rhys Meyers) dà il nome al nuovo film di Brian Goodman, regista e attore con un passato da galeotto, che in Black Butterfly tenta la strada del thriller psicologico utilizzando come simbolo il lepidottero e le sue interpretazioni, segno di pericolosità e delicatezza quanto legato alla psicoanalisi per il richiamo con le macchie di Rorschach.
Remake del film francese Papillon Noir di Hervè Korian, interpretato da Eric Cantona, Black Butterfly è scritto da Justin Stanley e Steve Hilts ed affronta i temi del noir psicologico dal duplice punto di vista del narratore/scrittore Paul Lopez (Antonio Banderas) e del suo antagonista, l’ex detenuto Jack.
Paul è uno scrittore di successo, in preda ad una crisi personale e professionale a causa della separazione dall’amata moglie. Costretto per necessità economiche a vendere la sua casa di campagna ingaggia l’agente immobiliare Laura (Piper Perabo), con cui intrattiene una timida liaison.
Mentre si sta recando al primo appuntamento con Laura taglia la strada ad un camionista, che arrabbiato cerca la lite nel ristorante in cui Paul è diretto. Ad evitare lo scontro è un cliente, che salva la situazione intimando al camionista di andare via. E’ Jack, un uomo in cerca di rifugio che Paul decide di ospitare in cambio di piccole opere di manutenzione, da eseguire nel cottage di campagna in cui vive.
Inizialmente i due vanno d’accordo ma Jack, un ex detenuto, dapprima gentile e accondiscendente diventa sempre più ossessionato dal lavoro di Paul, tanto da chiedergli di scrivere una sceneggiatura sulla sua vita. La situazione diventa sempre più difficile finché Paul e Jack non si troveranno faccia a faccia ad affrontare i propri demoni, in un susseguirsi di vicissitudini dai contorni noir.
Dirigere un thriller psicologico è terreno non facile da percorrere, fitto di pericoli ed insidie in cui è molto semplice cadere, specialmente se i sottolivelli sono sceneggiati in maniera approssimativa e il cast non è scelto accuratamente.
Non è il caso di Black Butterfly che riesce per un pelo a rimanere confinato nel noir senza strafare, ma anche senza eccellere. Ed è proprio in questa linea di confine che il film di Brian Goodman (regista di Boston Streets con Ethan Hawke e Mark Ruffalo) si perde, peccando di estrema semplicità e non avendo il coraggio di dotare il film della giusta tensione emotiva. Goodman riesce persino ad eliminare ogni forma di sensualità da due attori chiaramente dotati di sex appeal come Antonio Banderas e Jonathan Rhys Meyers, stretti in personaggi poco grintosi, depressi e stanchi.
L’unico ruolo femminile, interpretato da Piper Perabo è del tutto inutile, esempio di come non saper sfruttare le capacità attoriali unito alla timidezza di una sceneggiatura che non riesce a creare sentimenti di nessun tipo.
Difficile riuscire a provare qualcosa per i due protagonisti maschili, tanto neutrali quanto la sceneggiatura.
Un thriller che ha veramente poco di psicologico, con una bella ambientazione campestre e niente più, un Jonathan Rhys Meyers villain con troppa gentilezza e un Antonio Banderas affascinante ma troppo scialbo in un ruolo stimolante, ma che non funziona per colpa di un plot ingenuo e poco attento ai particolari.
Un film apatico, non privo di elementi interessanti ma dove azione, rabbia, amore e risentimento sono dosati al millesimo, quel poco di tutto che distrae e annoia. In un panorama estivo avaro di nuove uscite, comunque un’alternativa da prendere in considerazione.
Black Butterfly: Banderas torna in sala con un thriller (recensione)
Antonio Banderas ritorna sul grande schermo in una pellicola tra alti e bassi, dal 13 luglio nelle sale italiane con Notorius Pictures.