The Blackcoat’s Daughter è il titolo originale di February: L’innocenza del male, film uscito nel 2015 negli USA e portato nelle sale italiane prima (tramite la collaborazione con il circuito UCI) e in home video poi da Midnight Factory, nome più che familiare agli amanti dell’horror. La pellicola è stata proiettata al 33° Torino Film Festival nella sezione After Hours, come terza e ultima proiezione della famosa Notte Horror torinese. La collocazione al termine di una lunghissima giornata cinefila ha sicuramente penalizzato il lavoro di Osgood Perkins, che potrebbe aver trovato il pubblico della kermesse particolarmente stanco, ma in condizioni normali February è in realtà in grado di regalare spunti più che interessanti.
Il lungometraggio narra la storia di tre ragazze le cui vicende sono collegate ad un prestigioso collegio cattolico di New York: Rose, Kat e Joan, i cui nomi danno anche il titolo a ognuno dei tre atti che costituiscono la struttura equamente tripartita del film. Le prime due vivono nel collegio e a causa di alcune incomprensioni si ritrovano a dover passare le vacanze invernali da sole nell’istituto deserto, in attesa che i loro genitori le vengano a prendere. Joan invece ci viene presentata durante il tentativo di fuga da un ospedale e in cerca di un posto sicuro dove andare. Le loro storie, apparentemente slegate, si uniranno grazie al filo conduttore della possessione e al tema centrale della solitudine.
Il film è sia scritto che diretto da Oz Perkins e musicato dal fratello Elvis, entrambi figli del ben più famoso Anthony, volto indimenticabile del Norman Bates di Hitchcockiana memoria. Per valutare February è impossibile non distinguere il lato tecnico dal lato narrativo: se infatti il comparto tecnico ci consegna una fattura pregevolissima – che si distingue per movimenti di macchina, montaggio e composizione dell’immagine– e le tre giovani attrici – tra cui spicca Emma Roberts – vantano un grande talento interpretativo, è il lato narrativo a mostrare qualche debolezza.
L’inizio della pellicola sembra in realtà piuttosto ostico, con una regia che indugia lenta sui dettagli mentre un susseguirsi di balzi temporali disorienta lo spettatore. Se quell’Hitchcock che diresse il padre del regista sosteneva che in un buon thriller debba proporre un plot twist dopo una ventina di minuti dall’inizio, Perkins sembra di tutt’altro avviso e rimanda quel momento quasi alla fine della pellicola. Il percorso che porta a quel momento richiede quasi un atto di fede allo spettatore, in cui si insinua il dubbio che al curatissimo formalismo corrisponda un’inconsistenza di fondo, ma fortunatamente la conclusione della storia rifugge ogni sfiducia dimostrando che delle idee ben concrete c’erano, e che la loro procrastinazione faceva parte dei piani del cineasta.
February è probabilmente uno degli horror più controversi degli ultimi tempi, perché nonostante sembri eccedere in omaggi e rimandi (il pensiero corre facilmente a Donnie Darko e a Lords of Salem) in realtà innova, con una messa in scena e una riflessione di fondo sulla solitudine dell’essere umano che di certo non è comune alle pellicole del terrore. February racconta l’attesa e richiede l’attesa: chi accetterà di stare alle sue regole non potrà che rimanere decisamente soddisfatto.
In blu-ray February: un campus deserto tra attesa e terrore (recensione)
Di Matteo Brega
Midnight Factory porta in home video un horror decisamente sui generis, presentato al Torino Film Festival.