Camminando per l’Hollywood’s Walk of Fame, troverete i nomi delle star più famose del cinema e dello spettacolo: da miti moderni come Brad Pitt e Johnny Depp a leggende come Marlon Brando, Hitchcock e Kubrick. Tuttavia, Hollywood non celebra le star come persone, ma in quanto personaggi, figure o, più accuratamente, mostri sacri dell’industria cinematografica, ed è proprio per questo motivo che fra quei nomi così altisonanti ed umani non è poi così strano trovare anche quello di una creatura distruttiva che è ormai parte dell’immaginario collettivo moderno: il temibile Godzilla.
Chi l’avrebbe mai detto che un pupazzo di gomma creato per calpestare edifici in miniatura sarebbe diventato una delle più grandi icone del cinema? In realtà, dietro alle rughe in lattice del costume originale si nascondeva ben più di quello per cui gli diamo credito oggi.
Godzilla non nasce come mera forma di intrattenimento per gli amanti della fantascienza e di creature gargantuesche, ma piuttosto come una rielaborazione pop dei timori legati all’atomica, come avvertimento dell’inarrestabilità della natura rispetto al delirio di onnipotenza dell’uomo moderno e come fotografia di un Giappone che doveva esorcizzare il proprio dolore, dopo esser stato messo in ginocchio dalle bombe Little Boy e Fat Man sganciate su Hiroshima e Nagasaki nove anni prima.
Gojira (come lo chiamano nel Sol Levante) è un’aberrazione della natura, un’incarnazione ambulante del fallout radioattivo simbolo dell’uso irresponsabile della scienza e del sonno della ragione: una creatura terrificante in grado ancora oggi di farci rabbrividire con il suo ruggito (ottenuto sfregando la corda di un contrabbasso con un guanto coperto di resina di pino) ed il suo aspetto, ispirato tanto dalla natura quanto alle cicatrici cheloidi dei sopravvissuti alle bombe atomiche.
Con gli anni però, il re dei mostri ha subito innumerevoli trasformazioni, non tanto nell’aspetto (mutato per dargli, a seconda della situazione, delle sembianze più mansuete o più feroci) quanto nel suo valore simbolico. Da reincarnazione fisica della follia umana, Godzilla è presto diventato un animale da circo, utile solo ad intrattenere il pubblico con i suoi movimenti coreografati in delle storie semplici e senza troppe pretese. Non fraintendeteci, non c’è niente di male in della sana mindless action (come dicono gli anglofoni), ma è innegabile che questa perdita del suo valore originale abbia col tempo distorto la figura del primo kaiju, facendoci dimenticare il suo messaggio originario in un’infinità di sequel. C’è da dire che i remake americani sicuramente non hanno contribuito in alcun modo ad un ritorno alle origini della creatura: dopo un primo tentativo che spostava vigliaccamente l’influenza del nucleare delle bombe americane ai test sulla Polinesia francese, ed un secondo reboot che, pur rimanendo una pellicola molto valida ed ottimamente girata, citava solo vagamente i concetti dell’originale, per molti, la speranza di vedere di nuovo un Godzilla old school, sembrava svanita.
Tuttavia, in un’epoca post-nostalgica come la nostra, zeppa di reboot, reintepretazioni e richiami culturali di ogni genere, finalmente, la Toho annuncia di voler creare una nuova era di film su Godzilla (la quarta), e decide di cominciare con un vero e proprio remake dell’originale ambientato ai giorni nostri come risposta alla sua controparte americana (come la terza era fu una risposta al Godzilla di Roland Emmerich del 1998, da molti ribattezzato “Zilla”). È così che nel 2016, per la regia di Hideaki Anno (il genio dietro l’anime Evangelion) nelle sale nipponiche, esce Shin Godzilla, distribuito in Italia un anno dopo dalla Stardust.
Nel Giappone moderno, una cultura che si è lasciata alla spalle la decadenza del dopoguerra sostituendola con un’industrializzazione massiva, la vita dei cittadini segue ormai un ritmo frenetico, scandito dagli incessanti tocchi delle lancette e dai faldoni di una burocrazia severissima. In un mondo del genere, ogni azione deve essere calcolata, ogni scelta ponderata ed autorizzata, niente va lasciato al caso, ed i fattori stocastici non intaccano in alcun modo la vita di tutti i giorni. Cosa accade quando una cultura del genere, così lontana dai suoi albori, incontra un pericolo proveniente dal mare? Una creatura inarrestabile e la cui sola esistenza sembra deviare ogni logica a lei tanto cara?
Attraverso una spietata e ponderata critica sull’organizzazione moderna del Giappone, Anno crea un Godzilla molto fedele a quello originale, ma che tuttavia trova nella sua modernità una nuova chiave di lettura, incentrandosi sempre sulle responsabilità dell’uomo, ma da un punto di vista più personale e diretto piuttosto che riproporre la solita morale sul rispetto per la natura e per il nostro pianeta, che comunque non abbandona mai la pellicola, fungendo quasi da rumore di fondo.
Muovendosi su un plot apparentemente monodimensionale ma con diversi spunti di riflessione e colpi di genio nella costruzione di questo nuovo Godzilla e del suo effetto sul mondo, Shin Godzilla crea un film affascinante e totalmente nuovo, che abbraccia i canoni della prima pellicola pur muovendosi indipendentemente sulla sua strada. Visto sotto questa ottica, Shin Godzilla sembra un film originale, coinvolgente ed affascinante, tuttavia, in realtà questo monster movie presenta molti difetti sia a livello stilistico che nella sua costruzione.
La pellicola è in realtà una gigantesca parodia della burocrazia e della politica nipponica, e della loro incapacità nel saper affrontare minacce reali, concettualmente lontanissime dai propri uffici ovattati. Se questa componente grottesca presenta un enorme fascino, è anche vero che costringe la pellicola a seguire degli iter lunghi e tediosi, che occupano la maggior parte del film senza lasciare spazio per l’azione.
Che Godzilla non debba essere continuamente presente nelle proprie pellicole non è una novità, era così per l’originale come per il remake americano del 2014, eppure, in alcuni momenti del film è facile abbandonarsi a degli sbadigli di noia martellati da un ritmo spesso troppo lento e dei dialoghi soporiferi.
Nonostante questo, le forse troppo poche scene d’azione riescono sempre a risollevare il ritmo del film, grazie a combattimenti e scenari apocalittici ideati magistralmente e realizzati con un’unione di CGI (non sempre all’altezza ma ottimamente diretta) e di una fantastica suitmotion, la stessa che ha caratterizzato tutti i film di Godzilla fin’ora. In quest’ultime troviamo quello che forse è, esteticamente parlando, il miglior Godzilla mai realizzato. Dalla cura dei dettagli anatomici, alla costruzione di elementi nuovi che fungono da perni narrativi aggiunti sul significato della creatura, al ritorno dell’aspetto post-nucleare con la realizzazione di una pelle martoriata dalle piaghe e dalle cicatrici radioattive, quest’ultima incarnazione del re dei mostri sembra più che mai affascinante e geniale, per merito anche alle sue metamorfosi, anch’esse ulteriore chiave di lettura dello shift da comico a drammatico del tono del film, ma che purtroppo non sempre convincono del tutto (sopratutto durante il passaggio da uno stadio all’altro).
Per quanto riguarda le performance degli attori, c’è da dire che nessuna di quest’ultime riesce a rimanere impressa nella mente dello spettatore, a causa della bidimensionalità dei loro ruoli, funzionali solo allo svolgimento della trama e alla rappresentazione dei temi del film, ma che presi singolarmente risultano dimenticabili.
In definitiva, Shin Godzilla potrà non essere il film adatto agli amanti dell’azione, ne per chi non ha alcun interesse per le critiche alla società giapponese, ma rimane un’opera affascinante, nuova pur essendo la più vicina spiritualmente a quella del ’54 e ricca di dettagli geniali, scene mozzafiato e con uno dei migliori Godzilla di sempre.
Dopo il grande successo della release limitata del 3, 4 e 5 luglio, Shin Godzilla tornerà in sala per un’ultima apparizione sui nostri grandi schermi il 25 luglio, in un numero limitatissimo di sale.
Shin Godzilla: il Giappone si riappropria del re dei mostri (recensione)
Dopo il successo del 3, 4 e 5 luglio, torna in sala per un solo giorno la nuova pellicola sul mostro che terrorizza il Sol Levante.