Friends from college è una nuova serie comedy, otto episodi da trenta minuti l’uno, che è approdata su Netflix il 14 luglio scorso.
La trama, in breve: sei amici, ex studenti di Harvard, si ritrovano a distanza di molti anni (una ventina) a vivere nella stessa città, l’immensa New York. Quasi tutto diventa il pretesto per una reunion: un compleanno, uno spettacolo teatrale, una gita fuori porta… peccato che, in quei vent’anni di lontananza, alcune cose siano cambiate irreversibilmente mentre altre, probabilmente le più “pericolose”, non siano cambiate affatto.
Il protagonista tecnico di questo racconto è Ethan, funny Ethan, interpretato da Keegan-Michael Key (molto, molto bravo questo Keegan, che è anche la voce di Sebastian St. Clair, BoJack Horseman). Sua moglie nonché ex compagna di studi (e quindi pienamente parte dei magnifici sei) è Lisa, interpretata da Cobie Smulders (Robin, di How I met your mother). E poi ci sono Sam, Marianne, Nick e Max. Tre maschietti e tre femminucce, come nella migliore delle tradizioni (parliamo di Friends).
Di fronte a un format del genere viene da chiedersi come sarebbero oggi Friends, New Girl o How I met you mother e – perché no – si lancia un pensiero anche a gioiellini più recenti come Master of None.
L’argomento è la midlife, quel mezzo del cammin di nostra vita in cui stiamo compiendo quarant’anni e ci sentiamo schiacciati dall’idea di aver usato già metà (se non di più, santo cielo) del tempo che abbiamo a disposizione su questa terra. Si parla di infertilità (e di menopausa), di seconde nozze, di infedeltà, di lavoro (ancora) precario. Si parla dei vecchi tempi, che sembrano leopardianamente più felici solo perché si avevano ancora tutte le opzioni a disposizione. E sullo schermo troviamo sei personaggi che nei vent’anni trascorsi non sono cambiati granché (leggi cresciuti). “Patetici” li definisce John (il marito di Sam, interpretato da Greg Germann, Ally McBeal). Patetici perché indubbiamente, per chi sa far pace col tempo che passa, un ventenne nel corpo di un quarantenne non può che evocare la tristezza di un animale in gabbia.
A qualcosa, però, saranno serviti questi anni di lontananza, o no? Certo, sono serviti a insinuare nei protagonisti il terrore del fallimento e – di conseguenza – il tarlo dell’invidia mai manifesta; sono serviti a stendere un velo di rassegnazione sulle loro vite, un velo che la rinnovata giovinezza portata dal gruppo potrebbe squarciare improvvisamente. Quando ci troveremo di fronte a due donne, amiche tra di loro, che parteggiano una per la fedeltà a tutti i costi e l’altra per l’amore a tutti i costi, da che parte ci schiereremo?
I creatori della serie, Nicholas Stoller e Francesca Delbanco, si sono conosciuti a un laboratorio di drammaturgia per i laureati di Harvard, si sono piaciuti, si sono sposati. E poi hanno scritto insieme Friends from college. Non si può certo dire, quindi, che non sappiano di cosa stanno parlando.
Tuttavia la serie non decolla davvero, c’è qualcosa che stride e opacizza il racconto, e la comedy è relegata ad alcuni sketch forzatamente comici, a volte grotteschi (come la scena della rappresentazione teatrale, nella seconda puntata).
L’intera prima stagione dura quattro ore in totale, non è uno sforzo guardarla e il play automatico di Netflix rende tutto più semplice. Ma ci si domanda se queste otto puntate siano sufficientemente coinvolgenti da farci aspettare la prossima stagione. C’è tanta offerta, su Netflix come su altre piattaforme, creare addiction ormai è sempre più difficile.
In questa nuova comedy non c’è la brillantezza che Aziz Ansari ci ha regalato con Master of None, né la leggerezza che attraversa tutte le stagioni di Friends. E non ci sono nemmeno personaggi memorabili come Barney Stinson – teniamo a mente che Barney, tra l’altro, non è nemmeno il protagonista di How I met your mother. Chi si ricorderà della povera Marianne fra qualche mese?
Friends From College: la nuova serie Netflix con Cobie Smulders (recensione)
Un cast proveniente da How I Met Your Mother, BoJack Horseman e Ally McBeal racconta la vita di un gruppo di quarantenni, ma il risultato è debole.