La CG Entertainment, sempre attenta alle esigenze dei cinefili, questa volta regala agli appassionati una vera e propria chicca: la collezione in DVD di alcuni dei capolavori del regista giapponese Seijun Suzuki. Il cofanetto, che contiene cinque film cult del grande cineasta (Ufficio Investigativo 23: crepate bastardi, La Giovinezza di una Belva Umana, The Woman Sharper, Elogio della Lotta e Tokyo Drifter), rappresenta un’ottima opportunità per avvicinarsi a uno dei registi più visionari e importanti del cinema nipponico.
Con Tokyo Drifter (1966) la vena creativa di Seijun Suzuki è definitivamente esplosa portando il regista alla radicale destrutturazione del cinema di genere nonostante le ripetute limitazioni impostegli dalla produzione. La trama è questa: Tetsuya e il suo boss Kurata si sono lasciati alle spalle il mondo della Yakuza. Il boss, dopo aver smantellato il clan, è rientrato nel mondo degli affari legali e Tetsuya continua a rimanergli fedele, rifiutando anche l’offerta di collaborazione del clan rivale Otsuka, che ha in progetto di mettere le mani sull’attività di Kurata. Otsuka decide quindi di liberarsi di lui, ma il suo ex boss gli intima di lasciare Tokyo e di diventare un vagabondo per salvarsi la vita. Un tempo riconoscente per la sua estrema lealtà, Kurata viene convinto da Otsuka ad eliminare Tetsuya in quanto possibile ostacolo per la sua nuova attività. L’uomo si vede quindi costretto ad abbandonare la città e la donna che ama con la consapevolezza di non avere alleati ma solo potenziali nemici.
Sarebbe stato bello vedere le espressioni dei capi della Nikkatsu il giorno in cui, dopo l’ennesimo tentativo di tagliare i fondi ai film di Suzuki, si sono ritrovati di fronte a Tokyo Drifter. Suzuki evidentemente prese gli ammonimenti della sua casa di produzione come una sfida e grazie all’aiuto dello scenografo e art director Takeo Kumura realizzò uno dei più grandi film giapponesi degli anni ’60, anticipando per certi versi le estremizzazioni messe in campo dalla Nuberu Bagu nel decennio successivo. Tokyo Drifter è il film che più di tutti tenta di sbriciolare i canoni e l’immaginario dello Yakuza Movie, mettendo in scena una vicenda estremamente colorata e fortemente influenzata dalla cultura pop di quegli anni. Suzuki contrappone ai classici toni cupi e noir dello Yakuza Eiga scenografie surreali, ipersaturate e fluorescenti operando, come già visto in Youth of the Beast, uno studio approfondito sul colore. Ogni singolo fotogramma di Tokyo Drifter mette in mostra una scala cromatica ragionata e sempre ben calibrata; ogni ambientazione è estremamente piacevole da guardare perché al suo interno non c’è nulla che stoni rispetto al contesto, assemblato con una minuzia incredibile. La pellicola contrappone una trama lineare e piuttosto canonica ad una messa in scena creativa e personale, fatta di movimenti di macchina ampi e quasi acrobatici, senza però andare nel campo della sperimentazione pura come succede invece in Elogia della Lotta o La Farfalla sul Mirino. Le immagini di una Tokyo colorata e pop si mescolano alla colonna sonora per fare da sfondo ad un film che parte dallo yakuza eiga più classico per mescolarsi al western strizzando l’occhio in più occasioni al musical, in un contesto culturale comunque non favorevole alla presenza degli americani sul suolo giapponese, come dimostra la rissa nel saloon tra giapponesi e soldati della marina statunitense. Con Tokyo Drifter Suzuki ha anticipato di quasi trent’anni le tematiche tanto care a registi come Kitano e Tarantino, ma in particolare al metodo lavorativo anarchico di uno dei più grandi interpreti del B-Movie contemporaneo come Takashi Miike, che alla luce di quanto visto in Tokyo Drifter si classifica come l’erede designato di Suzuki. Come già detto, la sceneggiatura non è particolarmente accattivante, anzi sembra proprio che Suzuki abbia trovato campo libero per aprirsi alla sperimentazione estetica proprio grazie al fatto di avere tra le mani una scrittura scarna e piuttosto lineare, che viene così potenziata dall’estro visivo del regista. Tokyo Drifter si classifica in assoluto come il film più riuscito del regista, che mai come in questo caso è riuscito a bilanciare l’avanguardia con l’intrattenimento, senza sfociare nella sperimentazione pura e semplice che per molti spettatori può risultare in un’esperienza non troppo gratificante.
Il cinema moderno passa inevitabilmente da qui e questo, seppur in ritardo, va riconosciuto di diritto a Suzuki.
Tokyo Drifter – In DVD il film cult di Seijun Suzuki (recensione)
Grazie alla CG Entertainment è finalmente disponibile in home video lo Yakuza movie di uno dei più grandi esponenti del cinema di genere nipponico.