Dopo Tokyo Drifter e The Woman Sharper, continua la nostra analisi dei titoli contenuti nel cofanetto DVD Collezione Seijun Suzuki, recentemente distribuito da CG Entertainment: questa volta ci soffermiamo su La Giovinezza di una Belva Umana, pellicola noir del 1963. Tra i film girati da Suzuki negli anni ’60, La Giovinezza di una Belva Umana è forse quello più ordinario: siamo di fronte infatti ad uno Yakuza movie duro e puro in una delle sue forme più classiche che non si abbandona alla sperimentazione tecnica ma che punta tutto su una sceneggiatura solida e su un abbondante uso della violenza.
Il film racconta la storia di Jo Mizuno (interpretato dal solito Jo Shishido), un uomo che compare dai bassifondi di Tokyo e intavola trattative con due clan rivali. Jo è un uomo estremamente violento e astuto, per questo riesce ad infiltrarsi segretamente in entrambi i clan ma la verità è che il nostro protagonista è un ex poliziotto sulle tracce dei criminali che hanno ucciso un suo vecchio amico e collega. Per riuscire a trovare il colpevole dell’omicidio, Jo senza alcuno scrupolo scatena una violenta e sanguinosa guerra tra bande rivali, mantenendo però un basso profilo per via del fatto che la polizia non è a conoscenza delle sue reali intenzioni.
Nel tracciare una monografia su Seijun Suzuki molti hanno indicato La Giovinezza di una Belva Umana come il primo vero punto di svolta nella sua carriera registica ed è evidente come da qui il regista nipponico abbia cominciato a sviluppare i tratti più sperimentali e personali del proprio cinema. La Giovinezza di una Belva Umana non è un film particolarmente audace nell’analisi della grammatica del cinema (di certo non ai livelli di Elegia della Lotta o La Farfalla sul Mirino), eppure è ben chiaro un approccio più ragionato allo Yakuza movie rispetto alla sterminata produzione di pellicole di serie B prodotte in precedenza. A saltare subito all’occhio è la grandissima cura al comparto visivo: Suzuki sembra aver compiuto un vero e proprio studio dei colori presenti in ogni singola inquadratura, caratterizzando ogni fotogramma con tonalità sempre concordanti tra loro, spesso molto calde, tra abiti ed ambienti; ci sono addirittura delle scene in cui il fumo proveniente da una miccia accesa di dinamite è di colore rossastro per intonarsi all’ambientazione terrosa circostante. C’è un evidente interesse anche per la composizione degli ambienti, soprattutto gli interni, che spesso diventano veri e propri protagonisti dell’azione e che vengono continuamente esplorati con veloci carrellate laterali atte a svelarli nella loro interezza: sembra quasi che il regista abbia voluto fare una sorta di “anatomia dei bassifondi”, sezionando e mostrando al pubblico night club, ville di mafiosi, cinema e strade da ogni prospettiva possibile. Come già detto però, La Giovinezza di una Belva Umana non è un film che punta a sorprendere lo spettatore per colpire, tutto il contrario; resta molto legato al mondo dei B-movies ed essendo uno Yakuza Eiga in piena regola mette in mostra ciò che si chiede solitamente ad una pellicola che rientra in questo particolare genere ovvero un solido script. Tutti gli avvenimenti, al contrario di quello che sarebbe successo nei film successivi del regista, sono ben chiari e giustificati ma sono soprattutto i plot-twist che si susseguono in continuazione nella seconda metà a renderlo estremamente valido ed interessante; Shishido offre inoltre una delle sue migliori prove attoriali alle dipendenze di Suzuki. Pur non essendo un film troppo sopra le righe, La Giovinezza di una Belva Umana è un prodotto molto utile per comprendere al meglio l’evoluzione di un regista capace di colpi di testa e prese di posizione artistiche radicali e senza limiti di alcun tipo, un cineasta che si è sempre sentito libero di rapportarsi con il cinema industriale in maniera creativa e personale.
La Giovinezza di una Belva Umana: in DVD il noir firmato Seijun Suzuki (recensione)
La pellicola del 1963 è il primo ovvero punto di svolta del grande cineasta di genere Suijun Suzuki.