Il Clone Club chiude definitivamente i battenti: con l’episodio To Right the Wrongs of Many si conclude l’avventura di Orphan Black, la serie di punta dell’emittente BBC America (in Italia le prime quattro stagioni sono disponibili su Netflix) che ha fatto conoscere al mondo il talento cristallino dell’attrice canadese Tatiana Maslany, capace di interpretare una decina di personaggi diversi all’interno dello show (non per niente ha vinto lo scorso anno l’Emmy nella categoria Best Actress).
Nella quinta e ultima stagione l’attenzione è concentrata sulla resa dei conti finale tra i cloni e la Neoluzione.
Sarah Manning e le altre ragazze devono far fronte ad un nuovo pericolo: il capo della Neoluzione, P.T. Westmorland (Stephen McHattie), minaccia la loro tranquillità per il proprio tornaconto personale, con la complicità del clone “cattivo” Rachel. Ben presto però la donna si renderà conto del grosso errore che sta commettendo (anche lei è vittima di quel meccanismo) e il suo ruolo sarà decisivo nel rovesciare questo potere occulto e capillare.
La final season è la degna conclusione di una serie che, fra alti e bassi, si è sempre distinta per la sua originalità e il suo dinamismo.
Graeme Manson e John Fawcett, creatori di Orphan Black, hanno fatto tesoro degli errori commessi in passato (in particolar modo nella terza annata, la peggiore del prodotto di BBC America) e, sulla scia di quanto già fatto vedere nella seconda parte della scorsa stagione, è la sceneggiatura a beneficiarne maggiormente: dovendo necessariamente chiudere tutte le storylines, gli autori hanno reso lo script più lineare e meno confusionario, dando respiro ad una narrazione che, nei momenti più bassi della storia di Orphan Black, sembrava essersi arenata per la quantità impressionante di personaggi e sottotrame da gestire. Certo, la sensazione di assistere al Tatiana Maslany Show (senza uno sviluppo concreto dei personaggi secondari) è sempre molto forte ma nelle dieci puntate conclusive la storia procede in maniera chiara, con un villain degno di questo nome (ottimo il lavoro di Stephen McHattie) e continui plot twist che ci conducono ad un finale capace di soddisfare tutti i fan.
Dopo quattro anni di onorato servizio, Orphan Black ha meritatamente conquistato un posto nel cuore degli appassionati di serie TV.
Pur non essendo un capolavoro, Orphan Black è da sempre una serie apprezzata dalla critica e molto amata dal pubblico di tutto il mondo. Qual è stato il segreto del suo successo planetario? Innanzitutto la sua star: Tatiana Maslany è davvero un’attrice superlativa, le sue interpretazioni (il plurale qui è d’obbligo) non hanno eguali nella storia della televisione; non c’è alcun dubbio sul fatto che la giovane canadese farà una grande carriera, dato che Hollywood ha cominciato seriamente a prenderla in considerazione (sarà protagonista, assieme a Jake Gyllenhaal, del film biografico Stronger). Un altro grande pregio della serie è quello di aver messo subito in chiaro, fin dalla prima stagione, le proprie intenzioni: Orphan Black è un prodotto di intrattenimento puro che non pretende di fare critica sociale, non vuole riscrivere le regole del suo genere di riferimento (quello del thriller fantascientifico) e non nasconde le sue imperfezioni, ecco perché si tende a chiudere un occhio sui suoi difetti e su alcune forzature nello script; il pubblico sa che il fiore all’occhiello di BBC America non è la miglior serie in circolazione ma ha sempre premiato la coerenza e l’indubbio valore televisivo della creatura di Manson e Fawcett.
Ovviamente quando una serie TV si conclude è sempre un momento triste per gli appassionati ma, da un certo punto di vista, cinque stagioni sono la durata di vita perfetta per uno show e Orphan Black ha avuto la fortuna di non subire lo stesso trattamento di alcuni prodotti che, in nome del mero ascolto, sono andati avanti per troppo tempo a scapito della qualità.