Mercoledì 30 agosto partirà finalmente la 74. Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, inaugurando la stagione dei premi 2017/2018. La storia ci insegna che negli ultimi anni dalla Laguna sono passati alcuni dei prodotti cinematografici di maggior richiamo, da Gravity a La La Land passando per film come Spotlight, Arrival o, parlando di serie TV, l’anteprima fuori concorso di The Young Pope.
Con Berlino che mano mano sta scomparendo dalla mappa dei festival più importanti, con le rassegne americane del Sundance o Telluride che stanno salendo rapidamente nelle gerarchie (Manchester By The Sea e Moonlight sono state presentate proprio in queste due kermesse) e con Cannes che assorbe gran parte del cinema d’autore, garantendo ogni anno nomi altisonanti (a livello di giuria e di concorso) per ottenere visibilità, la mostra diretta da Alberto Barbera si trova in una posizione a dir poco particolare.
In ogni edizione del Festival di Venezia, soprattutto da quando è in carica l’attuale direttore artistico, si ripete lo stesso mantra non condiviso da tutti i cinefili e intellettuali: “non c’è più distinzione tra cinema commerciale e cinema d’autore”; da qualche tempo a questa parte la Laguna è diventata un porto sicuro per le produzioni hollywoodiane, le quali si assicurano una sorta di legittimità artistica. Fino a pochi anni fa film come Arrival, La La Land, Birdman o Gravity non avrebbero ricevuto l’accoglienza calorosa che ricevono oggi; La Biennale Cinema ha garantito loro un posto nell’Olimpo del “nuovo” cinema d’autore, quello che annovera registi come Chazelle, Cuaron o Villeneuve.
Sulla scorta di questi dati possiamo notare come, nelle ultime edizioni, gli autori europei importanti abbiano snobbato la Laguna per accasarsi a Cannes; la conseguenza di ciò, nel bene e nel male, è che nelle sale del festival italiano per eccellenza arrivano più o meno due tipologie di film: quella che comprende le cosiddette “scommesse”, ovvero pellicole di registi poco famosi, al secondo film o addirittura al debutto (l’anno scorso, per esempio, la scommessa positiva fu La Región Salvaje di Amat Escalante mentre The Bad Batch fu la nota stonata), e quella appena citata del nuovo cinema d’autore, con le star in primo piano e dal sicuro successo al botteghino, nonostante una qualità nettamente superiore rispetto alle medie pellicole hollywoodiane.
La 74. Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia procede nel segno della continuità, presentando in anteprima mondiale un mix tra film americani e lungometraggi provenienti da tutto il mondo.
Fra i film più attesi troviamo la favola di Guillermo del Toro The Shape of Water (dal trailer molto promettente) che vede come protagonisti attori come Michael Shannon, Sally Hawkins e Octavia Spencer: una storia di solitudine ed amicizia, ambientata sullo sfondo della guerra Fredda, un racconto fantastico all’interno di una cornice politica proprio come La Spina Del Diavolo o Il Labirinto Del Fauno (pellicole ambientate durante il sanguinoso periodo franchista). Pacific Rim e Crimson Peak hanno diviso i fan, sarà questa l’occasione per metterli tutti d’accordo?
Un altro artista che adora dividere è Darren Aronofsky, forte di una carriera costellata da successi come Il Cigno Nero o The Wrestler (con il quale ha vinto un Leone d’Oro), da film diventati veri e propri cult come Pi Greco – Il Teorema Del Delirio o Requiem For A Dream ma anche da opere passate in sordina come Noah o L’Albero Della Vita. Le notizie della sua relazione con Jennifer Lawrence tuttavia rendono Mother! probabilmente il film più atteso della Mostra: dopo un lungo periodo di pausa, il regista americano potrebbe tornare a ricevere una nomination agli Oscar.
Le ultime due importanti pellicole americane sono Suburbicon e Downsizing, il film d’apertura di questa edizione. Ci troviamo dinanzi a due dark comedies, opere legate al genere dell’assurdo: la prima è diretta da George Clooney, su un copione scritto dai fratelli Coen; la seconda è un film di Alexander Payne, regista del bellissimo Sideways e del plurinominato Paradiso Amaro. Li abbiamo messi insieme poiché non condividono solo lo stesso genere ma anche il protagonista, quel Matt Damon che lo scorso anno è rimasto dietro le quinte (ottenendo riconoscimenti come produttore di Manchester by the Sea) ed è pronto a tornare alla ribalta in questa nuova stagione di premi.
Per le altre opere anglofone in concorso si può parlare ufficialmente di scommesse.
Sarà presente Andrew Haigh, regista e sceneggiatore salito alla ribalta prima con Weekend, un piccolo film indipendente che raccontava la storia di un weekend di amore fra due uomini, e poi con 45 Anni. Qui presenta una pellicola tratta da un romanzo, Lean on Pete, nel quale unisce le forze di attori del calibro di Buscemi, Anthony Mann e Chloë Sevigny. Haigh, nonostante la sua ristretta filmografia, è un autore dalla voce potente, chiara e originale: un outsider da non sottovalutare.
Gli altri due artisti che prendiamo in considerazione sono invece autentiche leggende, colonne portanti della storia del cinema americano: Paul Schrader e Frederick Wiseman. Paul Schrader, nell’ultima parte della sua carriera, ha virato verso una forma di cinema più sperimentale e oscura, indigesta al grande pubblico e destinata a dividere diametralmente anche gli appassionati. Leggendo la trama di First Reformed, la sua ultima fatica, è facile credere che non sarà una pellicola per tutti.
Frederick Wiseman è uno dei più grandi documentaristi della storia del cinema mondiale. A lui è stato consegnato un Leone alla carriera ed un Oscar onorario, a coronamento di carriera che dura da oltre 50 anni: il suo nuovo film, Ex Libris – The New York Public Library, documentario sulla biblioteca della Grande Mela, si aggira attorno ai duecento minuti di durata (circa tre ore e venti).
Fra questi grandi nomi rischiamo di scordarci altri ottimi registi: Martin McDonagh, regista del cult In Bruges, approda in concorso alla 74. Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, a cinque anni dal poco fortunato 7 Psicopatici. Ritornano inoltre Abdellatif Kechiche e Samuel Maoz; il primo, regista del discusso La Vita di Adele, si presenta con un coming of age dal titolo provvisorio Mektoub, My Love: Canto uno, mentre il secondo, già vincitore del Leone d’Oro con il bellissimo Lebanon, arriva in Laguna con Foxtrot.
Degni di nota sono poi i due più importanti esordi presenti all’interno del concorso di quest’anno: si tratta di due opere prime estremamente diverse fra di loro. La prima è Human Flow, documentario sull’immigrazione diretto da un grande artista come Ai Weiwei, peraltro autore negli ultimi anni di diverse opere legate al tema (come la Refugee Boat installata alla galleria nazionale di Praga); la seconda è del regista esordiente Xavier Legrand, il quale, con il suo Jusqu’à La Garde, vuole raccontare un matrimonio distrutto e l’amara battaglia fra due genitori per la custodia del figlio.
Ovviamente saranno attesi anche i film italiani presenti nelle varie sezioni: Nico, 1988 aprirà il concorso di Orizzonti mentre il secondo film di Andrea Pallaoro, Hannah, sarà in concorso insieme al primo film in lingua inglese di Paolo Virzì, The Leisure Seeker. Fra gli outsider italiani in concorso non possiamo non citare la nuova fatica dei Manetti Bros., Ammore e Malavita, e il film di Sebastiano Riso Una Famiglia, con protagonista Micaela Ramazzotti.
Venezia 74: cosa aspettarsi da questa edizione?
Il 30 agosto partirà ufficialmente la Mostra del Cinema di Venezia: diamo un primo sguardo alle opere presenti in concorso.