Che l’horror, inteso come genere puramente cinematografico, viva di cliché e stereotipi è cosa ormai assodata ma è esattamente il modo in cui questi vengono gestiti, integrati e rimescolati nell’impianto narrativo del film che può rendere una banale storia di fantasmi, possessioni demoniache o quant’altro il genere abbia da offrire, un’opera fresca, ingegnosa e fors’anche (ma molto più raramente) inquietante. Il lavoro di Sean Byrne – distribuitoci ancora una volta dalla Koch Media, sotto etichetta Midnight Factory – in effetti è uno degli esempi più fulgidi di quanto detto finora. Un horror demoniaco tra i più interessanti dell’ultimo periodo, che ricorre ad un immaginario letterario e artistico di certa cultura europea per affrontare la tematica del sacrificio, inteso in senso figurato e letterale.
Siamo in una zona non meglio precisata della countryside americana dove un pittore e la sua famiglia decidono di acquistare la casa dei loro sogni il cui prezzo è sceso a causa dell’oscuro passato che avvolge la proprietà. Come succede spesso in questi casi l’idillio iniziale si trasforma ben presto in un terribile incubo, quando uno strano sibilo, un sussurro sinistro e seducente, incomincia a insinuarsi nella mente di Jesse, l’amorevole padre di famiglia, e lo induce a rappresentare su tela immagini inquietanti e disturbanti del maligno in una sorta di trance. Nel frattempo il figlio dei vecchi proprietari, un omone dalla mente alquanto instabile, si presenta alla porta di casa e per la famiglia di Jesse le cose inizieranno a prendere una piega inaspettata e pericolosa.
Presentato al Toronto Film Festival nel 2015, il secondo lungometraggio di Sean Byrne sembra quindi riproporre l‘impostazione piuttosto tradizionale degli horror con case infestate come Amityville Horror o i recenti di James Wan, ma è principalmente nella caratterizzazione dei personaggi e nel modo in cui i medesimi si confrontano tra loro che The Devil’s Candy si rivela essere un film dell’orrore atipico, virante su tinte thriller e che funziona su diversi piani narrativi. Perché se in un primo momento è la componente horror a farla da padrone, nel prosieguo della trama ciò che ne emerge non sono altro che i disguidi coniugali, le incomprensione tra un padre e una figlia, i fragili legami di una famiglia insomma messi a dura prova da un evento imprevedibile e inconsueto. E Il male che nel film assume una connotazione spirituale e concreta, in realtà è come se fosse già presente nell’anima di coloro che possono e vogliono abbracciarlo; aspetta solo di essere risvegliato. In questo senso è la figura di Jesse (interpretato da Ethan Embry) a risultare emblematica: capelli lunghi castani che ricadono sulle spalle, barba incolta e fisico scarno e asciutto rimandano senz’altro all’iconografia classica del cristo redentore (Jesse/Jesus), ma le sue azioni sono tutt’altro che divine o giuste. Attratto dai ruggiti luciferini annidatisi nella nuova casa, come un moderno Faust di goethiana memoria propenderà inconsapevolmente per una decisione che lo porterà verso nuove vette artistiche rischiando però la perdita di ciò che ha di più caro al mondo.
Sean Byrne sembra quindi utilizzare il genere quasi come pretesto per raccontare la storia di un dramma familiare, nel momento in cui all’amore per i propri cari si antepongono la fama e il successo, la gloria e il denaro anche per fini più nobili. Il risultato finale è un’opera tragica e spaventosa che riesce a inquietare in più occasioni, data la bravura di un cast eterogeneo e l’uso sapiente di una colonna sonora audace, inconsueta ma assolutamente peculiare. È proprio la musica a diventare l’elemento fondamentale per descrivere e sottolineare gli avvenimenti; una miscellanea di sonorità metal, dai Metallica agli Slayer passando per i brani sperimentali dei Sunn O))), che infondono l’atmosfera del film di un’aura sinistra, macabra e demoniaca.
The Devil’s Candy: un interessante horror sul sacrificio (recensione)
L'horror di Sean Byrne, presentato al Toronto Film Festival, arriva ora nelle sale italiane con Midnight Factory.