Grande autore del cinema italiano, Marco Ferreri è in realtà stato volutamente dimenticato dalla cinematografia che ha da sempre punito il regista per il suo anticonformismo eccessivo e il suo rifiuto a concedersi a un pubblico desideroso di commedie e lieto fine.
Quelle di Ferreri sono piccole grandi storie comiche, attraversate da un’intensa ironia e dalla sua tipica estetica del grottesco, intimamente legata alla critica più dura nei confronti di quella stessa borghesia italiana, bersaglio prediletto dei suoi film, che lo tacciava come autore antipatico e a tratti incomprensibile. In realtà, la poetica di Ferreri, che nonostante discreti successi di botteghino non ha mai ceduto alla popolarità sacrificando lo stile, si fonda sulla riflessione continua del ruolo del cittadino in una società che ormai non guarda più al singolo e della capacità della massa di definire il diverso, l’altro, il non integrato.
Sotto questa luce si pone anche La Donna Scimmia, presentato in versione restaurata alla 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Venezia Classici. La Donna Scimmia è uno dei suoi primi lungometraggi, fedele alle esigenze che poi Ferreri ha ribadito lungo tutta la sua filmografia. Antonio Focaccia (Ugo Tognazzi) è un delinquente improvvisato imprenditore quando incontra la giovane Maria (Annie Girardot), tenuta in custodia dalle suore con le quali vive praticamente in clausura. Il motivo è facilmente individuabile e infatti Antonio non si lascia sfuggire l’occasione: Maria ha il corpo completamente ricoperto di peli, condizione che permetterebbe allo scapestrato protagonista di imbandire uno spettacolo a pagamento facendolo presto diventare ricco. Così Maria si trasferisce da lui, che nel frattempo si è fatto consegnare a casa un albero, scenografia di base del suo spettacolo, dove la giovane dovrà arrampicarsi fingendosi una misteriosa selvaggia scoperta da Antonio nel cuore dell’Africa. Ma Maria presto si stufa, e richiede al suo protettore più attenzioni e diritti. Antonio allora è costretto a sposarla per il bene dei suoi affari, fino a quando Maria rimane incinta, sognando una vita da donna normale.
I temi prediletti della filmografia di Ferreri sono tutti presenti in questo film: il rapporto con il diverso, il sentimento di attrazione e insieme di paura, la spettacolarizzazione della condizione di miseria in favore di un atteggiamento voyeuristico, il consumismo e la condotta borghese, si mescolano insieme, metabolizzati da una sceneggiatura che si serve di un’ironia dissacrante per portare alla luce i grandi problemi moderni sullo sfondo di quella che, seppur pittoresca, è una vera e propria famiglia.
Ferreri non risparmia neanche il suo protagonista: Antonio cerca la facile ricchezza tramite l’inganno e promuove l’atteggiamento voyeur, togliendo a Maria ogni identità se non quella del feticcio. Maria, invece, mano a mano che il film procede, prende sempre più coscienza di sé, distaccandosi dallo sguardo delle persone “normali”, ripudiando quindi la sua natura di mostro, in favore invece di una condizione di diritto umana e femminile. Infatti con La Donna Scimmia, Ferreri, con grande lungimiranza e in un periodo storico che davvero non prometteva indipendenza alle donne, faceva il passo in avanti di coniugare il concetto di diverso con il concetto di donna: in una società patriarcale, essere donna è essere diversi rispetto ai canoni accettati. Sappiamo che i personaggi di Ferreri sono personaggi umiliati, sconfitti da quella stessa società che il regista dissacra nel corso dei suoi film, e non possono quindi avere il lieto fine che la commedia classica invece pretende. Ma l’evoluzione che il film regala al personaggio di Maria è di rara sensibilità, e permettendole di uscire dalla sfera della mostruosità, passando per quella umana e approdare così in quella di donna con una propria identità e dignità, il regista la nobilita come raramente accade nei film di quegli stessi anni.
Quella di Marco Ferreri era un atteggiamento culturale che al tempo non poteva davvero essere capito quanto oggi, momento storico in cui quella stessa società che Ferreri ha combattuto per tutta la sua vita artistica, si è pienamente evoluta, obbedendo al consumismo sfrenato, alla televisione commerciale, alla presenza massiccia dei social network che rimandano con forza alla sconvolgente venerazione di un’immagine feticcio.