Droni di terra e amore a distanza: un connubio contemporaneo che si contrappone ad un’antica usanza purtroppo ancora oggi praticata in molte regioni del mondo, quella dei matrimoni combinati tra giovani donne e uomini anziani. Questo è l’incipit di Eye On Juliet, pellicola del regista canadese Kim Nguyen presentata alle 14. Giornate degli Autori nell’ambito della 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Trama del film: Gordon è un operatore da remoto di un robot a forma di ragno responsabile della sicurezza di un oleodotto in Nord Africa; dopo esser stato lasciato dalla ragazza, desideroso di poter ritrovare il proprio equilibrio sentimentale, inizia a spiare da migliaia di chilometri di distanza la vita di Ayusha, una giovane donna costretta, come molte sue coetanee in quella regione, a sposare un uomo più vecchio che non ama (anche se è innamorata di un’altra persona). Appassionandosi alla sua storia, Gordon prova in tutti i modi a impedire che il matrimonio combinato venga celebrato e, nonostante si sia infatuato della ragazza, cerca una scappatoia per far sì che Ayusha e il suo vero amore possano scappare in Francia (con un barcone) per coronare il loro sogno.
Il regista in passato aveva già messo in scena nel recente passato delle love story e, anche in questo film, ha usato il genere sentimentale come pretesto per raccontare in realtà altro, come in War Witch (denunciando il fenomeno dei soldati-bambino usati nelle guerriglie in Congo per il coltan) o in Two Lovers and a Bear, dove viene mostrata la bellezza del Canada dell’estremo nord-est. Eye On Juliet utilizza la storia d’amore con lo scopo di dare un metro di paragone tra diversi contesti: se in una parte del mondo occidentale abbiamo infatti una tecnologia che condiziona la vita di tutti i giorni (come le app per incontri) dall’altra, molto più rurale, sembra che il tempo si sia fermato (le infrastrutture sono carenti e le tradizioni come quella dei matrimoni combinati sono dure a morire). Nel film inoltre la tecnologia viene rappresentata in maniera dualistica: può essere usata come strumento di vita o di morte (i ragni robot nel film hanno delle armi in dotazione); può essere usata per migliorare le condizioni di una persona, magari dando una mano ad una ragazza lontana migliaia di chilometri, oppure, come dice un vecchio cieco magrebino nel film, per “togliere soldi ai ragazzi tramite i cellulari, che potrebbero essere spesi per sfamare le proprie famiglie” (riferendosi ai suoi connazionali molto più giovani).
La regia è un punto di forza di Eye On Juliet: Nguyen utilizza le inquadrature POV del ragno robot per rendere il pubblico partecipe della vicenda (come se fosse anche lui un voyeur); inoltre viene mostrato come le ragazze nordafricane come Ayusha abbiano in comune le stesse passioni, le stesse aspirazioni e gli stessi sogni delle loro coetanee occidentali, accrescendo l’immedesimazione nei confronti del personaggio della ragazza.
La pellicola in definitiva ha molte qualità ma il suo merito maggiore è quello di trattare il tema dell’amore negato (come se fosse un moderno Romeo e Giulietta) in modo mai stucchevole e banale, riuscendo a coinvolgere persino lo spettatore più cinico e insensibile.
Venezia 74 – Eye On Juliet: droni di terra e amori a distanza (recensione)
Il film del regista canadese Kim Nguyen racconta l'originale vicenda di un ragazzo che, grazie ad un drone, si innamora di una giovane donna nordafricana.