Portare sul grande schermo due personaggi americani allo stesso tempo comunisti e sindacalisti è senz’altro una scelta coraggiosa. In Dubious Battle è due volte temerario: primo perché raccontare per immagini l’omonimo romanzo di John Steinbeck, libro a cui il film si ispira, era particolarmente difficile considerato l’argomento e soprattutto il linguaggio duro e crudo usato dallo scrittore; secondo perché nell’opera di Steinbeck non è mai citata la parola “comunista”, cosa che invece la pellicola fa senza minimamente preoccuparsi del testo e rispolverando una categoria linguistica, politica ed esistenziale in piena crisi di identità, considerando oltretutto che la vicenda si svolge negli States.
Ma non è questa specifica contingenza a fare del film di James Franco un’opera marginale e incompiuta, piuttosto sono gli evidenti limiti di sceneggiatura (curata da Matt Rager) e soprattutto di linguaggio che, sin dalle prime battute, imbocca la strada dell’eccessiva semplificazione; è vero che il lessico è asciutto, forse anche troppo didascalico, ma non riesce quasi mai a stabilire una connessione con il pubblico. Alla fine dei centodieci minuti di pellicola si apprezza senza alcun dubbio lo sforzo, l’intento e la volontà di Franco di esplorare vicende, mondi e storie che non hanno più quell’appeal che probabilmente meriterebbero, ma raramente lo spettatore è partecipe degli eventi e non viene coinvolto a sufficienza all’interno di quei fatti così importanti per le conquiste dei lavoratori.
In Dubious Battle ci porta negli anni Trenta di un’America ancora alle prese con gli effetti devastanti della Grande Depressione: il lavoro è sottopagato, saltuario e stagionale. Ma quando i latifondisti dei frutteti decidono di dimezzare la paga agli operai da due dollari a un dollaro al giorno, i due attivisti comunisti Jim Nolan (Nat Wolff) e Mac McLeod (James Franco) decidono di “infiltrarsi” tra i raccoglitori di mele conquistando pian piano la fiducia di tutti gli altri operai e convincendoli ad aderire a uno sciopero ad oltranza per rivendicare i loro diritti e una retribuzione più equa. Sarà una lotta durissima e drammatica in cui i padroni, appoggiati dalla legge e da un caporalato senza scrupoli particolarmente violento, non esiteranno a reagire e a far fallire la ribellione pacifica usando qualsiasi metodo, anche armato. I rapporti affettivi e la storia d’amore che si sviluppano nel film fanno però spesso deragliare il lungometraggio sul melodramma invece di focalizzarsi sui problemi quotidiani che in quel momento rendevano davvero durissima la vita del proletariato. In tal senso siamo ben lontani, fatti i dovuti distinguo e le dovute proporzioni storiografiche e geografiche, dal Novecento di Bernardo Bertolucci, nonostante In Dubious Battle rimandi ad immagini letterarie e citi persino un’icona come Il Quarto Stato.
Gli attori sono di primissimo ordine: oltre ai già citati Nat Wolff e James Franco, il cast è composto da Selena Gomez, Vincent D’Onofrio, Robert Duvall, Ed Harris, Josh Hutcherson, Bryan Cranston e Sam Shepard; le interpretazioni sono tutte convincenti, nonostante lo script e la regia non le valorizzino abbastanza. Probabilmente Franco ha puntato più alla divulgazione che all’epica assumendosi in questo modo rischi enormi e sottovalutati: il risultato finale infatti è un film incerto e deludente. La pellicola, che uscirà nelle sale il 7 settembre con Ambi Media Italia, è stata presentata a Venezia 73 nella sezione Cinema del Giardino
In Dubious Battle: James Franco dietro la macchina da presa (recensione)
La pellicola diretta dalla star americana, presentata lo scorso anno a Venezia, è l'adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di John Steinbeck.