Mamie Stover (Jane Russell) è un’accompagnatrice di San Francisco che si imbarca per Honolulu in cerca di successo e agiatezza economica. Durante il viaggio incontra e conosce lo scrittore Jim Blair ( Richard Egan) che cerca di dissuaderla a raggiungere certi obbiettivi scegliendo invece una vita più ordinaria ma non meno soddisfacente. Si rincontreranno tempo dopo quando la Seconda Guerra Mondiale avrà già raggiunto il suo culmine e, proprio quando tra loro nascerà un sincero amore, Jim dovrà partire per Pearl Harbor, promettendole però un matrimonio al suo ritorno. Ma Mamie resterà a Honolulu in balia di Bertha ( Agnes Moorehead), proprietaria del locale in cui lavora la ragazza e preoccupata che la sua più grande attrazione possa sfuggirle dalle mani per l’amore di un uomo.
Tratto dal romanzo di William B. Huie, The Revolt of Mamie Stover- Femmina Ribelle (ora presentato in versione restaurata nella sezione Venezia Classici della 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia), è da sempre considerato tra i film minori di Raoul Walsh, tra i registi in realtà più proficui del cinema hollywoodiano. Se il plot promette una storia piena di emozioni, con il giusto equilibrio tra dramma, suspense e commedia, la sceneggiatura finale risulta superficiale e schematica. D’altronde, il corpo statuario di Jane Russell e il suo carisma impetuoso, dominano l’inquadratura e rubano la scena a tutti gli altri personaggi, se non addirittura agli elementi extradiegetici del film, regia inclusa. Quando si muove sulla scena il resto si appiattisce a sfondo dimenticabile e poco tangibile, se non fosse per il technicolor che sopperisce alla mancanza di guizzi genuini della sceneggiatura.
Lo stesso personaggio dello scrittore, poco si adatta al volto e alla statura notevole di Richard Egan, che forse non trova l’ambiente ideale e il terreno fertile per la sua personale interpretazione di Jim Blair. Nella prima parte del film sostiene il rapporto con la protagonista grazie alla convenzione da commedia della differenza di classe sociale, ma per il resto risulta senza slancio e senza un buon motivo per farsi ricordare dal pubblico.
La regia e il film in generale hanno probabilmente risentito del confronto con il romanzo originale e con il divario che viene inevitabilmente a crearsi con la trasposizione cinematografica che, in quanto linguaggio diverso dalla letteratura, deve “tagliare” il testo per riadattarlo ad immagine. Questa volta però il cinema ha peccato di aver compiaciuto quella stessa società benpensante che Mamie Stover disprezza, togliendo charme al testo, cancellando quei rimandi sessuali che forse avrebbero trovato accoglienza in una cinematografia più recente.
Il talento innegabile di Raoul Walsh si riconosce comunque nella scelta di produrre un film anticonformista sulla lotta di classe e che, nonostante quella parte di censura auto inflitta, non vuole essere sempre conciliatorio con i giudizi della buona società.