Dopo il film Et In Terra Pax i due registi romani Matteo Botrugno e Daniele Coluccini (che abbiamo già intervistato) ritornano in Laguna dopo ben sette anni, nella sezione parallela della Giornata degli Autori di questa 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, presentando Il Contagio, pellicola ispirata al romanzo omonimo di Walter Siti che vede come protagonisti due attori molto amati dal pubblico italiano come Vinicio Marchioni (il Freddo di Romanzo Criminale – La Serie) e Anna Foglietta (Perfetti Sconosciuti, Tutta Colpa di Freud).
Proprio come Et In Terra Pax, anche Il Contagio è ambientato all’interno di una borgata romana.
In una palazzina di periferia si intrecciano le vite di Marcello (Vinicio Marchioni) e Mauro (Maurizio Tesei), con le rispettive compagne Chiara (Anna Foglietta) e Simona (Giulia Bevilacqua). In questo scenario si inserisce anche il professor Walter (Vincenzo Salemme), scrittore di estrazione borghese che ha da tempo una relazione proprio con Marcello, ex culturista che vive alla giornata. Mauro invece, un freddo e ambizioso spacciatore che lavora per il boss del quartiere Carmine (Nuccio Siano), è l’unico che sente la necessità di una svolta.
La pellicola di Botrugno e Coluccini ritrae una realtà che non sempre si racconta.
I due romani, alla loro opera seconda, riprendono il discorso cominciato con il loro primo lungometraggio mettendo in scena vicende complicate di uomini e donne che, in un quadro desolante come può essere quello di una borgata, cercano di vivere le loro misere esistenze con la speranza di un cambiamento. Prima di considerare i suoi difetti (di cui parleremo tra poco), bisogna dire che il film racconta un’umanità che, a metà tra commedia e dramma, nel cinema nostrano non sempre è rappresentata adeguatamente, incarnata soprattutto dal personaggio di Marcello (il migliore de Il Contagio, interpretato da un convincente Vinicio Marchioni); inoltre è da apprezzare lo sforzo da parte di Botrugno e Coluccini di girare in maniera meno convenzionale rispetto allo standard italiano odierno, utilizzando quando serve, in un paio di occasioni, anche la tecnica del piano sequenza. Certo, non tutto funziona al meglio: l’altro protagonista del film, Mauro, è molto stereotipato mentre il personaggio del professore, nonostante la bravura di Vincenzo Salemme (credibile come attore drammatico, ma non è una novità), ha un’impronta troppo pasoliniana che stona con il contesto generale, soprattutto nel finale non troppo riuscito. Altro problema de Il Contagio è che i due registi, nel cercare di distinguersi dalla massa, si lasciano prendere un pò la mano: un esempio su tutti è l’uso che fanno dello slow-motion. Di solito le scene al rallentatore servono per dare maggiore enfasi ai momenti-clou di una pellicola ma può essere una potenziale arma a doppio taglio; purtroppo, in una delle sequenze più importanti del film, il ralenti qui non riesce a esaltare la scena madre ma involontariamente sortisce l’effetto opposto, togliendo drammaticità al tutto.
Il Contagio è certamente un’opera criticabile per le sue ingenuità ed imperfezioni ma possiede anima e carattere e, per questo motivo, si differenzia da un certo cinema d’autore italiano festivaliero sciatto e senza idee.