Perché fare un film su Valentina Cortese? I motivi sono diversi. Ad esempio per vedere otto brave attrici italiane avvicendarsi a raccontare lo stesso personaggio. Oppure per far rivivere il mito del “divismo” in salsa italiana, merce rara, singolare, inconsueta, a suo modo preziosa per le generazioni che ci hanno preceduto e comunque patrimonio del cinema italiano. O magari per incontrare di nuovo un regista, Francesco Patierno, che lo scorso anno si fece apprezzare con il suo Naples ’44 e che ha il grande merito dell’originalità nelle scelte; che poi, piacciano o non piacciano, sono un vero e proprio “valore”, specialmente se rapportato alle tendenze del cinema italiano.
Ma se ancora siete pervasi da un alone di sano scetticismo, possiamo fugare ogni dubbio aggiungendo che un’attrice del calibro di Ingrid Bergman, alla consegna dell’Oscar vinto come attrice non protagonista con il film Assassinio sull’Orient Express di Sidney Lumet, evitò di ringraziare l’Academy perché convinta che la Statuetta la meritasse Valentina Cortese, che interpretò il personaggio di Séverine in Effetto Notte di Francois Truffaut. Correva l’anno 1975 e l’attrice italiana non volle più recitare con il regista francese nonostante l’acclamato successo del film (che nel ’74 vinse anche l’Oscar) e nonostante le forti pressioni e la corte spietata messe in atto dall’icona della Nouvelle Vague.
Valentina Cortese nasce a Milano nel 1923 ed è una delle poche attrici italiane a trovare un suo spazio anche ad Hollywood, dove ha modo di conoscere lo star system, diventandone essa stessa parte integrante per un periodo significativo della sua carriera. Raggiunge l’apice del successo da giovanissima, sin dagli anni Quaranta, e come tutte le dive di quegli anni (e dei successivi) ha una vita professionale, ma soprattutto privata e affettiva, movimentata e a tratti travagliata. Diva!, presentato fuori concorso alla 74° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, porta sul grande schermo proprio la Valentina Cortese privata, quella che lei stessa descrisse nel libro autobiografico Quanti sono i domani passati (a cura di Enrico Rotelli, edito da Mondadori nel 2012).
Pensieri e ricordi scanditi prevalentemente dalle relazioni sentimentali con il direttore d’orchestra e compositore italiano Victor de Sabata, con l’attore americano Richard Basehart e con Giorgio Strehler, con cui la diva “col foulard che copre i capelli” recitò in teatro in lavori memorabili dal 1958 al 1973, da Platonov e gli altri al Giardino dei ciliegi, entrambi di Cecov. Il successo teatrale, pari a quello cinematografico, fecero della Cortese e di Strehler un binomio indissolubile al mitico Piccolo teatro di Milano di quegli anni. L’ammirazione, la stima e l’amore di Strehler verso l’attrice rappresentano uno dei passaggi emotivamente più coinvolgenti del film di Patierno che affida a Michele Riondino l’interpretazione di una lettera che il regista indirizzò all’attrice ma soprattutto all’amata. È toccato invece ad Isabella Ferrari, Greta Scarano, Carolina Crescentini, Barbora Bobulova, Anna Foglietta, Silvia D’Amico, Carlotta Natoli e Anita Caprioli calarsi nei panni di Valentina Cortese e interpretare i passi dell’autobiografia. Da questo punto di vista il regista napoletano compie una scelta felicissima, alternando la recitazione con immagini d’epoca e spezzoni di film, dimostrando non solo una grande padronanza di selezione tra il ricchissimo materiale d’archivio, ma anche e soprattutto scene di rara suggestione (e in parte dimenticate) che sono la gioia agli occhi dei cinefili e di chi ama tante storie attraverso un’unica storia. L’alternarsi tra le interpretazioni delle attrici italiane, le immagini di repertorio e quelle tratte da film come La cena delle beffe di Alessandro Blasetti, Le amiche di Michelangelo Antonioni, Giulietta degli spiriti di Federico Fellini, Le avventure del barone di Munchausen di Terry Gilliam ed Effetto notte di Truffaut legano tra loro che è una meraviglia grazie alla bravura delle interpreti, ad una scenografia essenziale ma appropriata e ad una colonna sonora che detta i ritmi da par suo, senza l’esagerazione dell’enfasi fuori luogo. Ma a meritare le lodi più convinte è il montaggio che tiene letteralmente incollati allo schermo sebbene non sia affatto scontato che un argomento del genere possa arrivare a tanto. Chapeau a Patierno per aver portato a termine con efficacia e talento un’operazione complessa e tutt’altro che facile. Il film andrà in onda in esclusiva tv a dicembre su Sky Arte HD, eppure un passaggio in sala lo meriterebbe. Non aspettatevi il solito biopic: Diva! è molto di più: è un ibrido tra documentario e teatro, un film viscerale.
Venezia 74 – In Diva! otto attrici italiane per l’icona Valentina Cortese (recensione)
Francesco Patierno realizza un singolare ibrido tra documentario e teatro per celebrare una delle più grandi dive del cinema italiano e internazionale.