L’Italia nell’edizione precedente della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia non era uscita particolarmente bene come paese rappresentante del proprio cinema, tra il mediocre Tommaso presentato Fuori Concorso e il dimenticabilissimo Questi Giorni presentato in concorso. Anche quest’anno, tra gli ottimi Ammore e Malavita, Diva!, e l’interessante Gatta Cenerentola, non poteva mancare un rappresentante del cinema italiano più tradizionale, ma con Il Colore Nascosto Delle Cose, presentato Fuori Concorso alla 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Silvio Soldini riesce a mantenere alto il livello filmico pur non puntando sull’originalità.
Il soggetto del film non è infatti dei più inediti: Teo, un pubblicitario di Roma (interpretato da Adriano Giannini), nonostante abbia già una relazione con una donna, desidera sentire l’ebbrezza di flirtare e rapportarsi con altre donne, e s’infatua di Emma (interpretata da una bravissima Valeria Golino), un’osteopata che rimasta cieca molti anni prima. La peculiarità del film non sta nella sceneggiatura e nella trama, abbastanza scarna e minimalista, bensì nella messa in scena e nella regia, con un Soldini che approfitta dello spunto sentimentale per raccontare la vita, i sentimenti e gli affetti di una persona priva di vista, argomento che sta particolarmente cuore al cineasta che non è la prima volta che rappresenta il mondo dei non-vedenti (l’ha già fatto in passato con il documentario Per altri occhi). Anche in questo lavoro Soldini si dimostra particolarmente efficace nel restituire l’universo di chi non vede, con movimenti di macchina e messa a fuoco usati appositamente in alcune scene per far condividere allo spettatore il disagio sensoriale che a volte potrebbe avere una persona cieca. Valeria Golino riesce con successo a mettersi nei panni di questa donna, che nonostante la mancanza dell’uso della vista è riuscita a realizzarsi da un punto di vista professionale, e riesce ad avere una normalissima vita sentimentale, arrivando pure a far perdere la testa a un donnaiolo.
Anche Adriano Giannini, in genere piuttosto discontinuo, offre una buona interpretazione, pure se il suo personaggio non è per nulla originale: un ibrido tra il Tommaso dell’omonimo film diretto da Kim Rossi Stuart (ossessiva voglia di flirtare con le donne) e il Don Draper di Mad Men (pubblicitario donnaiolo con scheletri nell’armadio riguardo il passato). Forse per strizzare l’occhio al pubblico femminile, gli sceneggiatori l’hanno dipinto come troppo come infantile e come indeciso sia da un punto di vista professionale che da un punto di vista sentimentale: scelte che contribuiscono a relegare la parte allo stereotipo.
In generale sembra che Solidi non riesca a liberarsi di certi schemi preconfezionati del cinema tricolore, in particolare se pensiamo allo spaccato della settima arte italiana di due o tre lustri fa (che è stato poi il periodo più fortunato per l’autore): anche le ambientazioni borghesi e rassicuranti della storia, più che risultare funzionali allo sviluppo dei personaggi sembrano voler rassicurare un certo target di spettatori di mezza età – ma al contempo hanno il pregio di tenersi lontane dall’ormai onnipresente e altrettanto stereotipata borgata romana.
Con Il Colore Nascosto delle Cose, Soldini riesce a portare a Venezia una interessante pellicola su un mondo ancora non del tutto esplorato in Italia, dimostrando che il cinema “tradizionale” italiano, anche quando non osa, ha ancora qualcosa da dire grazie a una regia e delle interpretazioni di grande qualità.