Dopo Controfigura, viene presentato alla 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia un altro film italiano difficilissimo da catalogare. Beautiful Things somiglia un po’ a Le Quattro Volte, film di Michelangelo Frammartino che racconta in quattro versioni il ciclo della morte e della vita, e ricorda anche Holy Motors di Leos Carax, in quanto il film si “trasforma” a più riprese diventando una sinfonia visiva/sonora nella quale si alternano diversi personaggi soli. Non abbandonati, semplicemente soli.
Beautiful Things è una storia di persone che passano la loro vita in solitudine, lavorando a stretto contatto con una macchina o con la tecnologia. Il film è diviso in quattro parti (con altrettanti protagonisti): Petrolio, Cargo, Metro, Cenere; ognuno di essi ci porta all’interno di un mondo industriale. Cominciamo dagli Stati Uniti, in Texas, dove un uomo lavora in solitaria con la Pumpjack, una gigantesca pompa petrolifera che scava fino a più di 800 metri. Nel secondo capitolo troviamo Danilo, un uomo dapprima ossessionato dal mito del mare e oggi desideroso di tornare alla normalità sulla terraferma. Metro e Cenere invece raccontano, rispettivamente, la storia di Andrea e Vito: il primo è uno scienziato innamorato del suo mestiere, che passa la sua vita all’interno di una camera anecoica mentre il secondo è un ex-gestore di slot machine divenuto misantropo e rinchiusosi all’interno di una gigantesca fossa di rifiuti.
Qual è il nesso fra questi uomini? Citiamo la sinossi ufficiale: “questi uomini sono inconsapevolmente alla base della sequenza di creazione, trasporto, commercializzazione e distruzione degli oggetti che alimentano la bulimia del nostro stile di vita. Gli oggetti di cui pensiamo di aver bisogno ogni giorno iniziano e finiscono il loro viaggio all’interno di luoghi industriali e scientifici isolati e spettrali. Questi uomini sono monaci all’interno di templi di acciaio e cemento e ripetono ogni giorno nel silenzio e nella solitudine la stessa liturgia meccanica, convivendo con i propri fantasmi”.
Dunque il film di Giorgio Ferrero si propone come una critica al consumismo e al fenomeno dell’accumulazione, rappresentato, all’interno del film, da alcuni bellissimi, spettrali e inquietanti piani sequenza girati all’interno di una casa borghese; qui vediamo una stanza di una bambina all’interno della quale non è più possibile muoversi per la moltitudine di oggetti oppure un aperitivo con decine di persone, girato in una claustrofobica terrazza.
Tuttavia sarebbe sciocco consigliare la visione di Beautiful Things semplicemente per il suo contenuto; per quanto siano interessanti i temi trattati, la pellicola è soprattutto una grandiosa esperienza visiva e sonora.
Giorgio Ferrero è un compositore e si sente. Le musiche del film sono splendide e sono soprattutto pensate e inserite in completa collaborazione con le immagini. La musica non è più un supporto all’azione ma una sua parte integrante, diegetica come nella sequenza più bella del film, quella in cui un bambino con un bastone comincia a “suonare” i tubi, i cartelli e il metallo presente vicino a una pompa petrolifera.
L’unica nota dolente riguarda la durata: 94 minuti sono troppi, specialmente in relazione alla lunga sequenza finale di danza mista a canto, un po’ eccessiva e fuori dal tono del film; interessante anche l’esperienza in VR (Virtual Reality), diventata ormai appuntamento fisso della Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica Di Venezia.
Beautiful Things è un concept della Biennale College, un progetto tramite il quale vengono scelti i pitch (la forma embrionale di una pellicola) e poi finanziati per essere realizzati in 12 mesi e riportati l’anno successivo a Venezia in forma di film. Il fatto che escano fuori prodotti di un livello del genere attesta ancora una volta il benessere e l’altissimo valore di un festival come quello di Venezia, qualitativamente superiore quest’anno anche a Cannes.
Venezia 74 – Beautiful Things: un concept italiano molto ambizioso (recensione)
Presentato nella sezione Biennale College, il film italiano di Giorgio Ferreri è un manifesto contro la bulimia del consumismo.