C’è modo e modo di invecchiare. Dal punto di vista artistico Our Souls at Night (Le Nostre Anime di Notte) dimostra che Robert Redford (classe 1936) e Jane Fonda (classe 1937) sono impermeabili al tempo, nonostante le camicie “a quadroni” di lui. Il film di Ritesh Batra è stato proiettato fuori concorso alla 74. Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove i due attori sono stati insigniti del Leone d’Oro alla carriera. Va da sé che fare le pulci a tali mostri sacri rischia di essere percepito come puro esercizio al limite del patologico. Tuttavia, nelle due interpretazioni qualche differenza va evidenziata, sebbene tutta la pellicola sia mirata a valorizzare il talento dei suoi interpreti e non ci sia un solo fotogramma che sia in grado di togliergli la scena. E così mentre Redford sembra essere più convinto del personaggio, ci crede fino in fondo e dà al suo Louis quella “fisicità spirituale” che mise in mostra anche con A spasso nel bosco (2015), la Fonda a tratti appare più titubante (complice forse il pregiudizio maschilista che per gli standard di Hollywood vorrebbe al fianco dell’uomo una coprotagonista molto più giovane), ma non è certo questo a impedirle di far sfoggio di tutto il suo talento e ‘mestiere’. È in quei momenti che traspare il suo desiderio razionale – di cui lei stessa ha parlato al Lido – di ‘innamorarsi’ nuovamente sul grande schermo di Redford a trentasette anni di distanza da Il cavaliere elettrico (1979). Un incontro ‘folgorante’, ma non certo il primo, dato che le vite professionali delle due star si erano già felicemente incrociate in A piedi nudi nel parco (1967) e in La caccia (1966).
Il soggetto della pellicola denota un approccio piuttosto fresco al genere sentimentale. Louis (Redford) e Addie (la Fonda) sono due anziani rimasti vedovi. Si conoscono praticamente da sempre, lo loro non è stata mai una vera amicizia ma solo una conoscenza limitata a rapporti di buon vicinato. Una sera Addie si presenta a casa dell’uomo e senza tanti giri di parole gli propone di vedersi di notte, mettersi nello stesso letto e parlare fino a quando non si addormentano. Il sesso non c’entra nulla. Nella proposta della donna c’è solo la necessità di colmare la sua e le loro solitudini, in particolare durante la notte, quando il tempo si dilata e i pensieri diventano mostri indomabili. Louis, preso di sorpresa dal fare diretto della sua vicina, rimane dapprima sorpreso e perplesso, poi accetta, prepara il suo piccolo bagaglio e tra loro inizia una relazione notturna che pian piano comincia ad evolversi e ad incrociarsi inevitabilmente con la comunità e con le loro famiglie, figli e nipoti compresi.
L’inizio della pellicola funziona meravigliosamente e laddove qualcuno ha evidenziato la debolezza della sceneggiatura che porta una donna a fare quasi di punto in bianco una proposta scandalosa anche per la provincia americana, per quanto ci riguarda la comunicazione diretta di Addie e soprattutto la mimica imbarazzata, perplessa, sorpresa e stupefatta di Louis mentre lei parla, sono una bellissima pagina di cinema e di interpretazioni. La tensione emotiva continua fino a metà dei circa 100 minuti di pellicola, poi il calo, dovuto – questa volta sì – a uno script dove tutto è prevedibile e dove non ci sono più sobbalzi. Dopo l’ultima immagine si resta per un attimo con un senso di vuoto e si ha la sensazione che l’aver costruito un lavoro tutto incentrato esclusivamente sui due protagonisti, seppur eccezionali, sia nello stesso tempo anche un limite. Al tirar delle somme Our Souls at Night appare come un film “onesto”, dove il merito del regista indiano è di aver portato in scena un tema rischioso e non sempre fortunatissimo nel cinema come quello della vecchiaia.
Tra le idee più interessanti e riuscite, quella dello spaccato della provincia americana che fa da contrappunto alla storia dei due protagonisti e che viene raccontato semplicemente ma efficacemente attraverso gli incontri, i racconti e le battute del gruppo di amici al bar. La pellicola, che è stata prodotta da Netflix e sarà disponibile sulla piattaforma di streaming dal 29 settembre, è un inno alla ricerca della felicità a prescindere dall’anagrafe e da questo punto di vista l’apprezzeranno in particolare le persone più agè che avranno la voglia (e in qualche modo il coraggio) di liberarsi dagli orpelli dei condizionamenti. Il diritto alla felicità, inserito peraltro nella Dichiarazione d’Indipendenza americana, è forse un po’ il bisogno di ognuno di esistere. Probabilmente non è un caso la presenza nella colonna sonora della canzone omonima degli Highwayman che dice, parafrasando: “Quando raggiungerò l’altro lato potrò diventare di nuovo qualsiasi cosa, o forse solo una goccia di pioggia. Ma rimarrò”.
Venezia 74 – Our Souls at Night: Redford e Fonda per Netflix (recensione)
Robert Redford e Jane Fonda sono i protagonisti di una pellicola sentimentale prodotta da Netflix e presentata alla Mostra di Venezia.