Remake, adattamento di un romanzo o rivisitazione di una storia cambia poco: L’inganno è un film di Sofia Coppola. La figlia del grande Francis, nel bene e nel male, si rifiuta da sempre di lavorare ‘in funzione’ della storia che deve raccontare, dei personaggi che mette in scena e delle attrici con le quali ha a che fare. L’intreccio alla base del soggetto prometteva un miscuglio di generi: un thriller, un romanzo di formazione o una commedia, eppure la Coppola – come sempre – preferisce trascendere i generi e le regole cinematografiche, scommettendo sulle sue abilità di sceneggiatrice e regia. Una scommessa vinta fino all’ottantesimo minuto.
L’inganno si svolge in un collegio femminile nello stato della Virginia, durante la Guerra di Secessione americana. Protette dalle spesse pareti del Farnsworth Seminary, le studentesse della scuola diretta da Miss Martha (Nicole Kidman) conducono una vita fortemente ritualizzata, scandita dai pasti, dalla preghiera e dalle lezioni di francese, con qualche attesa e confortante parentesi musicale. Lontane dal conflitto, si sforzano di mantenere nella quotidianità quell’atteggiamento fiero e compassato che si addice alle signorine della loro età. Ma la gabbia dorata che l’istitutrice ha costruito intorno a loro è destinata a crollare, quando la guerra bussa alla porta nella forma di un soldato ferito e bisognoso di cure, John McBurney (Colin Farrell). All’uomo vengono offerti rifugio e ospitalità, e solo più tardi le ragazze si accorgono di come una presenza maschile abbia scatenanto egoismi e rivalità senza precedenti. Alicia (Elle Fanning) comincia a portare i capelli sciolti e ad allentare il corsetto, rubando le attenzioni del soldato all’innocente Edwina (Kirsten Dunst). L’etichetta sociale viene infranta e gli ultimi residui di formalità ostentata diventano cornice di un thriller psicologico e d’atmosfera.
Nicole Kidman ha 50 anni, la Dunst 35 ed Elle Fanning 20. La Coppola racconta splendidamente i 15 anni che dividono le donne; anni che segnano la conclusione di un’età, di una fase della vita. La giovane Fanning guarda l’uomo in un modo, curioso e selvaggio, la Dunst lo osserva con un fare più maturo, proiettando su di lui la persona dell’uomo che amava, partito per la guerra e non tornato, mentre il personaggio della Kidman, arcigna matriarca e direttrice della scuola, lotta con se stessa per distrarsi e non pensare all’amore carnale e al desiderio che prova verso il soldato.Tre personaggi archetipici, ai quali non serve assegnare attributi o caratteristiche particolari; lo spettatore le deve vedere come quello che sono: tre donne in tre diversi momenti della vita. Ciò che le accomuna è una profonda solitudine, una grande lontananza dalla vita, un sentimento esistenziale che è il fil rouge del cinema della Coppola sin da Lost in translation.
Come in tutti i film della Coppola, infatti, i protagonisti vivono arroccati in luoghi che non hanno nulla a che fare con la vita quotidiana: l’hotel di Lost in translation, la villa di Somewhere, la tenuta nobiliare in Marie Antoniette, le case dei “Vip” abbandonate in Bling Ring.
Ne L’inganno il collegio isolato in mezzo a una foresta è un luogo cupo, ombroso, calmo nella peggior accezione del termine. La fotografia esaspera la mancanza di luce e di chiarore all’interno della casa, nascondendo alle volte i visi delle protagoniste, come nelle scene collettive di preghiera, nelle quali è veramente difficile distinguerle. L’unica stanza illuminata è quella dove tengono “prigioniero” il caporale, steso immobile sul letto, impossibilitato a muoversi, con una gamba ferita, chiuso a chiave e mai fatto partecipe della vita quotidiana.
Il collegio si è trasformato, sotto l’egida della severa Miss Martha, in un vero e proprio monastero, all’interno del quale le ragazze non conoscono alcuna forma di svago o divertimento, sempre impegnate a studiare, cucire, cucinare o lavorare nell’orto. Oltre ai rimproveri del personaggio della Kidman, però, non c’è nessuna legge “divina”, nessun voto a frenare le allieve dall’entrare in quella stanza e parlare con l’ospite. Quella stanza diventa luogo di incontri fugaci e proibiti, ma soprattutto di desideri diversi che animano tre donne in tre diversi momenti della vita.
L’impianto de L’inganno funziona per 80 minuti, forte di strepitose atmosfere gotiche e decadenti, di uno script fluido e divertente, ma soprattutto di interpreti favolose, fra le quali ci tocca lodare come spesso succede Elle Fanning, capace di interpretare ogni tipo di ruolo e mantenere una carica erotica personalissima, discreta e mai fuori luogo, capace di far comprendere tutto quello che vive dentro di lei in un solo sguardo.
Tuttavia negli ultimi dieci minuti il film crolla miseramente. La Coppola diventa vittima della sua stessa poetica, rifiutando di scrivere, girare e montare una scena da cinema di genere come avrebbero fatti i registi di genere. Quella scena necessitava di suspence. Quella scena della cena che avrebbe dovuto impaurire lo spettatore e tenerlo incollato fino all’ultimo secondo viene trattata come un momento qualunque, vanificando, in parte, il grande lavoro svolto nei precedenti ottanta minuti.
L’Inganno: Sofia Coppola dirige Kidman, Fanning, Dunst e Farrell (recensione)
Tre donne, in tre diverse fasi della vita, si rapportano a un affascinante visitatore che piomba nel loro collegio isolato dal mondo.