In solo un’ora e trentacinque minuti, Leonardo di Costanzo (già regista de L’Intervallo, con cui ha vinto il David di Donatello nel 2013 come miglior regista esordiente) riesce nel compito non facile di dipingere un ritratto alternativo e non banale del problema della camorra. L’Intrusa, questo il titolo della sua pellicola presentata quest’anno alla Quinzaine des Réalisateurs a Cannes, debutta finalmente il 28 settembre nelle sale italiane grazie a Cinema distribuzione di Valerio De Paolis. Nel film si sbiadiscono i confini, si annacqua la distinzione tra buoni e cattivi, e ci si allontana dagli eroi classicamente protagonisti di queste storie: il mafioso assassino è solo uno spirito maledetto che aleggia sulla narrazione, e il poliziotto senza macchia resta ai margini. Di Costanzo mette a fuoco la difficile quotidianità di chi con la criminalità organizzata deve conviverci, in una Napoli estremamente realistica scrutata attraverso l’obbiettivo tremolante di una camera a mano, e raccontata con l’inimitabile spontaneità del dialetto.
Giovanna (Raffaella Giordano, danzatrice e coreografa alla sua prima esperienza attoriale) gestisce “La Masseria”, uno stabile con giardino in cui i bambini socializzano e danno vita alla propria creatività lontano dalla strada e al riparo da mafia e degrado. La sicurezza della Masseria viene minacciata dall’arrivo di Maria (Valentina Vannino, nel suo film di esordio), giovanissima moglie di un camorrista arrestato per omicidio. Maria si è rifugiata lì con i suoi due figli per non doversi appoggiare alla suocera, profondamente radicata nel mondo della mafia. Tutti vorrebbero che Maria si allontanasse, ma Giovanna esita: ha compreso che Maria sta tentando di evadere dall’ambiente criminale di cui ha fatto parte fino ad allora, provando a scrivere una vita differente per i suoi figli. Tentando di convincere la collettività ad accoglierla, Giovanna assume le sembianze dell’eroe tragico, dilaniato da un conflitto etico: allontanare Maria, costringendola a tornare a una vita immersa nella malavita, o accoglierla, trascurando i crimini perpetrati da suo marito nei confronti della collettività? Quelli de L’Intrusa sono definiti dal regista “eroi contemporanei in cui si ritrovano gli elementi della narrazione classica: l’individuo/eroe, la tensione tragica, la collettività, gli ostacoli all’agire”. La pellicola ci presenta un finale senza insegnamento didascalico, che tronca negli spettatori l’aspettativa scontata di un lieto fine, un finale che è soprattutto senza soluzione. Un dramma insolubile è infatti alla base di questa tragedia dall’impianto fortemente teatrale, un impianto che si manifesta anche nella scelta del set: chiuso, delimitato, con pochissime escursioni all’esterno (prevalentemente evocato).
Ne L’Intrusa dominano lunghe sequenze silenziose, o interrotte appena da brevi frasi rabbiose. “Sul teatro di parola prevale il teatro di corpo, in cui per raccontarsi gli attori hanno poco dialogo a disposizione e devono puntare prevalentemente sul corpo” commenta il regista. Così come già accaduto ne L’intervallo, la maggior parte degli attori è sconosciuta o alla prima esperienza cinematografica. Le riprese finali sono il termine di un lungo percorso di preparazione, “un’improvvisazione incatenata”, come la definisce Di Costanzo: “gli attori, soprattutto i bambini, protagonisti di sequenze incredibilmente spontanee, comprendono prima il personaggio e poi canalizzano l’espressività in funzione della storia narrata”.
L’Intrusa è una pellicola in cui dominano metaforicamente le infinite gradazioni del grigio. I limiti sono posti costantemente in discussione, non ci sono personaggi chiusi: sono tutti estremamente porosi, e interpretano la contemporaneità. Lontano dalla netta distinzione bene/male, nel limbo delle posizioni mediane, le decisioni diventano impossibili da prendere. I carnefici si tingono del colore della vittima, e le vittime materiali si trasformano in carnefici sociali: è diffuso nel gruppo il senso di rigetto, e proprio per questo la volontà di difendersi si mischia pericolosamente alla volontà di vendetta. Diventa sempre più difficile prendere posizione, perché ognuno ha le proprie ragioni, e ognuno è legittimato a ripetere se stesso, chiudendosi in un circolo senza soluzione.
L’Intrusa: arriva al cinema il film sulla Camorra presentato a Cannes
Leonardo di Costanzo offre un punto di vista non comune per riflettere sul drammatico tema delle mafie e sulla possibilità di redenzione.