Tra i vari generi presentati quest’anno alla 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia non poteva mancare di certo il crime e Tueurs, film di produzione franco-belga diretto da Jean-François Hensgens e François Troukens presentato nella sezione Cinema nel Giardino, rientra perfettamente in questa categoria.
Il rapinatore Frank Valken (Olivier Gourmet) e il suo socio Santo Messina (Tibo Vandenborre) pensano di esser riusciti a mettere a segno un colpo senza intoppi, quando si imbattono in un’altra banda di criminali spietati e senza scrupoli, denominata “assassini folli”, che non operava in Belgio da almeno 30 anni. Quest’ultimi, proprio durante il colpo di Valken, uccidono una giudice che stava indagando su di loro. Ovviamente la polizia e la magistratura puntano direttamente il dito contro Valken (sospettato tanto dell’omicidio quanto di far parte degli “assassini folli”), che cerca deve cercare di sottrarsi alle attenzioni tanto della legge quanto di altri criminali. Sarà l’intraprendente commissario Tesla (Lubna Azabal) a prendere il controllo del caso e scoprire così una trama criminale che la porterà addirittura ad accusare il proprio capo, il commissario Bouvy (Bouli Lanners), di far parte della banda degli “assassini folli”.
Il film inizia con un cold open di due minuti che introduce gli eventi-clou della vicenda, la rapina di Valken e l’omicidio da parte degli “assassini folli”, a cui successivamente seguono trenta minuti di pura azione e adrenalina grazie al montaggio frenetico e ad un uso del sonoro davvero efficace. Il modo in cui sono state girate le scene riporta alla mente non solo i film polizieschi/noir più conosciuti (il primo che viene in mente è Heat – la Sfida di Michael Mann) ma anche all’immaginario videoludico, rappresentato in questo caso da Grand Theft Auto V. Le somiglianze tra gli eventi narrati in Tueurs e la trama del popolare prodotto di Rockstar Games sono infatti abbastanza da far ipotizzare qualche parallelismo di troppo, ma d’altronde il soggetto si muove nel solco anche di molte produzioni analoghe su celluloide.
Il rapporto tra la criminalità, polizia e vertici dello Stato, nelle intenzioni dei registi belgi, dovrebbe dare maggior mordente e profondità all’opera. La tematica non viene però trattata con grande originalità e il risultato è un fastidioso senso di déjà-vù, dovuto anche alla gran copia di produzioni cinematografiche e televisive che hanno fatto leva su tali implicazioni negli ultimi anni (l’esperienza italiana ci permette di pensare immediatamente a Romanzo Criminale e Suburra, solo per fare qualche esempio).
Il finale di Tueurs, eccessivamente sbrigativo e didascalico, compromette poi quanto fatto di buono nella prima parte del film: è infatti inconcepibile la scelta operata in termini di sceneggiatura di portare i personaggi a spiegare colpi di scena che erano già ampiamente prevedibili. Un pessimo modo per vanificare la tensione costruito durante il primo atto della pellicola.
Essendo Tueurs un’opera prima i suoi difetti passano in secondo piano rispetto all’ottima messa in scena dei due cineasti esordienti, che dimostrano di avere uno sguardo cinematografico molto interessante; Troukens e Hensgens dovranno però lavorare molto sui loro futuri script per dimostrare realmente il loro talento.
Tueurs: il rapporto oscuro tra criminalità e istituzioni (recensione)
La pellicola crime presentata al Festival del Cinema di Venezia racconta un lato del Belgio poco esplorato dal grande schermo.