India e Regno Unito, un dualismo intrinseco al recente passato dell’Impero Britannico e di cui la regista Gurinder Chadha è figlia, una storia che per 300 anni ha contraddistinto due grandi nazioni e che oggi lei stessa porta sullo schermo, prendendo spunto dalla sua saga famigliare.
Presentato fuori concorso al 67. Festival del Cinema di Berlino, Il Palazzo del Viceré racconta gli ultimi mesi del colonialismo britannico in India quando Lord Mountbatten (Hugh Bonneville), nipote della Regina Vittoria è inviato come ultimo Viceré per condurre il grande paese asiatico verso l’indipendenza, avvenuta il 15 agosto del 1947. Insieme alla moglie Edwina (Gillian Anderson) il Lord britannico si trova a fronteggiare una crisi politica che vede in contrapposizione i leader indipendentisti Nehru e Gandhi (Neeraj Kabi) contro Jinnah (Denzil Smith), padre fondatore del Pakistan.
Oltre alle controversie politiche a Lord Mountbatten è stato affidato il compito di impedire una guerra civile di stampo religioso tra la minoranza musulmana del paese, i sikh e gli induisti, che se un tempo marciavano insieme per l’indipendenza dall’Impero Britannico, si ritrovano divisi dalle controversie personali, legate soprattutto alle voci sempre più insistenti sulla nascita di uno stato islamico, il Pakistan. Mountbatten, inviato dal Re per le sue doti diplomatiche, si trova incastrato tra due ruoli quello dell’ultimo britannico al comando dell’India nella transizione che porterà il paese all’indipendenza, contrapposto all’uomo di Churchill che dividerà per sempre una nazione, approvando la “Partition” e concedendo alla minoranza islamica un intero Stato, provocando una delle più grandi emergenze umanitarie della storia.
Nel Palazzo del Viceré, dove lavorano insieme centinaia di indiani di diverse religioni, scoppia la passione tra la musulmana Aalia (Huma Qureshi) e l’induista Jeet (Manish Dayal), un amore che poco tempo prima sarebbe stato normale ma che in quei mesi diventa clandestino e costringe i due innamorati a nascondersi dalle ire delle diverse fazioni.
Gurinder Chadha, nata da una famiglia sikh che ha subito la Partizione (particolarmente difficile nel Punjab, diviso a metà tra islamici e sikh) ha voluto introdurre un doppio punto di vista, quello della famiglia Mountbatten, aristocratica e liberale, che vede con un certo distacco la situazione politica indiana e la coppia Aalia-Jeet, che invece subisce personalmente le conseguenze di un colonialismo imperiale feroce, che seppur promette pace ed indipendenza opera una subdola divisione dalle conseguenze disastrose. La regista, quasi a voler salvare Lord Mountbatten, visto come un ignaro aristocratico chiamato ad intraprendere un ruolo poco importante, introduce la figura del Generale Hastings (Michael Gambon), il vero burattinaio dietro la sanguinosa Partizione che ha visto nascere il Pakistan.
Basato su “Freedom at Midnight” di Larry Collins e Dominique Lapierre e “The Shadow Of The Great Game – The Untold Story Of Partition” di Narendra Singh Sarila, Il Palazzo del Viceré si presenta come un melodramma, che unisce due generi molto cari al cinema britannico, il sentimentale e lo storico-politico. La regista anglo-indiana, conosciuta al grande pubblico per il film che ha lanciato Keira Knightley Sognando Beckham, sconfina dal terreno della commedia impegnata, che le è più familiare, per affrontare il difficile tema della Partizione tra India e Pakistan, argomento ostico in particolare per chi, come la stessa regista, è vittima della sconsiderata politica colonialista britannica.
Seppur il film non colpisca per la regia, che risulta piuttosto classica e a tratti banale, gli argomenti trattati mantengono alta l’attenzione per tutta la durata, riuscendo a suscitare interesse senza enfatizzare troppo la storia d’amore, che fa da collante alle vicende storiche. Probabilmente l’effetto è dato da una scarsa conoscenza dei fatti storici alla base della divisione tra India e Pakistan, visto che come scrive la regista all’inizio del lungometraggio “La storia è sempre scritta dai vincitori”.
La figura del Mahatma Gandhi, rappresentata in molte pellicole ha probabilmente condizionato il punto di vista dello spettatore occidentale, che tendenzialmente è portato a vedere l’indipendenza dell’India come un passaggio naturale, contraddistinto dalla disobbedienza civile e dal movimento della nonviolenza.
Si apprezza il coraggio di Gurinder Chadra, che ha deciso di affrontare uno dei tanti scheletri nell’armadio della corona britannica, andando a scavare nel passato della sua famiglia, cui è toccata l’amara sorte di diventare profughi in casa propria. Azzeccato anche il cast, prevalentemente composto da attori teatrali, come Hugh Bonneville (il conte di Grantham in Downton Abbey), Sir Michael Gambon (Albus Silente negli ultimi film su Harry Potter), Simon Callow (Quattro Matrimoni ed un Funerale) e la bravissima Gillian Anderson, perfetta nei panni di Edwina Mountbatten. Il Palazzo del Vicerè non è certamente un capolavoro, ma vale la pena vedere il lavoro di Gurindar Chadha per comprendere avvenimenti storici spesso ignorati dall’opinione comune.
Il Palazzo del Viceré: l’amore travolto dalla fine del colonialismo britannico (recensione)
Dopo tre secoli, il dominio britannico in India si avvicina alla fine e le vite private di due giovani innamorati vengono travolte dal cambiamento.