I “Gifted Children” e il dramma familiare sono i punti centrali dell’ultimo lavoro di Marc Webb, che sulla sceneggiatura di Tom Flynn costruisce un film profondo e commovente, che apre la discussione sul fenomeno dei bambini prodigio e sui difficili rapporti familiari che ne conseguono.
La storia si snoda intorno alle vite di Frank Adler (Chris Evans) e sua nipote Mary (Mckenna Grace) che vivono in una piccola casa nei pressi di Tampa, in Florida. Frank è un uomo decisamente non convenzionale, ha deciso di vivere modestamente e lavorare come meccanico nautico. Anche la nipote Mary è una bambina dalle straordinarie capacità espressive ed intellettive, a soli 7 anni comprende la matematica come una studentessa universitaria. Mary ha ereditato l’intelligenza della madre, una promettente matematica morta suicida dopo averla data alla luce. Su Frank pesano tutte le conseguenze che derivano dalle scelte da compiere nei confronti della nipote, che si trova ad affrontare appena la bambina inizia la scuola pubblica.
Colpita dall’incredibile “dono” di Mary la sua insegnante Bonny (Jenny Slate) convoca Frank per metterlo al corrente sulle doti della nipote, che lo zio vorrebbe crescere come una bambina della sua età, senza imporle la pressione che era stata precedentemente scaricata sulla sorella, causandole problemi sociali e psicologici.
Ad intervenire sulle scelte dell’uomo sarà la madre Evelyn (Lindsay Duncan), che tenterà di dividere Frank e Mary chiedendone l’affidamento per portarla con sé a Boston, dove potrebbe frequentare le lezioni universitarie del MIT e tentare di risolvere l’equazione di Navier Stock, un problema matematico su cui la figlia aveva lavorato per anni. A supportare Frank nel difficile processo, che costringe l’uomo e sua nipote a rivivere il dramma del suicidio della sorella, la vicina di casa Roberta (il premio Oscar Octavia Spencer), una donna amorevole e generosa, che si prende cura della bambina fin da quando era piccola.
Sullo sfondo della battaglia legale per l’affidamento di Mary si intrecciano due storie parallele, il difficile rapporto tra Frank e sua madre Evelyn e le decisioni sul futuro della bambina “gifted”, troppo intelligente per frequentare la scuola pubblica e allo stesso tempo troppo piccola per affrontare un mondo di adulti.
Marc Webb ritorna al dramma contemporaneo in questo film che arriva dopo la direzione dei reboot della saga di Spiderman (Amazing Spider-Man 1 e 2 con Andrew Garfield) e segna il ritorno del filmaker al cinema autoriale dopo il suo esordio nel 2009 con 500 Giorni Insieme, commedia sentimentale con Zooey Deschanel e Joseph Gordon-Levitt, accolta positivamente sia dal pubblico che dalla critica.
Il regista riesce appieno a cogliere tutte le sfumature presenti nello script di Tom Flynn, dirigendo un cast di alto livello con la piccola McKenna Grace che interpreta Mary con una naturalezza e uno stile che difficilmente si possono ritrovare in un’attrice di soli 11 anni.
Chris Evans, negli ultimi anni concentrato quasi esclusivamente sui progetti Marvel con Capitan America, riesce con tutta la sua fisicità ad interpretare questo ruolo drammatico con grande credibilità. Ritroviamo Octavia Spencer in un ruolo rassicurante ed ironico, dopo l’ottima performance in The Shape of the Water, il film di Guillermo del Toro vincitore della 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
L’attrice teatrale scozzese Lindsay Duncan interpreta con misura la gelida Evelyn, matematica repressa e decisa a stravolgere la vita di Frank e Mary per soddisfare i propri bisogni professionali, anche questo un ruolo complesso e profondo, che la scrittura non limita al solo villan di turno, ma utilizza per scavare a fondo nella psicologia dei personaggi.
La direzione di Webb è incentrata prevalentemente sui dialoghi e la profondità del testo scritto da Tom Flynn e inserito nella Black List di Hollywood, un sondaggio sulle sceneggiature più interessanti ancora non prodotte che ha predetto successi come The Millionarie di Danny Boyle e Argo di Ben Affleck. I personaggi sono ben costruiti e al dramma si alternano i giusti momenti di ironia, dettati soprattutto dalla maturità di Mary e dal cinismo radical chic di Frank, un uomo bellissimo, ex professore di filosofia ma segnato da una costante malinconia. La storia di una bambina prodigio dunque, ma anche il dramma di un uomo che non trova ancora il suo posto nel mondo.
Gifted – Il Dono del Talento è un ottimo film, complesso quanto basta per far commuovere e riflettere. L’unico neo è rappresentato da qualche piccola imprecisione nel finale, che risulta troppo frettoloso e poco approfondito rispetto allo spessore della sceneggiatura.
Il lungometraggio di Marc Webb dimostra come si possa passare da una regia veloce e impostata, tipica delle trasposizioni cinematografiche dei fumetti Marvel, ad una tecnica completamente diversa, che privilegia il testo e le capacità recitative dei protagonisti.
Questo vale sia per il regista che per Chris Evans, che si dimostra un attore completo nell’interpretazione di Frank, segnata da una commistione tra tristezza ed ironia.
Evans che ha già diretto la pellicola Before We Go, presentata nel 2014 al Toronto Film Festival, conferma la sua versatilità e una buona attitudine per il dramma.
Gifted – Il Dono del Talento è la dimostrazione di come il lavoro collettivo di regia, sceneggiatura e interpretazione vada al di là dei generi cinematografici, che troppo spesso imbrigliano gli artisti in categorie definite. Un esempio di come il cinema indipendente americano sia libero da schemi e preconcetti e di come le idee riescano ad imporsi e a soddisfare un certo tipo di pubblico, che vuole riflettere ed emozionarsi senza effetti speciali.